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“Borbonico” a chi?

di Nando Dicè - 13/12/2010

Fonte: laquintastagione

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/c/c7/Koenigreich_beider_Sizilien.jpg/300px-

Quando esponiamo la Bandiera delle Due Sicilie, ci riferiamo esclusivamente all’identità o alla specificità del Popolo-Nazione meridionale: cioè, la nostra gente, il nostro popolo!

Soltanto i “miopi” o coloro che sono in malafede, possono vedervi una nostalgia per un qualunque regime istituzionale o degli antistorici ed inattuali sentimenti politici.

Il passato, naturalmente, è importante. Se non si sa da dove si viene, nessuno può sperare di raggiungere la meta, verso la quale vorrebbe dirigersi!

Molti ci chiedono: ma perché parlate del passato?

Noi non parliamo “del passato”, per riedificare o restaurare una qualsiasi pagina ingiallita o stantia della nostra Storia. Ci riferiamo unicamente all’ “antico”, per meglio focalizzare, comprendere e far capire il momento storico che è all’origine dell’insieme dei nostri problemi di oggi: la “questione meridionale”. Un problema – mi sembra – che a tutt’oggi, continua insistentemente a non trovare la sua giusta ed equa soluzione.

Quando ricordiamo che Garibaldi era un massone, non poniamo un problema storico. Poniamo soprattutto un problema politico.

E’ il regime culturale italiano, con il suo comportamento, che ci dimostra più che mai che è un problema politico.

Se si trattasse solo di Storia, non ci sarebbe niente di male ad affermare che Garibaldi era un agente della massoneria.

Questo, però, non è permesso dirlo. E sapete perché? Per la semplice e buona ragione che l’uomo della strada potrebbe ugualmente porsi alcune domande incorrette. Ad esempio:

- Se l’Italia è stata voluta dalla massoneria, che fine ha fatto la massoneria?

- Chi erano i massoni che la vollero?

In altre parole, il suddetto “uomo della strada” potrebbe eventualmente scoprire che coloro che vollero l’Italia e che finanziarono i famosi “Mille”, sono semplicemente gli “antenati” politici ed economici dei gruppi, delle lobby, delle caste che ancora oggi, purtroppo, sono al potere!

Lo stesso dicasi, quando ricordiamo l’espropriazione dei beni dei meridionali, da parte dei responsabili dell’allora “Unità d’Italia”.

Non ci sarebbe nulla di male a dire: “Si, è vero, eravamo in guerra. Vi abbiamo invasi. Abbiamo depredato tutto, in nome della forza delle armi”. Qualcosa di totalmente ordinario, nella storia.

Chi, oggi, governa “culturalmente” le masse, però, non può dirlo.

Non lo può chiaramente affermare, in quanto, se lo facesse, dovrebbe contemporaneamente ammettere un altro e più scomodo principio: quello, cioè, che se è giusto che il vincitore, in guerra, depredi, è altrettanto giusto che il vinto reagisca.

Negando, invece, l’esistenza della depredazione, si raggira il depredato. Peggio ancora: si tenta assurdamente di colpevolizzare il saccheggiato, inducendolo ad auto-convincersi che se è povero, è semplicemente a causa della sua inferiorità.

Quando ricordiamo la differenza fra il Nord ed il Sud all’atto dell’Unità d’Italia, noi non parliamo del passato.

In maniera generica, infatti, non ci sarebbe nulla di male a riconoscere di essere differenti.

Cosa ci sarebbe di male a dire, ad esempio, che lo Stato del Sud (quello delle Due Sicilie, per intenderci) era il più ricco, ma che - per il bene “dell’insieme degli italiani” - tutto venne messo in comune?

Assolutamente niente, se quel “tutto” fosse stato davvero messo in comune!

Come tutti sanno, invece, così non fu. E, purtroppo, continua a non esserlo.

Se oggi, con un minimo di onestà intellettuale, si avesse il coraggio di affermare che il Sud, al momento dell’Unità d’Italia, era lo Stato più ricco della Penisola, il solito “uomo della strada” potrebbe parimenti porsi quest’altro genere di domande incorrette: “Allora, siamo diventati poveri dal momento dell’Unità d’Italia? Siamo stati e siamo costretti ad emigrare, a partire da quel tempo? Quindi, se ci liberassimo dagli strascichi di quell’Unità potremmo essere o RIDIVENTARE un popolo migliore e più ricco, rispetto a quello in cui, da allora, è stato ridotto?

Quando affermiamo che l’Unità d’Italia è l’unica “Unità” avvenuta CONTRO la religione nazionale, non lo diciamo per difendere le tradizionali posizioni spirituali della Chiesa cattolica, ma semplicemente per stigmatizzare che il Sud, oggi - ripeto oggi - è tristemente vittima del “Dio Danaro”!

Gli esempi, naturalmente, sarebbero innumerevoli, ma a noi – in questa sede - basta unicamente riaffermare un principio.

Chi governa il Sud, oggi, è una banda di predoni. E’ la medesima banda che con una guerra e con la corruzione delle classi dirigenti locali, hanno instaurato - dall’Unità d’Italia - il dominio sulle nostre vite e sul nostro avvenire.

Questi predoni, infatti - che usano la tecnologia soltanto a loro vantaggio ed utilizzano il progresso esclusivamente per i loro fini - si sono fatti furbescamente chiamare Stato democratico italiano, ma - nella realtà - non sono nessuna delle tre cose!

Lo Stato è una forma di organizzazione. E’ il Popolo che si dota di uno Stato per cercare di vivere meglio.

Come ben sappiamo, però, il nostro Stato è totalmente “occupato” dai partiti che tutto sono, nella realtà, che delle organizzazioni d’espressione popolare.

Si sono fatti chiamare “Stato”, per darsi una parvenza di legalità, ma il termine “banda” sarebbe senz’altro più appropriato.

Si sono auto-definiti “Democratici”, per convincerci che erano dalla parte del popolo e che avrebbero rispettato la nostra volontà. In realtà, tengono esclusivamente conto di ciò che conviene loro.

Sono Democratici, insomma, quando ci impongono di pagare, ognuno per la sua parte, i “rimborsi ai partiti” o il debito interno derivante dal Signoraggio alle banche; sono Dittatori, invece, quando – in nome e per conto dei Poteri forti e di certe innominabile lobbies – decidono unilateralmente di scatenare guerre e conflitti che convengono, tra gli altri, a banche ed a multinazionali.

Non dimentichiamo, infatti, che al Sud, sia i Partiti, sia il Signoraggio, sia l’avvento delle multinazionali, sono giunti con l’Unità d’Italia.

Si sono auto-attribuito l’appellativo “Italiano”, per regalarci una terza fregatura.

Tu sei italiano, e loro si presentano come “Stato Italiano”. Quindi, inconsciamente, pensi che quello è il “tuo” Stato. In altre parole, ti sembra innaturale lottare contro qualcosa di tuo.

Anche in questo caso, si tratta di un imbroglio, di una truffa, di un’impostura!

Con l’avvento dello “Stato unico per tutti gli Italiani”, hanno decretato che l’appartenenza culturale, l’appartenenza etnica e la cittadinanza, dovevano per forza coincidere. Quindi, per il semplice fatto che “gli occupanti dello Stato” (cioè, i membri dell’organizzazione pubblica che mira a dissanguarci ed a fare pagare a noi stessi i costi del nostro medesimo sfruttamento e depauperamento) sono ufficialmente nostri concittadini, ci fanno credere che sono “italiani come noi” e, come paradosso, ci lasciano intendere che schierarsi contro lo “Stato italiano” significherebbe combattere contro se stessi. In altri termini, essere auto-lesionisti.

Ecco perché si fanno chiamare “Italiani”, mentre l’italianità, fra soop opere e grandi fratelli, perde sempre più significato e senso.

Per concludere, dunque, non parliamo del passato, per identificarci nel passato o per riproporlo, così com’era, alle popolazioni dei nostri territori. Ma per denunciare l’inizio del problema che ancora ci affligge.

Se volete, è una maniera come un’altra per difenderci da una masnada di ladroni senza scrupoli, da una banda di grassatori incalliti, da una gang di senza Patria e di senza Dio, che continua impunemente a sfruttare le popolazioni del Meridione d’Italia, con gli stessi metodi che già furono impiegati dai loro progenitori risorgimentali.

Altro che passato…

Noi lottiamo per il nostro presente ed il nostro avvenire. E per quello di coloro che come noi – anche se con altre bandiere – vogliono riconquistare, nella dignità più assoluta, la loro libertà, la loro indipendenza, la loro auto-determinazione e la loro sovranità.

Il resto, sono soltanto chiacchiere da osteria