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Tra ville e archistar, il Paese reale di Concita

di Giancarlo Perna - 31/01/2011


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La De Gregorio si vanta di aver partecipato a un party chic insieme a ospiti come Magris e Piano. La sinistra diserta operai e ceto medio per vivere nel lusso


«Ho respirato aria pulita, ho incontrato persone magnifiche, ho ascoltato paro­le bellissime: è talmente un sollievo di questi tempi, che voglio condividerlo con voi». Con questo incipit da suor An­gelica, Concita De Gregorio, direttore dell’ Unità , ha rallegrato i suoi lettori ragguagliandoli sulle sue ultime 48 ore. Bisogna prima sapere che la direttrice attraversa un allarmante stato di pro­strazione per i peccaminosi festini di Ar­core che si aggiunge, come una malat­tia su un’altra, al disgusto che già prova­va per Berlusconi. Per completare il quadro dei malesseri di Concita, va det­to che soffre oltre ogni dire anche per l’esistenza della destra da lei definita «bestiario nazionale».

Decidendo, dunque, di sfuggire alla morsa, la Signora è approdata nel villag­gio di Percoto, in quel di Udine, noto per la grappa Nonino. Voi pense­rete che d a nocchiera di u n giornale ex Pci con solida tradizione proletaria, Con­cita sia andata a ispeziona­re la distilleria, a verificare i luoghi di lavoro, le condi­zioni delle maestranze. O s­sia, che abbia fatto una co­sa di sinistra per riferirne ai lettori. Invece che ti fa? Si infila direttamente nella villa della proprietaria del­l a squisita acquavite, Gian­nola Nonino, per passarci parte del weekend. Lì, si ri­prende dagli amari languo­ri, circondata da intellet­tuali, nobiltà locali e spiriti eletti: «Le persone magnifi­che e le parole bellissime» della sua prosa. Noi erava­mo rimasti ai compagni che stavano con i compa­gni, studiavano strategie per abbattere le ville dei ric­chi e proclamare il princi­pio di eguaglianza al grido «grappa per tutti». Siamo dei matusa. Concita, inve­ce, rappresenta la nuova si­nistra che coincide con la borghesia, possibilmente alta, con la nobiltà, purché progressista, con i ricchi politicamente corretti e rocciosamente antiberlu­sconiani. La direttrice, in­fatti, h a gustato la serata co­me un babà.

Il simposio ha luogo in «una casa grande, ma sem­plicissima» (sottinteso: niente d a spartire col villo­ne pacchiano di Arcore, ndr ). Ci sono «il premio Naipaul che discorre con Claudio Magris, Frances Moore Lappè, ecoscienzia­ta americana, dagli occhi magnifici» che deplora la mancanza di democrazia nel mondo. A questi si ag­giungono i comprimari: Ja­vier Marías, Edgar Morin, Norman Manea. M a Conci­ta, da cronista occhiolun­go, osserva anche le ombre che si muovono nei saloni della «casa semplicissi­ma». Ecco la nipotina Noni­no, «che parla di scuola», il gruppo di ragazzi appesi al­le labbra di Renzo Piano che illustra le «case che re­spirano» (abitazioni di do­mani «rispettose dell’am­biente», spiega) e le don­ne, «tutte le donne presen­ti che chiedono che altro deve ancora succedere per­ché torniamo a essere il Pa­ese che eravamo e che po­tremmo ancora essere». Percepibilissima sotto la bella penna concitesca la commozione di trovarsi fi­nalmente tra gente che de­testa le volgarità berlusco­niane, apprezza gli studi, l’ambiente incontamina­to, il cibo chilometro zero, la grappa Nonino - di cui la direttrice con signorile di­screzione non parla, ma fa intendere - e cerca mutuo conforto nei pettegolezzi anti Cav come gli ebrei op­pressi si consolavano con l’aria del Nabucco . Il resto dell’articolo ci porta anche a Milano sempre per respi­rare aria pulita - purtroppo alla vigilia del fermo auto per un picco di smog - e a una manifestazione di don­ne che protestano per il mercimonio di corpi fem­minili in quel di Arcore. Protesta molto comme il faut , con la Scala sullo sfon­do.

Mentre Beatrice Borro­meo, la marchesa Sandra Verusio e altri nobili lettori dell’ Unità avranno seguito con diletto la gita di Conci­ta, mi chiedo la reazione del metalmeccanico di Ter­ni, del marmista delle Apuane, del pescatore del lago di Massaciuccoli e al­tri presumibili lettori delle Regioni rosse. Per chi ab­bia scritto la direttrice non è chiaro. Il suo racconto, in­fatti, fa a pugni con le neces­sità di chi non arriva a fine mese. Ma anche qui, proba­bilmente, ho il paraocchi. L’Unità ormai è per gente di città i cui bisogni sono il bistrot vegetariano, la pre­mière di Qualunquemente, deplorare il Cav spilluzzi­cando lardo di Colonnata. Il reportage degregoriesco ci porta dritto a tre anni fa. Oggi fece un servizio foto­grafico su Bersani a cena da una famiglia qualun­que. Della serie: il potente - lui era ministro di Prodi, alla vigilia delle elezioni ­che va umilmente a d ascol­tare il parere di chi vive m o­destamente del suo lavoro. Ma già le foto erano dub­bie: champagne in primo piano e ospiti assai chic. Si scoprì poi che la famiglia presa a caso era quella dei marchesi Sacchetti, citata da Dante, cardinali tra gli avi, vie e piazze di Roma a suo nome, palazzo in via Giulia. Con i marchesi, Ber­sani parlò dei problemi economici che affliggono le famiglie. Impostò poi la campagna elettorale sul colloquio e vinse Berlusco­ni.

Ora Concita lo imita a mo­do suo, perché a sinistra non sanno più chi sono e, nella loro sicumera, man­cano di una grande virtù: il senso del ridicolo.