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Platone totalitario o libertario?

di (a cura della Redazione AEF – Associazione Eco-Filosofica) - 16/05/2011


Breve rassegna degli studi e delle diverse posizioni

Il 2 agosto 2010, a Tokio, si è tenuto il Convegno mondiale della Società platonica, questa volta dedicato alla Repubblica di Platone: un tema molto significativo e di grande attualità, nonostante i molti secoli trascorsi. Ciò dimostra la grandezza del filosofo e soprattutto della visione metafisica e cosmologica a lui attribuita. Il Convegno è stato anche il pretesto per il riaccendersi di una vivace polemica tra coloro che, sulla scia di Popper e altri, accusano Platone di totalitarismo e quelli che invece propendono per una lettura di segno contrario. Di seguito, proponiamo una sintesi, breve ma ragionata, delle principali interpretazioni che sono state espresse prima e dopo il Convegno.
Mario Vegetti
E’ noto, non solo in Italia, per i numerosi studi dedicati alla filosofia antica ed a Platone in particolare1. A lui è toccato dunque l’intervento di apertura del Congresso: il Corriere della Sera ne ha pubblicato uno stralcio2, in cui Vegetti cita alcuni studi volti a difendere o a contestare Platone, rispetto ai quali egli cerca di mantenere una qualche equidistanza. Per quale motivo? Vegetti si era già espresso in proposito nel 2009, in un’intervista a cura di Antonio Gnoli3: in essa egli denunciava “un’orgia di appropriazioni e di usurpazioni di Platone per motivi ideologici che risultano alla fine intollerabili”. Vi furono per esempio tentativi forzosi di adattare Platone alle ideologie totalitarie, come fece il nazismo. E Karl Popper, *invece di denunciare l’evidente strumentalizzazione politica] accusò Platone di totalitarismo4 e di essere un nemico della liberaldemocrazia. D’altronde, nel secolo precedente, e da un altro punto di vista, lo stesso Karl Marx [commettendo un errore simmetrico a quello di Popper,
1 Ai fini di questa rassegna, vedi soprattutto Platone, La Repubblica. Traduzione e commento a cura di Mario Vegetti. Bibliopolis, 2003. L’opera, che consta di diversi volumi, offre una traduzione del testo greco, arricchita da numerose note a carattere storico e filologico; comprende inoltre un vasto commento, costituito da diversi saggi elaborati da un gruppo di studiosi che fa capo al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia.
2 Per favore, non correggete Platone, di Mario Vegetti. Corriere della Sera, 1 agosto 2010.
3 Antonio Gnoli, Intervista a Vegetti: Platone tradito dal Novecento. La Repubblica, 1 maggio 2009.
4 Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici (1944). Traduzione italiana Roma 1973, presso Armando Editore.
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aggiungiamo noi+ aveva considerato Platone come “l’ideologo ateniese del sistema egiziano delle caste” (parole di Vegetti, nella citata intervista del 2009), e continua : “Sfortunatamente quel Platone divenne una specie di mantra nelle interpretazioni marxiste-leniniste”. Sulla sponda opposta, dice Vegetti, si è data “una sequenza interminabile di tentativi di difendere Platone da Popper”, a volte facendone però “una caricatura perbenista”. Vegetti conclude invitando a riconoscere che la critica di Popper (al di là delle sue intenzioni) “aiuta a capire meglio Platone, e forse Platone può aiutarci a capire i limiti del pensiero liberal-democratico”.
Massimo Baldini e Marcello Pera
Nel 2002, partecipando al meeting di Comunione e Liberazione, Marcello Pera (già presidente del Senato), nel corso del suo intervento intitolato “Bellezza e politica”, accusa Platone di totalitarismo, e prende le difese dei principi liberali (v. Hume) e del Cristianesimo, in quanto promotori di libertà (a differenza di Platone, che negherebbe le libertà individuali).
Le accuse di Pera non sorprendono, essendo egli un popperiano convinto, al pari di Massimo Baldini. Quest’ultimo nello stesso anno (2002) scrive un editoriale provocatoriamente intitolato Ma Platone è stato il giuda di Socrate, nel giornale Avvenire5. Il fatto è altamente significativo, trattandosi del quotidiano controllato dai vertici della Conferenza Episcopale Italiana, che evidentemente sono in sintonia con le posizioni di Baldini (e di Pera). Nel suo intervento, Baldini ripropone la tesi di Lord Acton (liberale cattolico ottocentesco), secondo cui “non vi è stato nemico più spietato della democrazia; ma nemmeno sostenitore più vigoroso della rivoluzione di Platone”. Di seguito, Baldini si limita ad elencare quelle che sarebbero le colpe principali di Platone, riprendendo pari pari il linguaggio popperiano: semidio totalitario, megalomane, politico totalitario…Il titolo provocatorio dell’articolo si spiega con il fatto che si vorrebbe assurdamente contrapporre Socrate a Platone: il primo equiparato ad un “ragionevole individualista”(come tale compatibile con i valori liberali e cristiani), il secondo ad un pericoloso rivoluzionario filoassolutista: “I filosofi-re, celebrati da Platone, ha scritto Aldous Huxley, prefigurano Hitler”. Baldini non manca poi di approvare quanto sostenuto al citato meeting di Comunione e Liberazione da Marcello Pera, il quale “bene ha fatto a cogliere gli elementi di contatto tra il liberalismo e il cristianesimo”.
5 Avvenire, 24-8-2002: Ma Platone è stato il giuda di Socrate, di Massimo Baldini.
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Dario Antiseri
Antiseri ribadisce le tesi antiplatoniche, cercando di fornire un supplemento di documentazione, con un articolo pubblicato nell’agosto 20106. Incurante delle obiezioni di Gadamer e di altri studiosi, che pur conosce ed infatti cita7, egli privilegia ed asseconda i censori di Platone quali E. Zeller, Th. Gomperz, H. Kelsen, tanto per citare i più noti anche in Italia. Lo scopo è quello di avvalorare la critica popperiana, dato che questa non costituisce un’anomalia, ma “si situa all’interno di una consolidata e rispettabilissima tradizione di storiografia filosofica”. Quali sono gli argomenti antiplatonici che Antiseri recupera da tale storiografia?
- Il filosofo-re di Platone sa che cosa è il Bene e che cosa è il Male ed è pertanto divorato dallo zelo di eliminare il Male e di imporre il Bene con ogni mezzo ed a ogni costo – con la soppressione del libero pensiero, la difesa della menzogna, l’intrusione dell’autorità politica anche nei più remoti angoli della vita privata e, alla fine, con il ricorso alla violenza”.
- “Alla classe dei dominatori Platone accorda una potenza senza limiti” (citando Th. Gomperz).
- “Il filosofo-re è il solo a conoscere la giustizia, ragion per cui può e deve guidare i suoi sottoposti ed esigere da loro un’obbedienza incondizionata”. Inoltre, citando Hans Kelsen: “La mistica di Platone costituisce la giustificazione della sua politica antidemocratica”.
In aggiunta, Antiseri segnala che a Mosca, nella stele in cui figura l’elenco dei grandi pensatori comunisti, Platone è posizionato al primo posto. Tuttavia ci ricorda anche che vari intellettuali nazisti hanno visto in Platone, “e non, per esempio, in Locke, Hume e Kant – la sorgente delle loro nefaste idee sulla razza e sullo stato onnipotente”. Riferendosi alla lezione antiplatonica di Popper, Antiseri ammette però che “si tratta pur sempre di una interpretazione e, quindi, in quanto tale, falsificabile, contestabile, come ogni altra teoria scientifica” : scrivendo così, Antiseri non esclude perciò possibili confutazioni [anche se, nel suo caso, sembra trattarsi di una nota metodologica incollata per dovere, in quanto epistemologo popperiano].
6 Dario Antiseri, Platone è totalitario, va corretto. Corriere della Sera, 12-08-2010.
7 G.J.D.de Vries, Antisthenes redivivus (1952). R.B.Levinson, In defence of Plato (1957). H.G. Gadamer, Il pensiero di Platone nelle utopie (1983).
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Enrico Berti
Berti, chiamato in causa direttamente da Antiseri nell’articolo sopra citato, fornisce una breve risposta intitolata Platone e il governo dell’economia8. In sostanza, Berti riconosce quelli che sarebbero gli aspetti negativi del pensatore ateniese, e cioè le propensioni autoritarie, per altro già individuate dal suo maestro Marino Gentile nel 19409. Tuttavia, quasi per contrappeso, segnala un importante elemento positivo, come tale condivisibile, e cioè la preminenza della politica sull’economia, il che costituisce un’indicazione valida anche per noi oggi, dato che abbandonando l’economia al mercato abbiamo commesso un grave errore, con i contraccolpi negativi che ne discendono.
Giovanni Reale
Reale in varie occasioni ha preso posizione a favore di Platone, evidenziando le distorsioni interpretative di certi critici e proponendo contributi costruttivi per l’approfondimento di alcune tematiche controverse. In un recente intervento a mezzo stampa(agosto 201010) egli riprende un noto giudizio su Popper di Gadamer, che valuta La società aperta e i suoi nemici “ciò che di più brutto si è scritto su Platone nel Novecento”. Secondo Reale, contro Platone è stato costruito un edificio accusatorio a colpi di indebite estrapolazioni: “Naturalmente, se si estraggono vari elementi dal loro contesto, la tesi di Platone assolutista sembra reggere; ma se si collocano nel quadro generale dell’opera, e si intendono nel loro giusto peso, la tesi regge assai male e in ultima analisi non regge affatto”. Questo perché a ben vedere Platone è invece un critico molto severo dell’assolutismo, dato che “nei libri VIII e IX della Repubblica Platone presenta una delle più belle e approfondite analisi dell’assolutismo nelle sue implicazioni e nelle sue conseguenze e in particolare una dettagliata descrizione e interpretazione della figura del tiranno nei suoi vari aspetti, con una condanna categorica: il tiranno e la tirannia rappresentano il peggiore dei mali per l’uomo”.
8 Enrico Berti, Platone e il governo dell’economia. Corriere della Sera, 29-8-2010.
9 Marino Gentile, La politica di Platone (1940). Secondo M. Gentile, la propensione totalitaria di Platone c’era ma era giustificabile, mentre Berti non condivide questa valutazione e si limita a sostenere che anche i grandi filosofi possono sbagliare: è successo nel Novecento con Heidegger e Giovanni Gentile, “i quali in momenti diversi della propria vita appoggiarono rispettivamente il nazismo e il fascismo”.
10 Giovanni Reale, L’utopia del governo perfetto. Platone e l’idea del Bene assoluto. Corriere della Sera, 23-8-2010.
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Basterebbe questo per ridimensionare, se non per azzerare, l’impianto accusatorio dei popperiani. Reale fornisce poi un altro ottimo contributo, là dove demolisce un altro pilastro delle critiche popperiane: queste infatti insistono sul fatto che Platone pretenderebbe di possedere la verità assoluta sul Bene, sulla giustizia, sull’etica e così via (vedi sopra le affermazioni di Antiseri), e che di conseguenza pretenderebbe di imporre con la forza le direttive che ne conseguono all’intera città. Al che, Reale osserva che non si tratta di imporre qualcosa, per il semplice fatto che la città giusta non nasce da una pressione esterna, ma prima di tutto da una trasmutazione interiore dell’anima rivolta al Bene, e non più incatenata alle “ombre della caverna”. Questa trasmutazione è il più importante contributo “politico” che si possa dare per l’edificazione di una buona comunità, simile il più possibile all’archetipo ideale. Senza considerare tale conversione al Bene, non si può capire l’orientamento di fondo della politica platonica [e questa incomprensione, evidentemente, riguarda molti degli autori citati in precedenza].
Basterebbe questo per intuire come “il messaggio della Repubblica di Platone trascenda radicalmente gli schemi riduttivi della politica moderna e delle esegesi ad essi legate”. La conversione al Bene, non significa che il filosofo possieda (e poi imponga o voglia imporre) il Bene, la Giustizia, la Verità ecc., come sostengono troppi detrattori superficiali: Reale, in chiusura della sua riflessione, ricorda opportunamente che il filosofo platonico “non è colui che possiede, ma colui che indaga, che ama e ricerca la verità”. Si può sintetizzare anche così: non si tratta di possedere la verità, ma di praticare la costante apertura ad essa.
Integrazioni e sviluppi
Le argomentazioni di Reale, condensate nel breve spazio di un articolo, hanno come retroterra innumerevoli studi dedicati a Platone: considerando tutto questo, sono più che sufficienti per confutare le tesi popperiane, incentrate, come si è accennato, su estrapolazioni decontestualizzate e deprivate di spessore concettuale. Prendendo la disputa di Reale con gli ambienti popperiani come punto di partenza per una più ampia disamina, segnaliamo en passant alcune nozioni che meritano un approfondimento e che possono apportare ulteriori contributi.
- Bene: costituisce il vertice (o se vogliamo la base) della metafisica platonica, la quale non potrebbe sussistere senza di esso, o comunque subirebbe alterazioni così gravi da renderla irriconoscibile. Il Bene metafisicamente inteso non va interpretato in senso moralistico e sentimentale (vedi la contrapposizione bene-male dei popperiani), perché ciò comporterebbe un
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imperdonabile travisamento che porterebbe fuori strada11. Va inteso invece come ciò che trascende qualsiasi determinazione, qualsiasi confine, cioè come l’Aformale esente da qualsivoglia limitazione: rispetto alle forme limitative, il Bene aformale si configura come loro “principio” o come “dimora ospitale” (si vedano al riguardo, oltre ai vari cenni di Platone, i numerosi commenti esplicativi dei Neoplatonici: Plotino e Proclo in primis)12.
- Apertura alla Realtà totale, non possesso: l’intera manifestazione cosmica, e il Bene che di essa è principio, sono originariamente incatturabili, incircoscrivibili, come ripeteranno fino alla noia i grandi commentatori di Platone. Il soggetto umano, poiché appartiene ad una Realtà più vasta in cui è ospitato, non può circoscriverla, non può descriverla “dall’esterno”, perché per far questo dovrebbe porsi al di fuori di essa, il che è impossibile per principio (come potrebbe qualcosa porsi al di fuori della Realtà totale?). Di qui una metafisica antidogmatica13, principialmente libertaria, che si configura, l’abbiamo già visto, come apertura alla Realtà in manifestazione ed al Bene aformale, e non come appropriazione.
- Pluralismo, democrazia, saggezza della non-dualità14: il fatto che Platone denunci i limiti della democrazia del suo tempo, equiparata ad una pratica
11 Sul tema, rimandiamo all’articolo intitolato Agathon: il Bene incondizionato secondo Platone (in Vidyā, gennaio 2006).
12 Su tutto questo, e sulle considerazioni a seguire, segnaliamo un testo di Georges Vallin, notevole per profondità dottrinaria, ampiezza di visione e capacità di confrontare la filosofia tradizionale con quella moderna e contemporanea, superando gli stereotipi stantii della manualistica e, sul fronte opposto, di certo tradizionalismo spocchioso: La prospettiva metafisica, Victrix Edizioni, 2007.
13 Illustri studiosi di Platone confermano questa valutazione: per esempio Hans Krämer, riferendosi al carattere sistematico ma aperto della filosofia platonica, ha osservato che “il progetto era mantenuto piuttosto elastico e flessibile ed era fondamentalmente aperto ad ampliamenti sia nel suo insieme sia nei particolari. Si può pertanto parlare di una istanza non dogmatica ma euristica e rimasta in alcuni particolari addirittura a livello di abbozzo, e quindi di un sistema aperto” (Platone e i fondamenti della metafisica, Vita e Pensiero, 1987, pag. 177-178). In modo non molto dissimile si è espresso Aldo Lo Schiavo in un saggio dedicato a Platone: “La sua ricerca filosofica rimane in ogni momento aperta. Ridurre pertanto sotto una etichetta unica la sua complessa esperienza intellettuale sarebbe oltremodo sbagliato. In Platone non si trovano dogmatismi o chiusure ideologiche di alcun genere” (Platone e le misure della sapienza, Bibliopolis, 2008, pag. 481). A pag. 232 egli riporta questo interessante giudizio di M. Isnardi Parente: “L’Accademia è quindi scuola di libera formazione filosofica, non dogmatica, aperta a ogni possibilità di ricerca”.
14 Sulla saggezza della non-dualità, solitamente considerata di derivazione orientale, con particolare riferimento a Śaṅkara, vedi le numerose opere pubblicate dalle Edizioni Āśram Vidyā. Tra queste, per quanto concerne Platone, vedi Raphael, Iniziazione alla filosofia di Platone.
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demagogica priva di saggezza, non significa che quindi avesse simpatie per i tiranni, come pretenderebbero i suoi denigratori. Al contrario, tutti riconoscono (eccetto forse i popperiani) che Platone ha scritto pagine molto severe e profonde proprio contro la tirannide. Di qui la necessità di trovare una terza via (oltre democrazia e tirannide), incentrata sul ruolo salvifico della saggezza: una saggezza che per sua natura non impone, ma attira con la sua luce e con la forza dell’esempio. In Platone (e nel Neoplatonismo) coesistono le riserve nei confronti della democrazia e l’affermazione di una prospettiva pluralistica, se non propriamente libertaria15: ragionando su un piano di principio, la nozione del Bene aformale sta alla base del pluralismo, poiché, come si è detto, garantisce di per sé l’indirizzo antidogmatico della tradizione platonica16. In aggiunta, molte altre caratteristiche dell’opera platonica appartengono ad una prospettiva di apertura pluralistica: ne citiamo alcune. 1) Nei Dialoghi, Platone non parla in prima persona, ma affida i messaggi importanti a vari autorevoli personaggi, i quali espongono punti di vista non sempre convergenti, talvolta conflittuali nei dettagli, non sempre facilmente armonizzabili. 2) I Dialoghi raramente giungono a conclusioni monolitiche, spesso impostano l’esame di problematiche altamente significative, proponendo alcuni orientamenti di fondo, che per il resto lasciano campo libero al prosieguo della riflessione. 3) Il più famoso dei miti platonici, quello della “caverna”, ha il compito di esporre un’ontologia sostanzialmente plurale, nella misura in cui riconosce che si danno diversi piani di realtà (e
15 Sulle istanze libertarie di Platone, si vedano le stimolanti considerazioni di Cosimo Quarta, L’utopia platonica. Il progetto politico di un grande filosofo. Franco Angeli ed., 1985. A pag. 111, l’autore osserva: “Nella proposta platonica dei filosofi-reggitori sembra potersi ravvisare non solo l’istanza dell’abolizione del nomos, della legge scritta, che accennata nella Repubblica si farà esplicita nel Politico, ma anche l’abolizione dello stato, inteso come struttura di potere, come organizzazione esterna e oppressiva che si sovrappone e impone quando i rapporti comunitari s’affievoliscono o vengono meno. Al contrario, una società che abbia come suo fondamento e norma la virtù, l’impegno morale, non ha bisogno di leggi né di stato”.
Ricorderemo anche che Ken Goffman e Dan Joy, nella loro raccolta dedicata alle controculture libertarie di ogni tempo, hanno riservato l’intero capitolo III alla “controcultura socratica” (Controculture, Arcana-Fazi ed., 2004). Inoltre, il Platonismo viene richiamato con interesse in alcuni passi del libro.
16 Sui vari aspetti dell’antidogmatismo platonico, una valida panoramica sintetica è reperibile in Franco Trabattoni, Quale immagine di Platone? (in www.swif.uniba.it). Riportiamo anche il giudizio di Salvatore Lavecchia: “Ogni forma di dogmatismo, vale a dire il voler imporre o imporsi una determinata forma di rappresentazione, risulta quindi incompatibile con il filosofare platonico, anche con i suoi contenuti più esoterici” (Una via che conduce al divino. La “homoiosis theo” nella filosofia di Platone. Vita e Pensiero, 2006, pag. 285).
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correlativamente diversi piani di conoscenza). Ciò che qualifica poi ogni grado di conoscenza, è il grado maggiore o minore di apertura alla complessità della Realtà, che è stratificata su più livelli (culminanti nel Sole, simbolo del Bene aformale). 4) Ogni livello di Realtà e di conoscenza non esclude gli altri (come fanno invece le filosofie contrappositive, dualistiche); non riduce a sé, o comunque ad un solo elemento, la ricchezza del reale (come fanno le filosofie monistiche - e lo stesso Parmenide, a voler seguire uno stereotipo manualistico)17. L’espressione più adatta per una metafisica che, almeno nelle linee di fondo, tende a debordare oltre gli schemi limitativi del dualismo e del monismo, ci sembra quella di “metafisica della non-dualità”18. 5) Volutamente, Platone non rinchiude la dottrina in rigide formulazioni concettuali, ma si affida spesso e volentieri alla fluidità delle immagini mitico-simboliche, cariche di un enorme potenziale allusivo, in grado di approssimarsi all’infinitudine del vero, senza mai pretendere di esaurirla.
 I testi che di seguito vengono pubblicati in questo Quaderno (n. 5/2011), si ricollegano a queste tracce di ricerca, e si completano con altri articoli pubblicati in precedenza e con il Quaderno n. 6/2009, incentrato su Platone.
- Fonte di questo articolo: Quaderno dell’Associazione Eco-Filosofica n. 5/20011
17 Giovanni Reale, affrontando le tematiche che stiamo esaminando a proposito di Platone, ha giustamente posto il problema di un superamento delle categorie tipiche utilizzate in Occidente per inquadrare le varie filosofie: “In realtà, porre il problema di dualismo e di monismo nei confronti dei principi primi e supremi dell’Uno e della Diade non è corretto” (Introduzione all’opera di John N. Findlay, Platone. Le dottrine scritte e non scritte. Vita e Pensiero, 1994, pag. XXX). Egli propone il termine “bipolarismo”, per motivi riconducibili alla sua particolare interpretazione dell’Uno e della Diade, che risente di un’impronta dualistica, sia pure alquanto attenuata e riformata. Crediamo che l’espressione “non-dualità” sia di gran lunga preferibile per indicare la direzione di fondo della metafisica platonica (indicata dal Bene-Uno aformale), mentre il bipolarismo ci sembra riguardare l’ambito propriamente cosmologico, in quanto contrassegnato, appunto, da quelle che Reale chiama le “coppie di contrari polarmente concepite”.
18 Tra l’altro, la non-dualità appare meglio compatibile con una visione filosofica libertaria, poiché consente di superare le propensioni autoritarie del Monismo (che vorrebbe annullare tutte le differenze, riducendole ad un solo elemento, materiale o spirituale esso sia), e la vocazione insanabilmente contrappositiva del Dualismo. In alternativa, lo stile della non-dualità contempla il pluralismo delle differenze, in vista della loro armonizzazione.