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Come la politica dei super ricchi è diventata la politica statunitense

di Ari Berman - 05/03/2012



In un momento in cui è diventato un cliché dire che Occupy Wall Street ha modificato il dialogo politico della nazione – spostando l’attenzione verso la lotta del 99% -, la politica elettorale e le elezioni presidenziali del 2012 sono in mano quasi esclusivamente all’1%. Anzi, più precisamente, allo 0,0000063%, la percentuale corrispondente ai 196 donatori individuali che hanno contribuito per quasi l’80% ai fondi raccolti dai super PAC (comitati di azione politica) nel 2011, ciascuno versando 100.000 dollari o più.

Questi comitati di azione politica, nati dalla sentenza Citizens United della Corte Suprema nel gennaio del 2010, possono raccogliere quantità illimitate di soldi da persone, corporazioni o sindacati, al fine di appoggiare od opporsi a un candidato politico. In teoria i super PAC sono proibiti dalla legge e non possono coordinarsi direttamente con i candidati, ma in pratica non sono altro che un losco prolungamento delle campagne politiche, e svolgono tutte le funzioni di una campagna tradizionale, senza alcun tipo di rendicontazione.

Se il 2008 è stato l’anno del piccolo donatore, quando molti esperti politici (io incluso) avevano previsto che la fusione delle organizzazioni di base con l’attivismo cibernetico avrebbe trasformato il modo in cui si faceva campagna elettorale, il 2012 è “l’anno del grande donatore”, in cui la bontà di un candidato si misura in base alla quantità di soldi su cui può contare il suo Super PAC. “In questa campagna, ogni candidato ha bisogno dei propri multimilionari”, ha scritto Jane Mayer sul New Yorker.

È davvero la svendita degli Stati Uniti”, ha affermato l’ex candidato presidenziale ed ex presidente del Partito Democratico, Howard Dean: “Siamo stati venduti da cinque magistrati, grazie alla sentenza Citizens United.” In realtà, la nostra democrazia è stata venduta al miglior offerente già da molto tempo, però nelle elezioni del 2012 l’esplosione dei super PAC ha reso cosciente l’opinione pubblica dell’eclatante disuguaglianza all’interno del nostro sistema politico, così come il movimento Occupy ha messo in luce l’iniquità economica. Entrambi, naturalmente, vanno a braccetto.

Sconfiggeremo il potere dei soldi con il potere del popolo”, ha detto Newt Gingrich, dopo aver perso contro Mitt Romney in Florida alla fine di gennaio. Gingrich, personificazione più pura del complesso industriale delle lobby, ha fatto questa dichiarazione nonostante la sua candidatura sia appoggiata da un super PAC finanziato da due donazioni di 5 milioni di dollari da parte del magnate dei casinò di Las Vegas, Sheldon Adelson. Sarebbe stato più divertente se le primarie presidenziali del Partito Repubblicano non fossero un caso di studio di una contesa con abbondante denaro e poca partecipazione.

Il Wesleyan Media Project ha recentemente reso noto un aumento del 1.600% negli annunci televisivi patrocinati da gruppi di interesse in questa tornata rispetto alle primarie del 2008. E la Florida ha dimostrato essere sinora il vero campo di battaglia dei super PAC. Qui il Super PAC di Romney, Restore Our Future (Ricostruiamo il nostro futuro, ndt), ha speso più di quello di Gingrich, Winning Our Future (Conquistiamo il nostro futuro, ndt), con un rapporto di cinque a uno. Solo nell’ultima settimana di campagna Romney e i suoi alleati hanno trasmesso 13.000 annunci televisivi in Florida, mentre quelli di Gingrich sono stati solo 200. Il 92% degli annunci sono stati di natura negativa, con le due parti terze impegnate ad attaccare Gingrich, il quale, ironicamente, è stato un fervente difensore della sentenza Citizens United.

Con l’eccezione della candidatura di Ron Paul e la sorprendente vittoria di Rick Santorum nello Iowa – dove non ha speso praticamente niente, visitando però tutte le 99 contee dello stato – i candidati repubblicani e i loro super Comitati di Azione Politica alleati hanno abbandonato le campagne tradizionali e la politichina corrotta e misera delle basi. Al suo posto, hanno deciso di spendere il proprio bottino di guerra nella televisione.

I risultati sono già visibili nelle prime elezioni primarie e nelle assemblee elettorali: una valanga di denaro e un elettorato smobilitato. È, senza dubbio, una coincidenza il fatto che, rispetto al 2008, la partecipazione in Florida sia calata del 25%, e che, in quest’occasione, al momento meno repubblicani abbiano votato in tutti gli stati, ad eccezione della Carolina del Sud. Secondo i politologi Stephen Ansolabehere e Shanto Iyengar, i messaggi televisivi negativi contribuiscono a “un’implosione politica di apatia e allontanamento”. Il giornalista del The New York Times, Tim Egan, ha definito quest’era post-Citizens United, “democrazia sotto metanfetamina”.

Le primarie dello 0,01%

Al momento ci sono oltre 300 super PAC registrati presso la Commissione Elettorale Federale. Quello finanziato dal maggior numero di piccoli donatori appartiene a Stephen Colbert, che ha convertito il proprio programma televisivo in un brillante spazio di commenti sulla deformazione dello scenario dei super PAC. La super PAC satirica di Colbert, Americans for a Better Tomorrow, Tomorrow, ha raccolto più di un milione di dollari da 31.595 persone, tra le quali 1.600 hanno donato 1 dollaro ciascuna. Si può considerare un raro esempio di potere del popolo nel 2012.

A parte questo caso, i super PAC da entrambe le parti sono finanziati dall’1% dell’1%. Il super PAC di Romney, Restore Our Future, fondato dal consiglio generale della sua campagna del 2008, è in testa al gruppo, avendo raccolto trenta milioni di dollari, e il 98% dei donatori ha dato 25.000 dollari o più. Dieci milioni di dollari sono arrivati da soli dieci donatori che hanno contribuito con un milione ciascuno. Tra loro vi sono tre amministratrici di fondi di copertura e il repubblicano Bob Perry di Houston, principale finanziatore nel 2004 di Swift Boat Veterans for Truth, i cui calunniosi annunci pubblicitari hanno fatto un eccellente servizio, distruggendo le prospettive elettorali di John Kerry. Il 65% dei fondi versati nel super PAC di Romney nel secondo semestre del 2011 sono arrivati dal settore finanziario, dalle assicurazioni e dalle proprietà immobiliari, conosciuti anche per essere i colpevoli della crisi economica del 2007-2008.

La campagna di Romney ha ottenuto il doppio dei fondi del suo super PAC, il che è più di quanto si possa dire di Rick Santorum, il cui Super PACRed, White & Blue (Rosso, Bianco e Blu, ndt) – ha raccolto e speso più del proprio candidato. Il 40% dei due milioni di dollari che ha intascato sinora Red, White & Blue è stato donato da una sola persona, Foster Friess, un multimilionario conservatore, amministratore di fondi di garanzia e cristiano evangelico del Wyoming.

Sulla scia delle scomode vittorie di Santorum in Colorado, Minnesota e Missouri, il 7 febbraio Friess ha dichiarato al New York Times di aver ottenuto un altro milione di dollari per il super PAC di Santorum da un altro donatore (anonimo) e che avrebbe aumentato la propria donazione, ma non ha voluto dire di quanto. E non ci sarà modo di saperlo sino alla prossima divulgazione di informazioni sulla campagna che avverrà fra tre mesi, quando quasi sicuramente le primarie repubblicane saranno già state decise.

Per adesso, il ricco sponsor di Ginrich, Adelson, si è impegnato a continuare ad appoggiare la sua debole campagna, però ha anche fatto capire che se l’ex relatore del Senato continuasse a perdere, lui sarebbe disposto a donare altri soldi per la stupenda super PAC di un Romney candidato presidente. E si tenga a mente che non c’è niente nella legge post Citizens United che possa fermare un donatore come Adelson - impegnatissimo nell’evitare che l’amministrazione Obama contrasti un attacco israeliano contro gli impianti nucleari iraniani - di donare 100 milioni di dollari, o nel caso, la cifra che desidera.

Prima di Citizens United, la quantità massima che una persona poteva donare a un candidato era di 2.500 dollari, un comitato di azione politica 5.000 e un comitato di un partito politico 30.800. Adesso invece non esistono limiti per i super PAC, e ciò che è più preoccupante è che qualsiasi donatore può apportare in modo illimitato ai 501c4 – organizzazioni che l’IRS definisce come “leghe civiche o organizzazioni senza fini di lucro, che funzionano esclusivamente per la promozione del benessere sociale”, e a peggiorare le cose c’è il fatto che detto contributo sarà per sempre segreto. In questo modo, la politica statunitense sta scendendo sempre più nelle tenebre e le 501c4 stanno rapidamente guadagnando influenza come delle “super PAC fantasma”.

Una recente analisi realizzata dal Washington Post ha scoperto che, al costo di 24 milioni di dollari, il 40% degli annunci televisivi dell’attuale corsa presidenziale venivano da questi gruppi di “servizio pubblico”, senza essere tassati. Anche Karl Rove, fondatore del PAC American Crossroads (Crocevia Americani) - un super PAC conservatore che si dedica ad attaccare i candidati democratici e il governo Obama - ha un 501c4 chiamato Crossroads GPS. Ha raccolto il doppio dei soldi del suo gruppo confratello, tutti da donazioni le cui fonti rimarranno segrete per gli elettori statunitensi. In questo modo, questa fonte segreta di fondi per la corruzione dei multimilionari, adesso prende il nome di servizio pubblico.

L’industria della difesa dei profitti

Nel suo libro Oligarchy, il politologo Jeffrey Winters chiama questi gruppi di attori sproporzionatamente ricchi e influenti nel sistema politico col nome di “industria della difesa dei profitti”. Se volete sapere come questa classe ricca, che ha prosperato durante i governi Bush e Clinton, ha trovato il modo di eliminare quasi tutto quello che non le piace durante gli anni di Obama, basta osservare la forma in cui adesso l’1% dell’1% controlla il nostro sistema politico.

Questo semplice fatto spiega perché gli amministratori degli hedge fund pagano un’aliquota di imposte minore rispetto ai loro impiegati, o perché gli Stati Uniti siano l’unico paese industrializzato senza un sistema sanitario universale, o perché il pianeta continua a riscaldarsi a un ritmo senza precedenti mentre non si fa niente per combattere il problema. I soldi comprano le elezioni e in genere, indipendentemente da chi venga eletto, quasi sempre comprano anche un condizionamento.

Nelle elezioni del 2010 l’1% dell’1% rappresentava il 25% di tutte le donazioni legate alla campagna – un totale di 774 milioni di dollari -, e l’80% di tutte le donazioni ai partiti Democratico e Repubblicano, la percentuale maggiore dal 1990. Nelle elezioni del 2010 per il Congresso, secondo il Center for Responsive Politics (Centro per le Politiche Dinamiche, ndt), il candidato che ha speso di più ha vinto l’80% delle sfide alla Camera e l’83% di quelle al Senato.

Ai mezzi di comunicazione piacciono le storie dei partecipanti più deboli, però oggi essi hanno dieci volte meno possibilità di vincere. Considerando il costo per il funzionamento delle campagne e la contropartita che si ottiene spendendo più del proprio avversario, non è strano che quasi la metà dei membri del Congresso sia milionaria e che la ricchezza media netta di un senatore degli Stati Uniti sia di 2,56 milioni di dollari.

L’influenza dei super PAC era già evidente nel novembre del 2010, appena nove mesi dopo la sentenza della Corte Suprema. John Nichols e Robert McChesney di The Nation hanno segnalato che nel 2010, nei 53 distretti della Camera dove l’organizzazione Crossroads aveva speso più dei candidati dei Democratici, i repubblicani hanno avuto la meglio in cinquantuno occasioni. Comunque, quest’ultima elezione è risultata essere solo una prova della stravaganza monetaria rappresentata dalle elezioni del 2012.

Quest’anno i Repubblicani stanno scommettendo sul vantaggio ottenuto dai Super PAC, quando i costi della sfida presidenziale e di tutte le altre contese per gli incarichi federali aumenteranno dai 5 miliardi di dollari del 2008 a 7 miliardi fino a novembre scorso (le elezioni del 2000 sono costate “solo” 3 miliardi di dollari). In altre parole, i soldi che verranno spesi durante questa tornata elettorale saranno più o meno l’equivalente del PIL di Haiti.

Il mito dei piccoli donatori

Nel giugno del 2003 il candidato presidenziale Howard Dean sconvolse la classe politica avendo raccolto 828.000 dollari in un solo giorno attraverso Internet, con una media di 112 dollari a donazione. Dean, di fatto, ottenne il 38% del totale dei fondi della sua campagna con donazioni pari o inferiori ai 200 dollari, e mise le basi di quella che molti considerarono una rivoluzione dei piccoli donatori nella politica statunitense.

Quattro anni dopo, Barack Obama raccolse dai piccoli donatori un terzo dei fondi della sua campagna da 745 milioni, mentre Ron Paul, sulla sponda repubblicana, arrivò al 39%. Gran parte della campagna di Paul fu finanziata on line dalle “money bombs” grazie alle quali i sostenitori entusiasti riuscirono a racimolare milioni di dollari in successioni rapide e coordinate. La quantità di denaro raccolta con le piccole donazioni da Obama, in particolare, generò la speranza che la sua campagna avesse trovato il modo di spezzare l’abbraccio mortale dei grandi donatori nella politica statunitense.

Vista retrospettivamente, l’utopia dei piccoli donatori che circonda Obama sembra ingenua. Nonostante tutta l’attenzione dei media che incensano i suoi piccoli donatori, il candidato ha raccolto la maggior parte dei suoi soldi da grandi donatori (oggi, di solito, i membri titolari del Congresso raccolgono meno del 10% dei propri fondi in campagna dai piccoli donatori, e queste somme calano quando si arriva a livello statale o governativo). Tra i principali contribuenti di Obama ci sono impiegati di Goldman Sachs, JP Morgan Chase e Citigroup, difficilmente portabandiera degli ideali del piccolo donatore. Per ovvi motivi, la campagna ha deciso di evidenziare nella propria narrativa il ruolo dei piccoli donatori contro quelli grandi, e continua a farlo anche nel 2012

Curiosamente, tanto Obama, quanto Paul, di fatto, hanno raccolto più denaro dai piccoli donatori nel 2011 che nel 2008, rispettivamente il 48% e il 52% dei totali. Eppure, nell’era dei Super PAC, quei soldi già non hanno lo stesso impatto. Anche Dean dubita che la sua campagna anti-establishment, realizzata su Internet nel 2004, oggi avrebbe lo stesso successo. “I Super PAC hanno fatto si che le campagne di base siano meno efficaci”, dice: “Si può ancora fare una campagna di quel tipo, però il problema è che oggi uno può essere sopraffatto dalla televisione e da volgari pubblicità che arrivano per posta […] c’è stato un forte cambiamento rispetto al 2008.”

Obama è un candidato dalla doppia personalità. E per questo la sua campagna elettorale è altrettanto schizofrenica. I suoi portavoce affermano di aver raccolto il 98% dei fondi dai piccoli donatori e che Obama sta “costruendo la campagna di base più forte della storia statunitense”, secondo il direttore della campagna, Jim Messina. Ma le brillanti statistiche e la retorica che le accompagna sono molto ingannevoli. Degli 89 milioni di dollari raccolti nel 2011 dall’Obama Joint Victory Fund (Fondo Congiunto per la Vittoria di Obama, ndt), una collaborazione tra il Comitato Democratico Nazionale (DNC) e il gruppo a sostegno di Obama, il 74% è arrivato da donazioni di 20.000 dollari o più e il 99% da donazioni superiori ai 1.000 dollari.

La campagna conta con 445 “bundlers” (definiti dalla campagna “raccoglitori volontari di fondi”), che riuniscono i soldi dei suoi amici ricchi e li impacchettano per Obama. In questo modo, nel 2011 sono stati raccolti almeno 74,4 milioni di dollari a favore di Obama e del DNC. Sessantuno di quei bundlers hanno raccolto 500.000 dollari o più. Nel 2011 Obama ha partecipato a 73 eventi per raccogliere fondi, 13 solo nel mese scorso, e il prezzo per partecipare era quasi sempre di 38.500 dollari a persona.

Nonostante questo, né l’aumento dei contributi da parte dei piccoli donatori e neppure quello ottenuto dai grandi eventi per il finanziamento sono stati sufficienti a dargli un vantaggio sui repubblicani nella raccolta fondi. È per questo che la campagna di Obama, che sino a poco tempo fa era assolutamente contraria ai super PAC, all’improvviso ha mollato la presa e ha manifestato il proprio supporto a un super PAC a favore di Obama, chiamato Priorities USA.

Un giorno dopo l’annuncio che la campagna, così come quella dei suoi rivali repubblicani, sarebbe stata rinforzata da un super PAC, Messina ha parlato presso l’esclusivo Core Club di Manhattan, dove “ha assicurato a un gruppo di donatori democratici dell’industria dei servizi finanziari che Obama non avrebbe demonizzato Wall Street, avendo limitato le pretese dei populisti nella sua campagna per la rielezione”, ha informato Bloomberg Businessweek: “Messina ha detto al gruppo di donatori di Wall Street che il presidente pensa di correre contro Romney, non contro l’industria che ha reso milionario l’ex governatore del Massachusetts."

In altre parole, non aspettiamoci un ritorno convincente del tema “Il popolo contro i potenti” nella campagna del 2012, nonostante Romney, nel caso sia il candidato, sarebbe particolarmente vulnerabile a simile linea d’attacco. In fin dei conti, sinora la sua campagna ha raccolto solo il 9% dei contributi dai piccoli donatori, molto meno del senatore John McCain, che ottenne il 21% nel 2008, e di George W. Bush, col 26% nel 2004.

Nel quarto trimestre del 2011 Romney ha raccolto molti più fondi rispetto a Obama dalle principali compagnie di Wall Street, con un rapporto di 11 a 1. i tre principali contributi alla sua campagna sono giunte dai dipendenti di Goldman Sachs (496.430 dollari), JPMorgan (317.400 dollari) e Morgan Stanley (227.850). Le banche sono cadute in disgrazia presso il pubblico, ma i loro soldi per le campagne elettorali sono indispensabili per la classe politica e pertanto continuano a essere potenti come lo sono sempre stati nella politica statunitense.

In un recente spezzone del suo spettacolo, Stephen Colbert ha segnalato che la metà dei soldi (67 milioni di dollari) raccolti dai Super PAC nel 2001 proveniva solo da 22 persone. “Equivale alla sette milionesima parte dell’1 per cento”, più o meno lo 0,0000063%, ha detto Colbert mentre spruzzava con un estintore la sua calcolatrice che faceva fumo: “Credo che Occupy Wall Street dovrà cambiare tutto questo”.

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Fonte: Las elecciones del 0,0000063%. Sobre cómo la politica de los super ricos se convirtió en la politica estadounidense


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VINICIO CORRIAS