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Silenzio su Aleppo! La verità non va detta, soprattutto sui crimini del Sultano e l’intensificazione

di Amin Hoteit - 27/01/2013



185682Niente sarà risparmiato alla città di Aleppo… Un proverbio locale dice: “Uccidono, poi si accodano  al carro funebre di chi hanno ucciso!“. E questo è ciò a cui indirettamente, volontariamente o involontariamente, invitano tutti gli istituti di istruzione superiore in Francia, con “un minuto di silenzio in solidarietà con l’Università di Aleppo, il 23 gennaio alle 12.00” [1]. Sebbene sia molto caritatevole dimostrare solidarietà agli studenti che, nonostante le ripetute minacce dei terroristi oscurantisti, hanno scelto di fare gli esami. Eppure non dovrebbero ucciderli di nuovo!
Voi sembrate, signore e signori rettori e piume d’accademia, assai ben informati sui risultati del bombardamento del 15 gennaio della “storica Università di Aleppo” che, secondo certa vostra stampa viene “presa di mira da tempo dalle forze del regime di al-Assad“, mentre altri si accontentano di esprimere “solidarietà al popolo siriano” senza contraddirsi con le vostre accuse di prima. [2] Eppure, le relazioni e gli articoli di stampa che denunciano i veri assassini sono innumerevoli. Ma perché leggere e apprendere quando, per definizione, il vostro compito è indirizzare e monitorare l’intera politica accademica come indicato dal ministro della pubblica istruzione e dell’istruzione superiore?
Sì, Aleppo ora ha il triste privilegio di apparire nella prima linea delle “città simbolo” per la loro resistenza, nonostante i morti negli attentati individuali o nelle stragi, nonostante la distruzione delle sue infrastrutture private e pubbliche, nonostante la profanazione dei suoi tesori archeologici… ma il nemico e gli assassini non sono quelli che voi indicate! Sì, Aleppo, crocevia di civiltà per millenni, è [forse dovremmo dire era?] una città bella ed è sempre stata un oggetto del desiderio. I suoi abitanti sanno che, anche in caso di vittoria, il gioco riparte. Questo è il loro destino, come ci ha detto il Generale Hoteit Amin nel suo articolo tradotto qui di seguito.
Sì, è sempre possibile tradurre gli articoli e le dichiarazioni di testimoni credibili e legittimi, ma come tradurre un’infamia? Come si fa a raccontare l’orrore indicibile, i cadaveri smembrati, gli attentati e le stragi, membra e teste mozzate di compatrioti vivi, gli innumerevoli stupri di ogni tipo? Come si fa a parlare del numero di aborti in ospedale risultante da questi stupri, denunciato da un  amico medico di Aleppo? Infamie che non contribuireste a coprire se vi prendeste la briga d’informarvi. Voi avete per scopo illuminare le generazioni future, e non fargli ingoiare le rozze menzogne della propaganda di guerra, elemento essenziale delle “guerre per procura” che precipitano popoli e nazioni nella sventura e nell’oscurantismo. Le università non sono state create per questo!
Attenzione però che questi terroristi, che il Quai d’Orsay definisce ammirevoli rivoluzionari “distruggono sempre più scuole siriane, a volte con i loro studenti e insegnanti dentro. Sappiate che mentre invitate a tacere sui veri assassini, 20.000 studenti e insegnanti hanno aderito alle “Forze di Difesa speciali” per difendere il proprio paese, il proprio esercito e le proprie autorità legittime guidati da un presidente diventato simbolo garante della loro indipendenza. Due brevi video saranno sufficienti a dimostrarlo [3] [4]. Non c’è bisogno di tradurre, nonostante gli esperti [5], i giornalisti [6], e molti orientalisti che continuano a ingannare con il pretesto di essere arabofoni.
[Nota di Mouna Alno-Nakhal].

I crimini immaginari e le illusioni del Sultano
E’ con la segreta speranza di accedere alla grandiosa carica di “governatore di una delle future province siriane del New American Empire“, vale a dire la provincia di Aleppo, che Erdogan si è gettato a capofitto nell’attuazione del progetto occidentale mirante alla distruzione dello Stato siriano, che avrebbe dovuto abbandonare ogni dignità e uscire dall’”asse della resistenza”, piegandosi alla servitù e alla dipendenza. È per il successo di questo progetto essenzialmente statunitense che Erdogan ha architettato il piano dell’”amicizia simulata” verso il popolo siriano, dopo aver ricevuto l’onore di esserne la punta di diamante, dimenticando che non era, in realtà, che un esecutore tra i tanti! Non avrebbe mai immaginato che l’attacco fallisse, e che i suoi deliri si sarebbero dissipati al vento, e che i suoi sogni si sarebbe frantumati ai piedi dei siriani. Ha vissuto nell’illusione per quasi 22 mesi, guidando, passo dopo passo, la sua “guerra” contro il popolo siriano.
All’inizio, mentre i canali diplomatici tra Ankara e Damasco furono spalancati dal presunto “rispetto reciproco” tra le due capitali, si acconciava a prodigare preziosi consigli da capo che vuole essere obbedito. In breve, le autorità siriane avrebbero fatto bene a “dare il potere a coloro che sono stati scelti per governare; questi fortunati erano ovviamente della Fratellanza musulmana!” La risposta, naturalmente, non si fece aspettare, significativamente, gentilmente e fermamente il popolo siriano è sovrano e solo esso ha il diritto di scegliere i propri leader, nonostante le gentilezze di un amico o di un alleato. La Siria rifiuta i dettami e accoglie dai consulenti ciò che non danneggia la sua sovranità e la sua indipendenza. Pertanto, guidato da delusione, vanità e paranoia, il presunto “amico e alleato strategico” si è improvvisamente trasformato in un nemico che minaccia ogni sorta di ritorsione, che non tarda ad attuare.
In effetti, il “sultano immaginario” si è precipitato a scatenare i suoi media contro il cosiddetto “vecchio amico” qual’era la Siria, e a fornire la sua cortese ospitalità ai siriani che condividono le sue illusioni perdute e la sua follia, per riunirli in un concilio che avrebbe diretto sotto il suo comando, con il titolo fuorviante di “Consiglio nazionale di transizione”. Poi si è affaccendato per tenere conferenze su conferenze dei cosiddetti “Amici della Siria”, o qualunque sia il nome che possiamo dargli oggi… In particolare, ben prima che i siriani fossero costretti a fuggire dal disastro che Erdogan aveva così ben programmato, fece istituire sul suolo turco i famosi “campi per i rifugiati siriani” per radunare i mercenari provenienti da tutto il mondo, e le occasionali famiglie dei combattenti siriani, ingannati o complici, incaricati del la realizzazione di ciò che s’era sognato… i campi dovrebbero permettergli di andare tranquillamente in guerra contro il proprio paese, ma sono stati rapidamente trasformati nei santuari della miseria, delle violenze e di ogni tipo di aggressioni contro le loro sfortunate famiglie.
Poi venne il momento, e con l’aiuto dei suoi collaboratori, fu in grado di trasformare il confine turco-siriano in un “passaggio per i terroristi”, dotati tutti di tutti i mezzi logistici immaginabili, per commettere i crimini più efferati contro il popolo siriano di cui pretendeva essere amico! Ed è proprio ad Aleppo [1] e nella sua regione che queste bande di falsi rivoluzionari, ladri, stupratori e assassini furono particolarmente feroci. Sotto la supervisione di “esperti in demolizioni” spediti sul posto, smantellarono la maggior parte degli impianti di tutta la regione, prima di trasferire il maggior numero di macchine e attrezzature in Turchia e, naturalmente, saccheggiarono tutto ciò che  potevano portarsi via.
Così Erdogan, motivato dal suo desiderio di porre fine a ogni concorrenza regionale e internazionale tra le esportazioni della Turchia e quelle di Aleppo, la città industriale per eccellenza della Siria, ha inflitto un colpo fatale alla sua vita economica e al suo popolo detestato semplicemente perché si rifiutava di rispettare i suoi ordini di lasciarsi vendere e di tradire! E ora il suo ego sproporzionato, non completamente soddisfatto dai crimini continui e dal suo insaziabile appetito colonialista, nonostante l’annessione del “Sangiaccato di Alessandretta” dopo la caduta dell’impero ottomano, vorrebbe diventare il “Sublime signore” della Siria attraverso la nomina di un oscuro “Wali” [governatore delle province ottomane ai tempi dei sultani] che continuerà ad ingannare chi è riuscito ad intrappolare nei campi dell’infelicità, creati presumibilmente per motivi umanisti e umanitari!
Erdogan persiste e firma, la sua vanità gli impedisce di rendersi conto delle nuove realtà sul terreno in Siria, a livello regionale e a livello internazionale. Non ha ancora accettato l’idea che l’aggressività “NATO-arabo-turco-sionista” non è riuscita a spezzare la resistenza della Siria e dei siriani. Se avesse avuto un minimo di buon senso, avrebbe cessato i suoi attacchi micidiali e quindi cessato di danneggiare il suo partito e il suo popolo; i missili “Patriot” che ha piatito dai suoi amici della NATO non possono essere utilizzati per proteggere la sua persona, o per sostenere la sua aggressione contro la Siria.
Per la Siria, nonostante tutto quello che ha vissuto per 22 lunghi mesi in orrore, devastazione e distruzione, nonostante gli omicidi, le sanzioni e le sofferenze inflitte al suo popolo, è riuscita a creare una situazione che non permette e né permetterà ad Erdogan di realizzare le sue ambizioni. Il popolo siriano ha preso la risoluzione indipendente di riporre fiducia nel suo Stato e nei suoi rappresentanti, eletti da esso stesso, e che non possono essere sostituiti che nelle urne delle prossime elezioni. La Siria continua la sua battaglia difensiva con fiducia e rifiuta qualsiasi intervento straniero, da qualsiasi parte provenga, qualsiasi cosa ne pensi il famoso Wali delegato da Erdogan, da tutti i nostalgici della “Sublime Porta” dell’impero ottomano e dagli installatori NATO-isti di “Patriot” alle sue frontiere. Coloro che, per irragionevolezza, sperano ostinatamente altrimenti devono capire che corrono dietro alle chimere.
In effetti, non è più possibile considerare un intervento militare straniero, come non è possibile pensare ad una soluzione pacifica se colui che l’offre spera sempre di strappare una parte di quel bottino che aveva motivato la sua coalizione con il campo degli aggressori. Ora la soluzione pacifica significa iniziare a scegliere tra siriani e non siriani, poi tra gli oppositori armati contro il governo siriano e coloro che non lo sono, e quindi la dipartita di tutti i combattenti stranieri; e, infine, dalla sospensione  del sostegno armato e logistico a tutti questi mercenari da parte delle potenze che ne coprono i crimini. In caso contrario, nessun dialogo è possibile ed è chiaramente irragionevole pensare che il “Diritto del cittadino siriano” ceda a qualche siriano armato o ad alcuni Paesi esteri, compresa la Turchia.
La Siria ha vinto, e il vincitore non consegna il bottino ai vinti! Inoltre, il vertice del campo degli aggressori è pienamente consapevole della situazione e ha iniziato a praticare “la politica dello sganciamento della zavorra”, perché sa che quel che potrebbe ottenere attraverso i negoziati, semplicemente non basterà a salvare faccia a tutti gli alleati. È per questo che ha incoraggiato la Francia ad impegnarsi in Mali, ha ispirato la Gran Bretagna a ritirarsi in silenzio e ha lasciato alla Germania la scelta di una via d’uscita. Rimane il fattore chiave corrispondente alla Turchia, il fattore che gli Stati Uniti vorrebbero esaurire un po’ di più, poiché resta totalmente asservito alla NATO, anche se questo dovrebbe essere fatto a scapito della dignità del suo popolo, perfino al prezzo del suo sangue, come è accaduto di recente, quando si trattò del suo rapporto con Israele.
Pertanto, Erdogan deve comprendere, nel proprio interesse, che è il momento di abbandonare i burattini che ospita, anche se ha chiuso gli occhi sui furti, omicidi e distruzione delle infrastrutture nel loro Paese e non ha trovato nulla da ridire sull’aggressione alla sua sovranità nominando un Wali turco per la regione settentrionale del Paese. Questi sono traditori per l’opinione pubblica araba siriana e non hanno posto in Siria!

I motivi per l’intensificazione del terrorismo
Chi osserva con obiettività gli scontri attualmente in corso sulla scena siriana, non può non vedere che i gruppi terroristici e i combattenti armati che sognavano di abbattere lo stato siriano con il fuoco e il sangue, secondo delle operazioni tutte denominate con nomi di tempeste o terremoti, non sono riusciti ad imporre la loro autorità, almeno nel vero senso del termine. Anche se sono entrati, usciti, e poi ritornati in varie parti del paese, non sono riusciti a mantenere le loro posizioni e non sono neanche stati più in grado di crearne di nuove, dove praticare a tutti i costi il loro terrorismo confessionale.
Oggi, vediamo che l’esercito arabo siriano è al contrattacco infliggendo pesanti perdite, e che il popolo siriano partecipa alla propria difesa attraverso i Comitati popolari e le forze speciali costituite da volontari di tutto il Paese. I terroristi, vedendosi alle strette e fallire, raddoppiano le violenze e tendono a praticare al massimo le stragi, con la mentalità del giocatore d’azzardo e la forza della disperazione. Ciò per quattro motivi:
1. Sollevare il morale delle proprie truppe.
2. Mantenere fiducia e sostegno dai loro “protettori”.
3. Vendicarsi del popolo siriano che li ha ignorati.
4. Fare pressione sulle parti coinvolte nei negoziati per salvasi, senza uscirne totalmente perdenti. In altre parole, sono in trappola.
La loro scommessa punta alle autobombe, agli attacchi suicidi, ai bombardamenti a distanza contro i civili, confermandone l’impotenza militare, mentre la scelta di giocare con la vita e il sangue dei siriani, e con tanta ferocia, gli smaschera e allontana coloro che sostenevano il loro governo e la loro esercito. Stiamo forse assistendo ai segni della vittoria della Siria? Qui dobbiamo dire che il destino della Siria è pagare un caro prezzo per la propria libertà e sovranità, un prezzo che rimane inferiore al prezzo pagato da coloro che l’avrebbero perse,  diventando schiavi degli stranieri, come nel caso di molti arabi e musulmani!

Dottor Amin Hoteit, 24/01/2013
Da  due articoli originali: Al-Tayyar/Cham Press

Articolo tradotto dall’arabo da Mouna Alno-Nakhal, Mondialisation.ca

Note:
[1] Un minuto di silenzio in solidarietà con l’Università di Aleppo, mercoledì 23 gennaio, ore 12.00
[2] Università di Aleppo (Siria) bombardata: un minuto di silenzio presso l’Università di Rennes 2
[3] Un minuto di silenzio e studenti siriani di tutte le università del paese ce manifestano per  affermare che il terrorismo non può impedirgli di perseguire il loro obiettivo di apprendere e capire. 
[4] Il giornalista tedesco Manuel Ochsenreiter su RT sul bombardamento dell’Università di Aleppo
[5] Aleppo assediata futura “città simbolo”? Del colonnello Jean-Louis Dufour
[6] Tweet di Jean-François Kahn – Aleppo, la carneficina che ci lascia freddi

Il dottor Amin Hoteit è un analista politico, esperto di strategia militare e Generale di brigata in pensione libanese.

Copyright © 2013 Global Research

Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora