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Samir Amin e la sua benedizione ad Hollande

di Badia Benjelloun - 06/02/2013


72585La tesi di Samir Amin, commentando in modo elogiativo l’intervento militare francese in Mali, è sorprendente per un autore che ha avuto posizioni assai meno benevole verso l’economia predatrice del nord contro il Sud, e che aveva giustamente descritto come “scambio ineguale”. Sostiene che una nebulosa dalle intenzioni geostrategiche si dispiega oggi nel Sahel per disegnare una nuova mappa e costruire un vasto Stato che accumuli sotto i suoi piedi preziosi minerali frammentando Mali, Niger, Mauritania e Algeria, costituendo un vasto territorio. Questa entità sarebbe approvata da USA, Regno Unito e Germania. Sarebbe un regno governato da emiri che infine acquisiscono la pace sociale dalla scarsa popolazione dispersa con la rendita dello sfruttamento delle risorse del sottosuolo, di cui riuscirebbero ad avere il controllo. Hollande avrebbe capito il complotto e lo sta sventando con la sua alleata Algeria.
Hollande meriterebbe dunque gli onori dell’intelligenza e della capacità di una risposta efficace contro questo pericolo. Inoltre, questa cospirazione sarebbe opera degli islamisti. Solo islamisti. Non terroristi o estremisti, ma solo islamisti. Poiché tentare di sfumare l’Islam politico è solo un’illusione. Tutto ciò che riguarda l’Islam è antitetico alla democrazia e pretendere di trovare moderazione nel mondo musulmano significherebbe sacrificarsi all’ingenuità pura.
Quando si pubblicava sul web questa prosa terribile, scritta in lode dell’interferenza illegittima e ingiustificata, e anche dell’islamofobia ora di rigore nel repertorio intellettuale occidentale, mentre s’immerge in una di quelle tempeste di sabbia di cui il Sahara è prodigo nelle sue abluzioni, si diffonde la notizia delle trattative stanno cominciando tra il MNLA e il governo di Bamako. Il principale movimento separatista laico del Mali, da decenni rivendica un trattamento più equo per questa provincia del nord, sembra aver avuto il sopravvento militare sulle bande di trafficanti vanagloriosi e stravaganti. Questi ultimi sono stati costituiti all’ombra dei servizi segreti di diversi Stati interessati a mantenere un certo livello di tensione nella regione. Si tratta di ottusi strumenti al servizio di rivalità difficili da ignorare anche per l’osservatore più distratto.
Questa entità radicale islamista che Samir Amin dota di una dottrina e strategia è solo l’ombra cinese imperiale che gli USA, in perfetta continuità tra Bush e Obama, usano per giustificare le loro irresistibili spese militari. La contrazione del PIL degli USA dello 0,1% nell’ultimo trimestre, è dovuta alle spese del Pentagono diminuite del 22%. Il 40% dell’economia degli Stati Uniti è legata alla produzione di armi e al loro consumo da parte della federazione. Le più recenti scoperte delle neuroscienze sono mobilitate per l’assorbimento delle merci del capitalismo che si trova in una  situazione di metastabilità super-produttiva, come quando venne prodotto il pupazzo Usama bin Ladin e i suoi molti derivati.
L’interferenza francese in Mali ha permesso l’installazione di una base USA in Niger da cui AFRICOM e i suoi droni Predator controlleranno l’Africa occidentale. Si avrà quindi un effetto immediato esattamente opposto a quello previsto. Indeboliti dalle loro economie così poco efficienti, è improbabile che la presenza militare degli Stati Uniti e della Francia sia in grado di coprire grandi aree per molto tempo ancora. Una ritirata più o meno dissimulata e vergognosa è prevedibile. Territori saranno restituiti alla popolazione nativa, dopo aver versato sangue e sabbia. Una seconda serie di sbarramenti tra le dune è arrivata con una simultanea implacabilmente ironica, vanificando i consigli di Samir Amin ad Hollande.
Il terzo Presidente del Consiglio nazionale siriano nominato in meno di due anni dalle potenze tutelari della guerra civile siriana, ha anch’egli annunciato l’intenzione di negoziare con il governo legittimo, ignorando le condizioni da tempo imposte da Fabius e Clinton, della caduta di Assad prima di ogni dialogo. Naturalmente, la distruzione della Siria in una guerra civile in gran parte finanziata dalle monarchie, costerà meno alle forze NATO che gli attacchi in Iraq e in Afghanistan – Pakistan e la loro occupazione, aprendo la strada a nuove guerre a basso costo. Il confronto con il blocco sino-russo nel territorio siriano dovrebbe terminare, mentre l’assurda situazione ereditata da Juppé, Sarkozy e Levy si è rivelata disastrosa e inutile per l’immagine delle democrazie occidentali. Qui, la ritirata è in corso. La stampa non ha riportato l’incontro di Moiz al-Qatib con Fabius il 28 gennaio 2013.
Una facile vittoria in pochi giorni non ci sarà in Mali, e non nasconderà la vergognosa sconfitta in Siria, né i propositi arroganti della fallimentare diplomazia francese. L’attacco aereo israeliano su un sito di ricerca militare presso Damasco, è il modo con cui Netanyahu e il regime di Tel Aviv riconoscono l’imminenza della politica neo-isolazionista rappresentata da Hagel. L’Iran ha fornito diversi miliardi di dollari in petrolio alle truppe statunitensi in Afghanistan, all’insaputa dei controllori dell’embargo e del Pentagono, e ad ulteriore dimostrazione del disordine finanziario e politico di una burocrazia che collassa sotto il proprio peso, venendo messa in discussione. Ali Akbar Velayati aveva dichiarato che ogni attacco contro la Siria sarà considerato un attacco contro l’Iran.
Il colpo di grazia è giunto da Cairo, invertendo la presunta irresistibile tentazione teocratica cosiddetta moderata dell’Islam politico, incarnata attualmente in Egitto e Tunisia. Il partito salafita al-Nour ha firmato con il Fronte di Salvezza Nazionale che raggruppa molte formazioni  democratiche, un  protocollo in otto punti per porre fine al caos attuale, chiedendo un governo di unità nazionale. Il partito dei Fratelli musulmani, al potere attraverso elezioni, non controlla in alcun modo l’agitazione in corso alimentata in parte dal malcontento delle persone, la cui situazione economica non è migliorata e da una amministrazione ancora nelle mani di un apparato creato nel corso degli ultimi quarant’anni di dittatura. Morsi non ha modificato la struttura dell’economia relativa al settore turistico, controllato dall’esercito, che si basa sul flusso di redditi delle classi medie occidentali colpite dalla crisi, o dei redditi dei lavoratori egiziani all’estero. Il partito Nahda si trova ad affrontare gli stessi problemi in Tunisia. I margini di manovra dei due governi sono stretti, in questo passaggio, tra un FMI esangue e la buona volontà sui tassi di interesse decisi da un Qatar capriccioso ed esigente. In questa situazione, dove viene danneggiata una delle regole economiche e sociali fondamentali dell’Islam, come il costantemente ricordato divieto nel testo sacro del prestito ad interesse da parte dei contraenti di un mutuo, si possono ancora indicare questi regimi come islamici?
L’islam politico, va ricordato, è stato all’origine dello slancio anti-coloniale soprattutto sotto la guida degli ulema algerini e dell’Istiqlal in Marocco. Allal al-Fassi si richiamava al movimento salafita, che non significava altro che un certo ritorno alla propria cultura e alle proprie origini. Allal al-Fassi, leader dell’Istiqlal, subì degli attentati pochi anni prima della sua morte prematura e strana  verificatasi a Bucarest nel 1974, durante i famosi anni di piombo in Marocco. Constatava con amarezza la persistenza degli strumenti della colonizzazione nel suo Paese. Gli istituti di credito e il codice dell’amministrazione e della proprietà terriera ideati dal Protettorato erano stati completamente conservati. In particolare, venne negata la proprietà collettiva delle tribù dopo l’indipendenza, spogliandole di quel poco che non era stato ancora rubato dai coloni francesi. Allal al-Fassi il salafita (Salaf significa antenati e quindi tradizione) aveva stilato un programma e una visione politica che oggi sarebbe alla sinistra delle proposte del Fronte di sinistra in Francia.
Più vicino a noi, i sostenitori di Hezbollah in Libano, il movimento di resistenza d’ispirazione  musulmana, vogliono veramente stabilire una teocrazia in “antitesi alla democrazia minima”, oppure usano la forza e consolidano la loro fede per liberarsi dell’opprimente interferenza del vicino realmente teocratico ai loro confini meridionali? E’ ciò che era ed è ancora alla base delle lotte nazionali che Samir Amin condanna come arretrate e incompatibili con la democrazia?

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora