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Treno senza guida

di Simone Torresani - 25/01/2014

 


 

 

 

In un recentissimo articolo Luciano Fuschini ha focalizzato la centralità del 1914, anno d' inizio non solo della "Grande Guerra", di cui quest' anno ricorre il centenario, ma anche spartiacque totale e decisivo per capire la crisi epocale e planetaria che stiamo vivendo.

Ancora una volta, l' autore ha centrato in pieno l' obiettivo. Vorrei focalizzare la vostra attenzione su una frase, che a mio avviso rappresenta quello che-per restare in tema bellico-gli antichi generali prussiani chiamavano lo "schwerpunkt", ossia il "punto chiave": "(nel 1914) gli opposti imperialismi si fronteggiavano in una globalizzazione, fenomeno meno recente di quel che si pensi(..) per il controllo dei mercati, delle materie prime, etc etc".

La deflagrazione europea del 1914, poi mondializzatasi con l' intervento degli Stati Uniti nel 1917, scoppiò per mere cause di controllo dei mercati, di sbocchi alla sovrapproduzione, di controllo delle materie prime: la vulgata che attribuisce la colpa ai nazionalismi o, pateticamente, alle due revolverate di Gavril Prinzip a Sarajevo, è spuria e costruita a tavolino nei decenni successivi. Anche senza Sarajevo, state sicuri, sarebbe saltata fuori un' altra scintilla come pretesto.

Ma quando è nata effettivamente la globalizzazione e perchè il 1914 deve essere considerato essenziale, come salto di qualità verso l' abisso?

La risposta al primo quesito, tralasciando gli antichi tentativi di Alessandro Magno e delle Crociate, è il XV secolo, con la data cruciale del 1492: con l' arrivo nelle "Indie" navigando da ovest, che portò alla scoperta incidentale delle Americhe, gli europei capirono anzitutto che la Terra  era rotonda (mai scoperta fu più incredibile per l' epoca, con ricadute in altre sfere del pensiero) e in secondo luogo, citando Paul Valery, che "il tempo da infinito poteva diventare finito". Il capitalismo, nel XV-XVI secolo, dall' età dell' infanzia passa all' età della giovinezza. Gli scambi diventano davvero planetari, non più limitati alla "via della Seta" o al Mediterraneo; le prime conseguenze della destrutturalizzazione dei popoli si vedono nella tratta degli schiavi; nella Cina in decadenza a causa della invasività occidentale; nello spostamento di ricchezza dalle nazioni mediterranee a quelle atlantiche; nelle abitudini culturali (la diffusione del tabacco, ad esempio, tanto che divenne forse una delle prime "mode imposte di massa").

Con le rivoluzioni industriali e l' imperialismo, con la spartizione di Asia e Africa, il capitalismo passa alla fase matura, anche nella costruzione della società di massa così come noi la intendiamo oggi.

Dalla società di massa, infatti, si incuberanno le ideologie che troveranno sbocco dopo lo shock europeo del 1914-18, producendo gli esperimenti nazifascista e comunista.

E con lo scontro fratricida europea, da analizzare però sulla mappa del Risiko mondiale, giungiamo alla risposta al secondo quesito: cioè che la curva esponenziale del connubio capitalismo-innovazione tecnica, nel 1914 toccò il famoso "collo di bottiglia", vale a dire il punto in cui la crescita costante e lenta si stacca, per accelerare vertiginosamente sul grafico.

Tutto qui, il punto chiave: maggiore è la crescita e la corsa tecnologica, maggiore lo sviluppo finanziario, globale e commerciale..maggiori le conseguenze deleterie di massa.

Se analizzassimo tutto in un grafico, vedremmo che data appunto al 1914 lo stacco vertiginoso della curva esponenziale.

Dove andrà a finire tale curva che corre come un treno impazzito senza conducenti, come dice da tempo Massimo Fini?

Andrà a finire nel burrone o in un fosso, con buona pace di chi predica future riprese, futuri cali dello spread e "aumenti dei consumi" , come auspicio per il nuovo anno.

Cameriere, champagne!