Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Bonino for president?

Bonino for president?

di Francesco Mario Agnoli - 18/12/2014

Fonte: Arianna editrice

 

   L'avvicinarsi delle dimissioni  del presidente  Napolitano (volontarie e nel momento - come ci ha tenuto a precisare – da lui scelto, ma comunque  assai prossime) ha dato il via al toto-presidente. Un'attività che può apparire di mero divertimento popolar-giornalistico, ma che è tale solo in parte. In effetti  dipende da chi li lancia e  dall'eco che suscitano, ma molti nomi  vengono gettati sul tavolo  non a caso, ma per  tastare il  terreno e cominciare a costruire una base di consensi oppure (al momento più spesso) per metterli definitivamente  fuori gioco. E' quest'ultimo il caso di Amato, vecchio marpione dell'età craxiana, recordman delle pensioni d'oro  e attuale giudice costituzionale, che per la sua anguillesca abilità di destreggiarsi fra destra e sinistra potrebbe coltivare qualche aspirazione, pur essendo uno dei principali responsabili dell'attuale crisi economica italiana (dopo tutto  un altro responsabile della crisi, Carlo Azelio Ciampi, è già  salito al Quirinale).  Grazie  alla sponsorizzazione di Berlusconi dovrebbe essere, nonostante il patto del Nazareno, definitivamente out.

    Opposto il caso  di Romano Prodi, che si mostra recalcitrante, ma a cui favore  viene messa in ballo la riparazione  per i 101 voti che gli sono stati fatti inopinatamente  mancare quando la sua elezione sembrava sicura e avrebbe evitato il secondo mandato  di Napolitano e, di conseguenza (così si sostiene), aperto la strada  a una situazione politica  che avrebbe risparmiato  all'Italia  i disastrosi governi Monti e Letta (e magari anche Renzi).

    Le candidature di personaggi come il   musicista Muti e l'architetto Piano evidentemente sono state fatte balenare non perché a qualcuno importi qualcosa di Muti o di Piano, ma per saggiare il terreno in vista della nomina  di un non-politico, di un rappresentante della cultura, della cosiddetta società civile (non si ancora chi).

   Senza escludere  che simili manovre approdino a risultati  concreti ( i fattori in gioco sono tanti  e vi è  la mina vagante  dei cinquestelle e  relativi transfughi),  è probabile che in buona parte si tratti  di fumo negli occhi, per non attirare  troppo l'attenzione sul risultato che si sta preparando e confezionando  “là dove si puote ciò che si vuole” o quasi: il conferimento  della presidenza della Repubblica a Emma Bonino. Non sono pochi a pensare che si tratti della soluzione  vagheggiata dal presidente Napolitano, che, assieme a Mario Monti (un patrocinio questo che potrebbe risultare controproducente) ne sarebbe il massimo sponsor come lo fu della sua  nomina a ministro degli esteri nel governo Letta.

   Adesso a Monti non fa più caso nessuno, ma tanto Napolitano quanto la presidente della  Camera Laura Boldrini sopperiscono, lasciando  intendere  che è ora  di affidare ad una donna la più alta  carica della Repubblica. Se si va in questa direzione e  si rimane nel parterre della politica, né la Boldrini, né (altro nome gettato sul tavolo)  Rosy Bindi (anche se non si può escludere che ci abbiano fatto un  pensierino) hanno concrete possibilità di elezione. Dal momento  che la Finocchiaro, di cui pure si parla, è troppo partiticamente contrassegnata, non resta che la Bonino. che, pur essendo in realtà la meno adeguata  ad un ufficio   che dovrebbe garantire la massima rappresentatività dell'intero popolo italiano, gode invece, oltre che degli sponsor di cui si è detto,   di appoggi politici “bipartisan” e perfino di vasti consensi nell'opinione pubblica..

     Difficile capire come questo sia possibile per un personaggio non solo decisamente schierato  a favore di una delle pratiche tuttora più controverse e divisive per le coscienze, l'aborto, ma che  a suo tempo si è vantata di avere praticato, direttamente o indirettamente, migliaia di aborti, quando in Italia l'aborto era ancora un delitto.  Sembra addirittura dimenticata (nonostante gli sforzi di chi si adopera per ravvivare la debole memoria degli italiani) l'intervista rilasciata nel 1975 dalla Bonino al settimanale “Oggi” per descrivere le  modalità delle proprie prestazioni abortive eseguite “con una pompa di bicicletta, un dilatatore di plastica e un vaso dentro cui si fa il vuoto e in cui finisce il contenuto dell’utero”.  Il vaso utilizzato era  un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata” tanto “alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate“.

      Contro l'eventualità di questa nomina Danilo Quinto,  che la conosce bene essendo stato per un ventennio,  fino al 2003, uno dei massimi dirigenti (con funzioni anche di  tesoriere) del partito radicale,   ha  pubblicato il libro “Emma Bonino. Dagli aborti al Quirinale?”. Dati i precedenti sembrerebbe un'ipotesi impossibile, ma Danilo Quinto e i pochi giornalisti che hanno ripreso il suo allarme conoscono troppo bene gli ingranaggi di potere che i radicali sono in grado di mettere in moto  per non sapere che si tratta di un'eventualità tutt'altro che remota in un paese come l'Italia, dove parlamentari che si dicono cattolici a fine dicembre 2011 (in tempi, quindi, di ristrettezze economiche e spending review) hanno votato per il rinnovo della convenzione, che attribuisce a Radio radicale un finanziamento annuo (a carico dello Stato) di dieci milioni  di euro.