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Ritorniamo alla terra

di Alex Barone - 19/10/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


Nell’epoca del modernismo tecnocratico più fanatico è distruttivo, il ritorno alla terra, la reazione a questo progressismo positivista che annulla le categorie naturali dell’umano, il ritorno alla terra sarebbe un atto di dissidenza costruttiva.

  

Come afferma brillantemente Massimo Fini lo scontro politico futuro “Non sarà più tra un liberalismo trionfante è un marxismo morente, fra destra e sinistra, ma fra modernisti ed antimodernisti “. Infatti, in quest’epoca ormai totalmente post-ideologica, dove le categorie politiche della Destra e della Sinistra iniziano, ormai, sotto l’influsso di una perdita progressiva d’autorità da parte delle vecchie logiche partitocratiche, iniziano a palesare tutta la loro illusione innaturale, il vero scontro di idee é rappresentato dal dibattito tra chi sostiene la cosiddetta cultura del progresso e chi, invece, difende maggiormente i valori tradizionali e naturali. La cultura dei diritti civili, della competività economiche o dell’”eurofilia” patologica (portati avanti soprattutto dall’attuale Sinistra italiana), sono la massima espressione di un certo tipo di pensiero che, ripudiando, invece, il tradizionalismo conservatore o l’identitarismo comunitario, sostiene le logiche dell’artificializzazione progressista dell’uomo. Questo pensiero si pone in perfetta sintonia con l’ordine produttivo neo-liberista, che non può trovare dinnanzi a sé attriti ideali o spirituali d’alcunché, che si pongano come limite alla propria cultura del non-limite. Come numerosi intellettuali contemporanei, profondi analisti delle strutture sociali, hanno modo di evidenziare, la nostra, infatti, é un’epoca, per sua natura, profondamente labile e mutevole, all’interno della quale la solidità delle fondamenta che sorreggono, ad esempio, i ruoli o le condizioni tradizionali, é destinata ad un’evanescenza totale.

È, la nostra, si può dire, un’epoca guidata da un dinamismo ed un fluire temporale a ritmo accelerato, dove il manifestarsi fenomenico delle cose non possiede nemmeno il tempo di cristallizzarsi nel mondo e nelle coscienze, poiché, repentinamente, è sostituito da nuovi flussi d’eventi, nuovi valori e nuove invenzioni. Tuttavia, altro non è, questo, che la rappresentazione esatta del modello antropologico-culturale che si pone ad essenza vitale degli interi assetti e rapporti di potere di un mondo neo-liberista e post-industriale, guidato dai principi del progresso e della produttività economica ad ogni costo. L’impressione è che l’uomo moderno, a causa di questo processo di industrializzazione di massa, operata da questa cultura del progresso cieco e mistico, abbia, progressivamente, subito una sorta di scollatura, di abbandono rispetto, invece, alla propria naturalezza d’origine. Il progresso della Scienza e della Tecnica ha, infatti, migliorato indubbiamente la vita materiale dell’uomo, ma lo ha impoverito nello spirito, ha prodotto quel processo di divario totale tra la vita quotidiana dell’individuo e la propria terra.

La terra, cioè la Natura, l’Origine, é la patria del valore e della tradizione, della costanza, in opposizione rispetto al mondo della tecnica e dell’artificio. Con l’avvento del progresso e della tecnica, con l’affermarsi delle società mercanti e, conseguentemente, del sistema capitalista del libero scambio economico, l’urbanizzazione e l’industrializzazione quasi  totalizzante delle cose, quel rapporto primitivo tra l’uomo e la terra è andato gradualmente disperdendosi. L’uomo, nei corsi dei secoli, aveva instaurato con la terra e con la profondità universale della natura e del mondo un rapporto di spiritualità e di sacralità, in grado di mantenere, conservare e sviluppare certi valori e principi morali e sociali. Nell’era della non naturalezza per eccellenza, dove i principi antropologici vengono totalmente posti sotto dubbio, dove le cicliche leggi di natura e di necessità sembrano dover essere posti in secondo piano quasi eliminati, in favore di quelle individualistiche pulsioni distruttive che inducono l’uomo ad alterare questo ordine naturale, mediante la tecnica e la scienza, il rapporto uomo-terra è sempre meno forte.

L’uomo antico era il guerriero che difendeva con la spada, ed in nome di quel naturale istinto di territorialità, i propri confini naturali, e il contadino che dal duro lavoro nei campi e dalla sapiente conoscenza della propria terra traeva la linfa vitale della propria esistenza. L’uomo antico conservava nella propria coscienza la devozione e l’ammirazione verso gli déi o verso Dio, perché sapeva ch’egli non era l’unico legislatore delle cose, poiché quel rapporto simbiotico con la natura consentiva di comprendere che esistono ordini universali supremi che governano il mondo. L’uomo di oggi, il modello ideale dei paladini del progressismo ad ogni costo, della tecnocrazia incontrastata, è l’ateo materialista che trascende il valore e fa del suo nichilismo passivo lo stile di vita dogmatico.

L’uomo moderno non conosce la natura, poiché i sistemi culturali attuali sono plasmati ed indirizzati verso le logiche del ripudio totale di ciò che é naturale, poiché ciò che è per natura può essere modificato. In questi ultimi decenni stanno infatti sorgendo, con spirito di reazione, sempre più movimenti ed espressioni di pensiero che, invece, ambiscono alla ripresa e conservazione di un certo rapporto di fusione tra l’uomo e l’ambiente. Si pensi, ad esempio, alle teorie filosofiche della decrescita economica di Serge Latouche che, opponendosi alle logiche della crescita illimitata della produzione a discapito della natura e della spiritualità, ambiscono alla creazione di una società, invece, più sobria e più sostenibile.
Ultimamente, sta rinascendo anche la tendenza (specialmente tra alcuni giovani) a ritornare, come i propri nonni, alla terra, attraverso la ripresa delle moderne tecniche di agricoltura. Questo ritorno alla terra, la rinascita del vecchio mestiere del contadino, di fatto, potrebbe essere una valida soluzione per arrestare questo infantile processo di modernizzazione eccessiva del reale, che distrugge l’ambiente e lentamente demolisce ogni ambito di umanità e naturalezza ancora esistente.

Si ritorni, dunque, a contemplare i mari e gli oceani, i boschi ed i ruscelli, i monti ed i paesaggi, a percepire la spiritualità nel mondo. Contro il fanatismo modernista e tecnocratico  si ritorni alla terra, alla contemplazione della propria sana e pura natura.