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Quando il liberismo diviene sovrano

di Alex Barone - 16/11/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


Questo è il tempo del liberismo selvaggio, dove la liberalizzazione delle cose è divenuto il dogma fondante gli interi rapporti dell'uomo e dove i governi nazionali (unico attrito a questo processo figlio di una tra le più becere globalizzazioni possibili) sono gli unici attori in grado di reagire a questa tendenza connaturata al potere capitalista.

  

Viviamo, ormai, nel tempo del liberismo assoluto, dove i principi fondanti l’intero corso storico delle cose sembrano essere quelli del libero mercato e dell’individualismo come stile di vita. I concetti di liberalizzazione dei rapporti, di esaltazione della incondizionata libertà individuale, a discapito del bene collettivo, sono, per così dire, i tasselli fondamentali alla concretizzazione ad ogni livello del modello prettamente capitalista e il risultato finale di un processo di continuo deterioramento dei principi d’autorità popolare e democratica, a vantaggio, invece, dell’unica e sola autorità del singolo.
In un contesto storico ed in un macrocosmo sociale come il nostro, dove, gradualmente, il ruolo dei cosiddetti stati-nazione (nell’ambito delle decisioni politiche) e la legittimità di interazione popolare nelle questioni politiche, iniziano sempre più a depauperarsi a vantaggio, invece, del potere delle élite economiche finanziarie sovranazionali (in grado, ormai, o prossime a farlo, di orchestrare buona parte dei destini dei popoli), questo progetto di annientamento del potere sovrano popolare sembra compiersi alla perfezione.

Fuori da ogni possibile logica di “complottismo” da bassa lega, è possibile oggi evidenziare che le dinamiche sociali si stanno risolvendo, sempre più, verso un totale processo di asservimento, d’ogni singolo ambito dell’esistenza umana, ai principi e ai dogmi universali funzionali al l’arricchimento di pochi centri di potere privato, contro, invece, quelli che dovrebbero essere gli interessi collettivi. È questo un chiaro disegno di omogenizzazione delle pratiche sociali, dei costumi, del pensiero, del linguaggio e, soprattutto, del “modus operandi” dei governi ad una precisa linea d’azione. Non si tratta, come certi azzardati pensano, di un gruppo di uomini riuniti in una stanza per progettare un nuovo piano per indirizzare il mondo verso un preciso ordine (i rapporti di potere mondiale non sono di certo così semplici e riduttivi) ed ogni male del pianeta non é di certo frutto di un progetto assoluto proveniente dall’alto (i rapporti che regolano l’universo sono ben più complessi), ma, molto più realisticamente, di un insieme di dinamiche e di iniziative politiche (distribuite da diversi istituti di potere) che, seguendo le medesime logiche del liberismo, procedono verso la realizzazione di determinate condizioni di potere. Dunque, pensare che tutto il mondo ed ogni fenomeno (anche certi fenomeni naturali, vedi la teoria del complotto delle “scie chimiche”) sia il frutto di un gruppo di pochi uomini che si riuniscono giornalmente per decidere ogni cosa, penso sia assolutamente folle e poco assennato, ma, al tempo stesso, il concepire i rapporti politici nazionali ed internazionali, fuori da una logica di rapporti di forza e di indirizzamento verso un preciso orientamento di cose, il pensare che certe cose avvengano casualmente, è da ritenere del tutto ingenuo, oltre che funzionale all’intero sistema di cose.

La realtà è complessa ma è dominata da rapporti di potere e da sovrastrutture culturali, che influenzano, in qualche modo, la vita degli uomini in un determinato modo. Lo  stesso Marx insegna che la realtà è costituita  da determinate strutture economiche, le quali sono influenzate dalle sovrastrutture del tempo, ovvero da tutto quell’insieme di valori e di ideologie dominanti che governano quel preciso tempo storico (distribuiti e tenuti in vita dalle élite di potere che dominano). Il nostro è dunque il tempo all’interno del quale le strutture economiche e governative sono tutte determinate dalle sovrastrutture culturali legate all’ideologia (ormai unica) del liberismo spietato, che si diffonde in ogni circostanza del reale, che condiziona i rapporti umani ed, ormai, le attività dei governi nazionali (sempre meno espressione delle volontà di popolo e sempre più alla mercé delle imposizioni delle artificiali ed anti-popolari strutture di governo sopranazionale), intenzionate unicamente a servire gli interessi di banche, multinazionali e dei grandi capitali mondiali in generale.
Oggi gli interi circuiti mediatici, le strutture politiche dominanti, sembrano asservirsi sempre più a queste logiche di smantellamento delle Sovranità e delle legittimità d’esistenza degli Stati nazione, in favore di queste logiche sovrastrutturali dominanti del libero mercato e del libero scambio, come nel caso del famoso TTIP (quel trattato di libero scambio commerciale tra USA ed Unione Europea, che, di fatto, adeguerebbe i mercati  europei a quelli statunitensi). Il TTIP, di fatto, metterebbe i governi nella condizione di non potersi più imporre e pronunciare liberamente sulle distribuzioni delle merci e sulle qualità dei prodotti immessi nel circolo dei mercati nazionali, poiché, nella sostanza, le aziende private (con l’approvazione di tale trattato) avrebbero maggior libertà di avanzare cause legali contro i governi, qualora, questi ultimi, secondo giudizi determinati dall’arbitro del privato, dovessero bloccare la distribuzione di un prodotto valutato come dannoso, appellandosi al principio della difesa della competitività dell’economia.
Questo trattato, di fatto, priverebbe i governi nazionali dell’autorità assoluta di imporre le proprie direttive per far rispettare regole e valori a vantaggio del bene collettivo. Altro caso di destabilizzazione del potere nazionale a favore di quello internazionale, è quello del bombardamento psicologico della famosa OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che, con la sua onnipotenza mediatica ha seminato quel terrorismo intellettuale contro il consumo delle “carni rosse” (considerate cancerogene e nocive), con l’intenzione (forse) di compiere un attacco alle economie locali europee e alle piccole attività commerciali (molte delle quali si fondano sul mercato del consumo delle carni), a favore, invece, del mercato alimentare globale, uniformando, com’è tendenza del sistema di pensiero unico capitalista, anche il gusto alimentare, in modo da poter meglio controllare ed indirizzare i consumi in generale.

Che l’Unione Europea non abbia nulla di popolare e che, anziché essere un organo politico, in realtà sia un’azienda politica (asservita alle logiche del mercato globale) ormai dovrebbe essere noto, e che gli obiettivi peculiari di essa siano quelli di distruggere ogni forma di attrito e contestazione popolare (eliminando il potere degli Stati nazionali a partire dalla demonizzazione culturale del concetto di stato-nazione), dovrebbe essere ancora più evidente.
I governi nazionali vengono sempre più privati della loro sovranità ed autorità politica, quelle capacità d’azione che si devono recuperare, poiché è soltanto a livello nazionale che il popolo potrà riprendersi la propria sovranità democratica e reagire a questo processo della globalizzazione spietata.