Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Gli stipendi scandalo dei manager d’oro

Gli stipendi scandalo dei manager d’oro

di Roberto Rossi - 25/09/2006

 
In un’intervista al nostro giornale, Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, denunciò l’intollerabile ingiustizia di compensi e liquidazioni di manager e supermanager... «Milioni di euro. Di fronte allo stipendio medio di mille e trecento euro al mese di un lavoratore italiano». Abbiamo fatto i conti...

Giancarlo Cimoli, alla guida di una società - l’Alitalia - sull’orlo del baratro, nel 2005 ha guadagnato due milioni e 791mila euro, esattamente quanto 210 dipendenti con contratto di lavoro standard. E tanto peggio non è andata a Emilio Tonini che si è ritrovato una busta paga pari a quella di 151 lavoratori. Chi è Emilio Tonini? È un dirigente della banca Monte dei Paschi di Siena, che a differenza di Alitalia dal punto di vista dei bilanci gode di ottima salute. Ma non è solo questo. È anche l’ultimo di una speciale classifica: quella dei 50 top manager più pagati d’Italia. L’ultimo dei primi, dei nuovi ricchi, di una casta potente ma soprattutto agiata. Tra stipendi, benefit e stock option il monte emolumenti nel 2005, solo per le principali società quotate in Borsa, e cioè 65 aziende, ha superato i 350 milioni di euro. Con un tasso di crescita rispetto all’anno precedente superiore al 20% contro il 3,8% dei redditi da lavoro dipendente.
Il solco con il resto del Paese è sempre più profondo. «Il sentimento di precarietà - aveva detto il numero uno della Cgil Guglielmo Epifani qualche giorno fa alla presentazione di un rapporto sul lavoro - aumenta di giorno in giorno, i redditi italiani sono i più bassi d’Europa e la differenza di retribuzioni tra dirigenti e dipendenti è passata nel giro di pochi anni da 1 a 10 a 1 a 1.000». In Italia si guadagna poco se si lavora con contratti standard. Il 68% dei lavoratori vive con meno di 1.300 euro la mese, il 35% non arriva a 1.000. Colpa della crisi economica che ha attraversato il nostro Paese si potrà dire. Eppure gli emolumenti dei manager italiani non ne hanno risentito.

La lista, allora. Il primo della classifica (stilata consultando i bilanci delle società quotate e altri documenti) nel 2005 è un manager ai più sconosciuto ma di fondamentale importanza per la Fiat e il gruppo che ruota attorno alla famiglia Agnelli. Stiamo parlando di Gianluigi Gabetti numero uno dell’Ifil la finanziaria che controlla la casa automobilistica torinese. L’ottantenne manager - regista della contestata operazione Ifil - Merril Lynch con la quale Ifil è riuscita a mantenere il controllo dell’azionariato Fiat gabbando banche e risparmiatori - ha ricevuto un premio fedeltà (per il mancato pensionamento) di 15 milioni di euro che sommato al suo compenso annuale lo ha portato a incassare la cifra astronomica di 22 milioni.

Ma quello di Gabetti non può essere considerato un caso eccezionale o un colpo di fortuna. Nel mondo dei manager maxi liquidazioni o stock option sono all’ordine del giorno. Un mega buona uscita è toccata, ad esempio, a Vittorio Mincato dopo 25 anni all’Eni. Mincato, attualmente presidente delle Poste, se n’è andato con 11,2 milioni. Qualche soldo in più (11,5 milioni) l’ha preso Marco De Benedetti, ex presidente di Tim quando Marco Tronchetti Provera decise di accorpare la società di telefonia mobile in Telecom. E di fare a meno dei suoi servigi. Un po’ la stessa sorte toccata anche a Paolo Scaroni quando se ne andò dall’Enel per accasarsi all’Eni. Scaroni ottenne quasi 10 milioni di euro tra stipendio, liquidazione e vari incentivi (come quello della vendita di Wind, 500 mila euro).

Grazie alle stock option (1 milione e duecento mila azioni) invece Antonio Favrin della Marzotto ha raggiunto nel 2005 14 milioni di euro anche se il suo stipendio annuo (che non tiene in conto altri bonus) è di solo 500mila euro. Al vertice della classifica anche i manager che ruotano attorno alla galassia Telecom. L’anno scorso Marco Tronchetti Provera, dimessosi dalla carica di presidente del colosso telefonico qualche giorno fa, si è ritoccato lo stipendio del 36% superando gli 8 milioni di euro (sommando anche quello che ha in Pirelli). Accanto a Tronchetti altri tre manager della galassia, Riccardo Ruggiero, Carlo Buora e Carlo Puri Negri, hanno guadagnato più di cinque milioni di euro nel corso dell’anno. E tutto questo per un’azienda che in cinque anni ha dimezzato il suo valore in Borsa, che nel giro di due anni ha cambiato altrettanti piani industriali, il cui manager, che è anche il maggior azionista, si dimette non tanto per i suoi scarsi risultati ma per «interferenze del governo».

Altra storia per la Fiat. Nelle prime posizioni troviamo il presidente e l’amministratore delegato. Luca Cordero di Montezemolo nel 2005 si è messo in tasca oltre sette milioni di euro tra lo stipendio della Fiat e quello percepito in Ferrari. Sergio Marchionne invece, secondo quanto risulta dal bilancio dell’azienda, si è fermato leggermente sotto (6,99 milioni). Resta il fatto che Fiat fino a due anni fa era una società sull’orlo del fallimento, oggi invece si contano gli utili (che per il 2006 dovrebbero superare il miliardo anche grazie alla vendita della Fidis). Non mancano nelle prime piazze della classifica banchieri e assicuratori, che si sono quasi tutti generosamente rialzati le buste-paga. i primi due rappresentati del mondo della banche sono Alessandro Profumo e Alberto Nagel. Il numero uno di Unicredit, tra bonus e altri incentivi, ha ricevuto l’anno passato 7,8 milioni di euro. Il 46% in più rispetto al 2004. Meglio, in termini percentuali (ha fatto il direttore generale di Mediobanca, la prima banca d’affari italiana, che ha intascato oltre 7 milioni (7,093) grazie anche all’uso di stock option. Rispetto all’anno precedente il suo stipendio ha subito un’impennata del 357%. Qualche posizione più sotto c’è Corrado Passera di Intesa (6,654) e ancora più sotto il francese Antoine Bernheim presidente della compagnia assicurativa le Generali (4,4 milioni). Un gradino più in basso Matteo Arpe (4,383) e Cesare Geronzi (4,230), rispettivamente amministratore e presidente del gruppo bancario Capitalia.
Anche Fedele Confalonieri, numero uno di Mediaset, non se la passa male. Nel 2005 il manager amico di Silvio Berlusconi si è raddoppiato lo stipendio a 4,5 milioni.

Nella classifica poche donne. Solo due ed entrambe con lo stesso cognome. La prima è Jonella Ligresti, figlia di Salvatore Ligresti (costruttore, assicuratore, nel patto di Rcs, anche lui amico di Berlusconi), con oltre 4 milioni di compensi. Più sotto la sorella Julia ferma a 2,7 milioni.

Anche i manager pubblici non se la sono passata male. Oltre a Mincato, Scaroni e Cimoli,Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica) è balzato a 2,6 milioni. Se per il numero uno della holding italiana dell’aerospazio e della difesa parlano i dati di bilancio (nel 2005 Finmeccanica ha chiuso con un reddito operativo superiore agli 800 milioni), allo stipendio di Cimoli, come ricordato, non corrispondono i risultati. La compagnia aerea è sull’orlo del fallimento, il management è stato incapace di un piano di rilancio, ma Cimoli si è consolato con uno stipendio doppio rispetto al numero uno di Lufthansa (Wolfgang Mayrhuber) e circa il triplo di quello dell’amministratore dei Air France (Jean-Cyril Spinetta). Il raffronto con l’estero, comunque, fa fare ai paperoni tricolori un figurone anche in tutte le classifiche di settore: Marco Tronchetti Provera con gli 8 milioni di compensi ha quasi doppiato Arun Sarin (Vodafone) e lasciato a 5,5 milioni di distanza Kai Uwe Ricke di Deutsche Telekom. Paolo Scaroni ha confermato che almeno a livello di emolumenti l’Enel ha pochi rivali in Europa. Almento in questo in Eruopa siamo fra i primi.