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L’ubbidienza dei falsi disubbidienti

di Roberto Pecchioli - 23/12/2025

L’ubbidienza dei falsi disubbidienti

Fonte: EreticaMente

Aveva ragione Goethe, non vi è peggior schiavo di chi si crede libero. O peggio, liberato. Vari organi di stampa hanno riferito di polemiche sorte su una frase pronunciata dal vescovo Laterza durante un’omelia in tempo d’Avvento. Il presule ha osato affermare che Maria è la donna più libera del mondo in quanto sa obbedire. Non a un ordine imperioso, a un’imposizione, nemmeno alle consuetudini sociali: risponde liberamente sì alla richiesta dell’angelo per diventare la madre di Gesù. Apriti cielo: è subito scattata la Laica Inquisizione femminista e progressista. Il cane di Pavlov sbava al suono della campanella che annuncia il cibo; la confraternita fucsia – variante fashion del rosso antico – scatta al minimo accenno di idee infedeli alla Linea. Tutta qui la polemica: un pugno di allucinati/e attacca in branco – da soli non se la sentono – chiunque esprima concetti invisi al canone inverso.
Evitiamo qualsiasi giudizio sul gesto di Maria e concentriamoci sulla polemica contro la frase incriminata. Lorsignori, lorsignore e lorcompagni sono prigionieri di sé stessi. Trasgredire è diventato un obbligo: sono i forzati dell’ubbidienza alla finta disubbidienza. Razionali, liberati da pregiudizi e vecchie idee del passato, lontani da credenze irrazionali, eppure Fanpage, uno dei media distintisi nell’attacco a Laterza, organo ufficioso del (non)senso comune del Mondo Nuovo, pubblica nella pagina iniziale un imperdibile articolo sull’oroscopo per l’anno che viene. Non credono in nulla, quindi sono pronti a prestare fede a qualsiasi sciocchezza, se in possesso del timbro di conformità.
Non li sfiora il dubbio – solo quello, non pretendiamo troppo da cervelli all’ammasso – che l’atto di Maria sia stato un gesto di libertà. Poteva dire sì o no al messaggero: ha scelto. Scegliere è la regola della libertà. Ha ubbidito – se vogliamo usare il verbo che fa rabbuiare i liberi schiavi – a una chiamata sulla quale ha riflettuto in autonomia. La libertà cristiana – si creda o meno al contenuto veritativo della dimensione trascendente – è volta alla scelta del bene. Liberi di non seguirlo, ovviamente, ma la civiltà che ha costruito distingue con chiarezza il bene e il male. Il lato ridicolo degli attacchi degli illuminati disubbidienti è che si tratta di un pregiudizio uguale a contrario a quello che contrasta. Disubbidisco alla civiltà in cui sono nato, ai suoi principi e valori perché una nuova cultura dominante, un nuovo senso comune indotto me lo chiede. Anzi, me lo impone. Disubbidisco per ubbidienza al canone invertito. Non so neppure perché, e niente è più difficile che ottenere spiegazioni ragionate, se non la frusta ripetizione ubbidiente di parole d’ordine del breviario postmoderno.
Nel caso specifico, è desolante leggere alcune reazioni alle parole del malcapitato Laterza: un lettore o lettrice di Fanpage scrive “poi si lamentano se la gente non va a messa”. Analisi ecclesiologica profonda, impeccabile. Un altro definisce aberranti le parole del vescovo. Aberranti, come se avesse esaltato un crimine. Un intellettuale (ehm) interrogato dalla Stampa – giornale molto padronale e molto servile – la cui qualifica è filosofo femminista – avrà uno specifico master? – dichiara elegantemente che il monsignore “spara scemenze”. Argomento finissimo, decisivo: qualcuno doveva pur dirlo. Meno male, si rallegra, che “molti cattolici sono più avanti”. Scatta la mosca al naso dello scrivano. Premesso che le religioni, avendo la pretesa di rappresentare l’eterno, non possono essere né avanti né indietro, l’avverbio di luogo ubbidisce (!!!) a un criterio indimostrato. Che avanti sia sempre meglio di indietro, che il cosiddetto progresso sia una marcia verso il meglio a cui si deve per forza aderire, cioè ubbidire.
Lorsignori/e ubbidiscono a ogni pulsione immediata, specialmente alle prescrizioni di un sistema che ha capovolto i valori mantenendo la pretesa che vengano obbediti dalla massa gregaria. I cui argomenti, allorché si imbattono in concetti diversi dal copione mandato a memoria, si limitano all’insulto o alla denigrazione. Chi non la pensa come loro dice “scemenze”. Il vostro scrivano ne è orgoglioso, fiero di non essere né avanti né indietro, ma laddove lo porta la coscienza, il ragionamento, il libero arbitrio. Che è innanzitutto libertà di scegliere se obbedire o disubbidire, credere o non credere, comportarsi o meno nella maniera voluta dai padroni delle idee. Uno degli aspetti più curiosi della società individualista – individualismo massificato, non vi pare un’incongruenza o è solo un’altra “scemenza”?  –  è che una folla gregaria segue i pifferai convinta di farlo in maniera libera, autonoma, razionale. Ha soltanto ubbidito a chi grida di più, ai padroni della narrativa dominante. Che diventa tale soprattutto perché troppi non valutano, seguono il gregge.
Facile transitur ad plures, scrisse Seneca; è facile passare alla massa, comodo perché permette di astenersi dal pensiero e dal giudizio, diventare gregge per belare in coro, farsi branco nella caccia al dissenziente. Obbedite alla disobbedienza verso ciò che non piace al potere in carica. Le idee che non gradite e neppure volete ascoltare – ma prima le seguivate con uguale stolido fervore – sono scemenze e aberrazioni. Lo affermate con sicumera, tono indignato e sguardo astuto. Dopo lo sforzo intellettuale, tornate stremati al sonno ubbidiente. Meglio il sì di Maria del vostro no senza contenuto, rumore del gregge, grottesca ubbidienza non pensante. A proposito, quel sì determinò un evento che chiamiamo Natale, nascita. Non meritate il buon Natale; augurarlo sarebbe “sparare una scemenza”. A voi, ubbidienti alla parola del potere e formati al suo falso insegnamento, osiamo dire: pessime festività di fine anno.