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L'economia non è una scienza

di Romolo Gobbi - 21/02/2009

 
 
Nonostante tutti gli anni venga assegnato un premio Nobel a questo o quel economista, l'economia non è una scienza. Se si trattasse di una scienza le crisi sarebbero prevedibili e, soprattutto, si riuscirebbe ad evitarle, ma, invece, l'economia globale è in crisi. Anche le cure per uscire dalla crisi dovrebbero essere facilmente trovate, ma i vari premi Nobel non sono d'accordo sulla cura da fare.

Pochi giorni dopo la sua elezione, Obama aveva dato per scontato che il suo programma di spesa pubblica avrebbe trovato un consenso unanime tra gli economisti: "Non c'è dissenso sul fatto che occorra un'azione del nostro governo, un piano di rilancio che aiuterà a far fare un salto alla nostra economia". Il premio Nobel Paul Krugman sostenne le tesi del presidente e andò anche oltre, dicendo che per superare la "voragine di disoccupazione" nella quale erano piombati gli Stati Uniti occorreva una spesa pubblica ancor più consistente: "Lei dovrà probabilmente spendere 800 miliardi di dollari l'anno per sostenere un completo risanamento economico. Qualsiasi cifra al di sotto dei 500 miliardi l'anno sarà davvero troppo piccola per produrre una vera inversione economica".

Un'opinione contraria, invece, è stata espressa pubblicamente da altri tre premi Nobel: James Buchanan (90 anni, premiato nel 1986 per la teoria della "pubblica scelta"), Vernon L. Smith (82 anni, vincitore nel 2002 per studi sull'economia comportamentale), Edward Prescott (69 anni, premiato nel 2004 in "macroeconomia per gli studi sulle forze che guidano i cicli del business"). Il documento venne sottoscritto anche da 200 professori di economia di varie università americane; la loro opinione, pubblicata sul New York Times e sul Washington Post, era: "noi firmatari non crediamo che più spesa pubblica sia la via per migliorare la situazione economica... (e invece si dovrebbe seguire una politica fiscale che) abbassi le tasse e riduca il peso del governo".

Di parere ancora diverso, un altro premio Nobel per l'economia, il novantaquattrenne Paul Samuelson, che, intervenendo a proposito delle misure protezionistiche di Obama nei confronti dell'industria automobilistica americana, ha dichiarato che: "La spesa pubblica deve aumentare in maniera non ortodossa, senza decidere aumenti di imposta".
Se l'economia fosse una scienza rigorosa, con regole e principi indiscutibili, sarebbe poco probabile che tanti premi Nobel possano dissentire così radicalmente, anche se l'accesso agli archivi dell'Accademia di Svezia ha rivelato che i pareri per l'assegnazione dei premi Nobel per la letteratura non sono sempre stati ispirati da intelligenza e conoscenza. L'economia, in effetti, può essere considerata una forma di espressione letteraria e, quindi, dipende dall'abilità formale dei sui praticanti, ma, per meglio valutarla, occorre tener conto dell'ispirazione politica che la condiziona: in effetti, si parla sempre di economia politica.

Nel caso americano, le diverse opinioni dei vari Nobel sono intervenute a supporto delle tesi delle principali forze politiche USA: i democratici e i repubblicani, favorevoli alla spesa pubblica, gli uni , e contrari , gli altri. I partiti, a loro volta, hanno espresso le volontà contrastanti delle forze sociali che rappresentano: Wall Street ha manifestato con una caduta della borsa il dissenso sul pacchetto di spesa voluto da Obama. Le opinioni differenti sul piano di spesa proposto dal nuovo presidente si sono manifestate anche all'interno delle forze politiche: alcuni deputati democratici hanno votato contro, mentre tre senatori repubblicani hanno votato a favore e al senato il provvedimento è passato per un solo voto. Il voto che ha permesso l'approvazione del senato è quello di Sherrod Brown, che è arrivato con un aereo del governo che l'aveva prelevato dalla veglia funebre della madre. Con questo episodio marginale, si vuole sottolineare che i fatti economici rientrano nell'ambito dei fenomeni complessi: secondo la teoria della complessità anche un evento minimo può produrre effetti straordinari. Dunque, l'economia non può prevedere quali saranno le conseguenze dei provvedimenti presi in USA, anche perchè la loro fonte di ispirazione è stata la politica adottata per uscire dalla crisi del 1929 e già allora ebbe effetti limitati. Nel frattempo, l'economia si è estesa a livello globale e così la crisi scoppiata in America è dilagata in tutto il mondo. Anche se le misure prese negli USA riusciranno ad avere qualche effetto sull'economia americana, difficilmente riusciranno a curare la crisi a livello globale.
E i premi Nobel dell'economia non possono fare niente.