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Heidegger e Platone

di Paolo Scroccaro - 05/03/2006

Fonte: filosofiatv.org

 

 

 

 

1)      PERCHE’, SECONDO HEIDEGGER, PLATONE RISULTEREBBE COINVOLTO NELL’AVVENIMENTO EPOCALE DELL’OBLIO DELL’ESSERE ?

Nel mondo presocratico, sostiene Heidegger, vige la saggezza aurorale rivolta all’Essere, mentre in Platone affiorano i germi dell’oblio; stando così le cose, Platone preparerebbe il terreno ai tratti fondamentali della modernità e della progettualità tecnico-scientifica. Il sospettosissimo Heidegger si sofferma su alcuni eventi (direttamente correlati alla dimenticanza dell’Essere), in cui lo stesso Platone sarebbe coinvolto: a)la riduzione della Verità, da “Aletheia” a “correttezza dello sguardo” del soggetto;

b)la riduzione dell’Essere all’ente, e la surrogazione dell’Essere da parte di un Super-ente. Soffermiamoci su queste nozioni.

 

2)      LA VERITA’ COME ALETHEIA

La Verità, nella sua semplicità originaria, non può che essere Aletheia, cioè autorivelazione dell’Essere, che nel suo disvelarsi contemporaneamente si mostra e si ritrae, presentando l’ente: proprio come accade nella Radura, là dove, nel diradarsi della foresta, il chiarore filtra sempre più tra gli alberi, facendosi avanti e lasciando apparire molto di ciò che prima era sottratto al viandante…

 

3)      LA VERITA’ COME CORRETTA RAPPRESENTAZIONE DEL SOGGETTO

Ad un certo punto, si giunge ad una svolta: la Verità non ha più come riferimento l’Essere stesso e il suo diradarsi a noi, bensì il soggetto, il quale pre-fissa una rete di criteri e di concatenazioni concettuali, quali veicoli privilegiati della verità rimpicciolita e coartata a misura della “rappresentazione” mentale (come aveva avvertito A. Schopenhauer in un suo famoso titolo). E’ facile individuare i corresponsabili di tale rivolgimento nell’età moderna: si pensi per es. a quelle filosofie che presentano il soggetto quale “fondamento”(v. il Cogito cartesiano, l’Io trascendentale kantiano, l’Io attivistico fichtiano, lo Spirito hegeliano…e più in generale le varie forme assunte dalle ideologie “umanistiche”).

 

4)      IL PRIMO SOSPETTO DI HEIDEGGER: CON PLATONE NASCE LA “CORRETTEZZA DELLO SGUARDO”?

Se le “colpe” dei moderni sono ben evidenti e prive di alibi, si tratta ora di riandare a ritroso, fino agli inizi di questa linea di tendenza…così facendo, si giunge al punto di svolta, cioè a Platone, con il quale emergerebbe la “correttezza dello sguardo” che annuncia e prepara il predominio della “rappresentazione” di cui si è sopra detto. A questo proposito, Heidegger utilizza due argomenti che egli ritiene fondamentali (ma che ad altri sono sembrati alquanto avventurosi): a)il disvelarsi puro e semplice con Platone viene soggiogato all’idea(inaugurando così la catena dei successivi soggiogamenti); b)la dottrina platonica dei gradi del conoscere implicherebbe un vedere sempre più ristretto, che alla fine culminerebbe unilateralmente in direzione dell’Ente Sommo!

 

5)      IL SECONDO SOSPETTO DI HEIDEGGER: CON PLATONE SI AVVIA LO SMARRIMENTO DELLA “DIFFERENZA ONTOLOGICA” E COMPARE LA FUNZIONE SURROGATORIA DEL “BENE” QUALE ENTE SOMMO ?

Heidegger crede di rintracciare nel Platonismo gli inizi di un movimento che, smarrito l’Essere, non può che precipitare verso l’assolutizzazione degli enti e la loro autoritaria gerarchizzazione ad opera di un Super-ente (v. Bene-Agathon), che la teologia cristiana e non solo rielaborerà quale dio creatore e dispotico nei riguardi degli enti (preparando così il dispotismo della tecnica e della scienza moderne). Le tesi antiplatoniche di Heidegger, che riaffiorano in molte sue opere, sono riscontrabili soprattutto: nel corso universitario di Friburgo del 1931-‘32(v. L’essenza della verità); nel saggio La dottrina platonica della verità(concepito nel 1940 e pubblicato nel 1942).

 

6)  SANTO PLATONE, PERDONA! MOLTO SI E’ PECCATO CONTRO DI TE”

Così Holderlin nella Prefazione alla penultima stesura di Hyperion (1795). Seguendo colui che Heidegger stesso considera il “precursore” e il poeta più pensoso dell’età moderna, occorre ora mettere a confronto Heidegger e Platone, al fine di constatare se il primo nel suo dire abbia semplicemente “lasciato essere” il Platonismo, o se si sia impegnato nella costruzione di una rappresentazione che gli ha fatto violenza.

 

7)       CONTEMPLAZIONE E RAPPRESENTAZIONE

La contemplazione noetica secondo il Platonismo corrisponde al grado ultimo e più elevato del conoscere: questo perché nell’anima dei mortali essa si accende per ultima, cioè dopo l’esperienza dei gradi precedenti, i quali comportano inevitabili restrizioni coscienziali, nella misura in cui l’esperire dei mortali resta vincolato a enti più o meno limitati. Occorre perciò andar oltre, superando gli angoli visuali troppo angusti (v. 1° incontro) e i correlati schemi mentali pretenziosi (cioè le rappresentazioni !) che scambiano qualcosa di parziale con la Verità totale. Procedendo lungo questo itinerario, si può giungere all’esperienza dell’apertura noetica e dunque della contemplazione dell’Aformale incircoscrivibile, che nessuna rappresentazione mentale, per quanto ampia, potrebbe contenere!

 

8)      L’ENTE SOMMO QUALE SOGGIOGATORE DEGLI ALTRI ENTI E IL BENE INCONDIZIONATO (AGATHON) QUALE NON-ENTE E DIMORA OSPITALE

Platone, accennando al Bene Incondizionato, lo presenta quale “incolore e aformale”, cioè non attribuendogli quelle determinazioni (colore e forma) che contrassegnano gli enti; ciò comporta che la natura del Bene Incondizionato non è ricavabile, a rigore, semplicemente potenziando ed estendendo le caratteristiche degli enti. Basterebbero questi cenni di Platone per escludere che il Bene possa esser inteso come un Super-ente e quindi per salvaguardare ciò che Heidegger nomina come “differenza ontologica”. Si consideri inoltre che i successori di Platone hanno ampiamente rimeditato le indicazioni talvolta succinte del maestro, rendendo disponibili materiali abbondanti e profondi, totalmente trascurati o travisati da Heidegger (cfr. W. Beierwaltes, Identità e differenza, Mi 1989)! Da essi risulta, una volta di più, una visione del Bene o dell’Uno quale Riparo e Custodia per gli enti, dato che “in modo ineffabile a tutti Egli è presente”, e tutti gli enti sono “un segno di Lui”(così Proclo, nella Teologia platonica, Libro II, alla fine del cap. VIII). Di conseguenza, tutti gli enti hanno volto divino, compresa la materia, che “procede da dei superiori al Demiurgo”(Proclo, Teologia platonica, L. V, cap. XVII).

 

9)      OLTRE L’UMANISMO: IL SOGGIORNARE POETICO SULLA TERRA, APERTO AL RESPIRO COSMICO DEL “TUTTO”, NELLA VERSIONE PLATONICA

Nel Libro VI di Repubblica, Platone insegna che chi è veramente filosofo, essendo proteso al Tutto, non può considerare come entità privilegiata nemmeno la vita umana, e proprio per questo si distingue dalla piccineria dei più (v. 486a): tale atteggiamento non antropocentrico, lungi dall’essere occasionale, orienta in modo essenziale la cosmologia (e la metafisica) platonica; essa prevede non il dispotismo dello stato umano, bensì, molto semplicemente, il suo esser relazionato al Tutto: “Chi se ne intende dice che cielo, terra, dei, uomini sono collegati in un tutto, grazie alla relazione unitiva, all’amicizia, all’armonia…per tale ragione, amico mio, questo tutto è chiamato cosmo”(Gorgia, 507-508). Il calmo soggiornare, aperto al Tutto, e quindi non-prevaricatore, predispone non solo alla rammemorazione dell’Essere(cara a Heidegger), ma anche a quella di quel  “sito sopraceleste…in cui dimora quella essenza incolore, aformale e intangibile, contemplabile solo dal nous”(v. Fedro, 247c). Se Heidegger si cura di cercar di rispondere alla chiamata dell’Essere (e in ciò consiste ad un tempo il suo merito e il suo limite), la tradizione platonica, da sempre e in sovrappiù, custodisce l’ascoltare e il rispondere ad un richiamo folgorante, il cui lampeggiare proviene da una contrada più ascosa e incircoscrivibile, di cui Heidegger può aver avuto solo un vago sentore.