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Ma è proprio vero che la stregoneria non è mai esistita come parte di un disegno globale?

di Francesco Lamendola - 05/04/2010



Pochi argomenti come i processi alle streghe, che sconvolsero l’Europa fra il tardo Medioevo e il XVII secolo, hanno trovato concordi gli storici nell’esecrazione e, soprattutto, nella convinzione della loro assoluta gratuità e irrazionalità.
Il loro ragionamento è molto semplice: le streghe non vanno a cavallo di una scopa e non si accoppiano col Demonio; quindi, le streghe non esistono; quindi, non è esistita neppure la stregoneria.
Al massimo, alcuni arrivano ad ammettere che la stregoneria sia esistita (come se non esistesse ancor oggi, ben viva e vegeta!), ma come fatto isolato e sporadico e, soprattutto, come fatto illusorio, se non di vera e propria patologia mentale. In altre parole, le streghe sarebbero state delle povere pazze che CREDEVANO di avere acquisito, in virtù di un patto con le potenze del Male, dei poteri sovrumani; e, inoltre, non formavano una confraternita, ma agivano più o meno isolatamente, in maniera indipendente l’una dall’altra.
È evidente che una posizione del genere è figlia del paradigma oggi dominante, scientista e materialista; e che una tale posizione rende incomprensibile il fenomeno che si vorrebbe studiare, perché la mentalità dei contemporanei di quei fatti era figlia di un altro paradigma: sia che si trattasse degli imputati nei processi per stregoneria, sia che si trattasse dei giudici, sia, infine, dell’opinione pubblica.
Fra parentesi, l’approccio neoilluminista e neopositivista rende impossibile all’antropologo la comprensione di tali fenomeni nel quadro delle società tradizionali, in cui essi sono importantissimi e si collegano intimamente non solo con la sfera del sacro e del religioso, ma, in generale, con quasi tutti gli aspetti della vita materiale e spirituale dei popoli nativi. La rende impossibile, perché l’atteggiamento di siffatti antropologi muove da quel pregiudizio etnocentrico e un po’ razzista, in base al quale solo la cultura occidentale moderna sa di che cosa si stia parlando relativamente a qualunque ordine di fenomeni, mentre le culture non occidentali e pre-moderne si limitano a balbettare, come fanno i bambini non ancora pervenuti all’uso della ragione.
Ma, tornando ai processi alle streghe, si dirà: ci sono state molte vittime innocenti, quindi è improponibile qualunque discorso storico che non parta dall’assunto della totale irrazionalità e infondatezza delle accuse rivolte a tali vittime; diversamente, sembrerebbe quasi di offendere la memoria di queste ultime.
Dove si vede chiaramente che l’ideologia fa velo al rigore del metodo storico: perché il compito dello storico non è quello di dare per scontato che certi fenomeni umani siano impossibili e limitarsi a deprecare la crudeltà e la follia di quanti, invece, hanno agito nella ferma convinzione della loro possibilità (potremmo scomodare comunque anche l’attualità, come nel caso del processo ai preti tedeschi che eseguirono l’esorcismo di Anneliese Michel, nel 1976); bensì quello, più modesto e più aderente ai fatti, di studiare come e perché quegli eventi si siano prodotti.
Del resto, anche ammesso che la stregoneria non esistesse (ipotesi puramente accademica), non sarebbe certo la prima volta che eventi storici reali prendono origine da credenze infondate. Chi non ricorda il fenomeno della Grande Paura, che attraversò come un fremito le campagne francesi nel 1789, creando le condizioni per lo scoppio della Rivoluzione? Tuttavia, come diremo in seguito, una cosa è un simile evento di breve durata; un’altra, e ben diversa, è un insieme di eventi prolungantisi nell’arco di secoli e secoli.
Il fatto che i processi contro la stregoneria abbiano colpito molti innocenti (peraltro, le cifre oggi correnti, da 200.000 a 1 milione di vittime solo nel XVI e XVII secolo, appaiono decisamente esagerate) non è per niente una prova del fatto che le streghe e gli stregoni non esistessero: sarebbe esattamente come dire che l’esistenza degli errori giudiziari implica che il crimine non c’è e non c’è mai stato, ma è soltanto una invenzione di giudici perversi e superstiziosi.
Eppure, basterebbe leggersi i resoconti di processi clamorosi, come quello istruito dal magistrato La Reyne nella Francia di Luigi XIV, per rendersi conto di come il satanismo e la magia nera, con tanto di sacrifici umani di neonati, fossero largamente diffusi in vasti ambienti della società europea, ivi compresi quelli vicini alle maggiori corti (nel caso specifico, l’ex amante del re, la famosa madame di Montespan).
Una testi ancora più estrema, e ancora più capziosa, è quella - sostenuta da studiosi come Norman Cohn - che equipara i processi alle streghe alle persecuzioni antisemite e, in particolare, al genocidio perpetrato dalle autorità naziste durante la seconda guerra mondiale.
Il ragionamento è più o meno lo stesso. Siccome moltissime vittime innocenti caddero sotto i colpi di una barbara politica di sterminio, allora significa che non esisteva, né mai era esistita, la benché minima forma di cospirazione ebraica per la conquista del potere politico, della finanza e della stampa, sia in numerosi Paesi europei che nel resto del mondo. In questa prospettiva, la falsità dei «Protocolli dei savi Anziani di Sion» appare di per sé evidente e non bisognosa di ulteriore approfondimento; così come appare evidente, agli storici politicamente corretti e benpensanti, che opere come il «Malleus maleficarum» altro non esprimevano se non le ossessioni e le farneticazioni di qualche prete oscurantista e fanatico.
Ma c’è di più.
Forzando la verità storica, semplificando qua e là, smussando ad arte certi angoli, studiosi come il Cohn (che, fra parentesi, è più un antropologo che uno storico e che, forse per le sue ascendenze ebraiche, ragiona più come parte lesa in un processo penale, che non con l’imparziale rigore e con la consequenzialità dello storico) sono giunti non solo a paragonare i due fenomeni, di cui l’Occidente intero sarebbe stato pervicacemente colpevole nell’arco di una decina di secoli - la persecuzione della stregoneria e quella degli Ebrei -, ma a sostenere che il secondo è la diretta conseguenza del primo: cioè, che a un certo punto gli inquisitori del Cinque e Seicento si convinsero che erano gli Ebrei a organizzare la stregoneria europea, intesa come congiura globale contro l’ordine costituito; e che il nazismo, più tardi, altro non fece che riprendere, laicizzandola, questa tesi estrema.
In realtà, dai documenti dell’epoca la tesi del Cohn non riceve alcun valido sostegno: non risulta che gli inquisitori del XVI e XVII secolo ritenessero che gli Ebrei, collettivamente, fossero i registi occulti della stregoneria; risulta, al massimo, che questa idea si produsse molto più tardi nella mente di pochi individui, tra i quali Gougenot de Mousseaux, che egli stesso cita: ma siamo già verso la fine del XIX secolo.
Per farsi un’idea del suo modo di procedere, vale la pena di riportare il passaggio saliente della sua ricostruzione e della sua interpretazione dei fatti.
Scrive, dunque, Norman Cohn nel suo saggio «Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio», facente parte del volume antologico «La stregoneria», a cura di Mary Douglas (titolo originale: «Witchraft. Confessions and Accusations», Association of Social Anthropologists of the Commonwealth, 1970; traduzione italiana di Carla Faralli e Giovanni Ricci, Torino, Einaudi Editore, pp. 46-49):

«Nel Settecento la grande caccia alle streghe in Europa finì. Sebbene di tanto in tanto, in zone remote e arretrate,  la plebaglia avrebbe ancora cacciato e ucciso individui sospettati di magia malefica, l’idea di una setta satanica  di streghe aveva perso la sua attrattiva. Ma il mito dei servitori di Satana non era morto, e nel XIX secolo riapparve in un nuovo contesto, come mito della cospirazione mondiale degli ebrei. Si è soliti pensare che l’ossessione antiemetica dei nazisti fosse semplicemente una forma di razzismo particolarmente virulento, ma quest’opinione è erronea. Al centro dell’antisemitismo hitleriano vi è l’idea che tutti gli ebrei, per migliaia di anni, dovunque, si siano uniti nello sforzo incessante di insidiare, di sovvertire, e infine dominare il resto del’umanità. E anche se nella mente di Hitler e nell’ideologia nazista questa idea appare ammantata della pseudoscientifica veste di razzismo, la sua natura è del tutto diversa.
Durante l’alto medioevo la propaganda contro la religione ebraica fu piuttosto scarsa, e cristiani ed ebrei per lo più vissero in pace fianco a fianco. Ma al tempo in cui gli eretici cominciarono ad essere considerati servitori di Satana - cioè intorno all’anno 1100 - gli ebrei furono coinvolti nello stesso destino. Fu nel XII secolo che gi ebrei furono accusati per la prima volta d misfatti come l’uccisione rituale di bambini cristiani, le torture all’ostia consacrata, l’avvelenamento dei pozzi.. Soprattutto, la gente cominciò a sostenere che essi adoravano Satana e che Satana in cambio li ricompensava rendendoli collettivamente padroni della magia nera. Ne derivava che, per quanto i singoli ebrei potessero sembrare bisognosi, collettivamente essi venivano considerati possessori di illimitati poteri del male. È vero che le maggiori autorità ecclesiastiche - papi e vescovi - non lasciavano alcuno spazio a tali fantasie  e menzogne, e infatti le condannavano frequentemente ed energicamente; ma il basso clero continuò a diffonderle, secolo dopo secolo, e infine tutto ciò influenzò in modo decisivo l’atteggiamenti dei laici. Su ampie zone d’Europa il periodo di tempo che va dal XII al XVIII secolo fu per gli ebrei un lungo martirio, durante il quale essi divennero ciò che non erano mai stati durante l’alto medioevo: un popolo del tutto estraneo alla cristianità, coattivamente confinato nei traffici più sordidi, pieno di rancore per il mondo dei gentili. Agli occhi di molti cristiani queste strane creature divennero demoni sotto le spoglie umane, dotate di poteri misteriosi e infinitamente sinistri.
L’emancipazione degli ebrei cominciò con la rivoluzione francese; nel corso dell’Ottocento essi furono liberati dalla loro inferiorità giuridica in un paese dopo l’altro dell’Europa occidentale e centrale. Ma ovunque la prospettiva della loro emancipazione produsse un’ondata di panico,. In parte, non c’è dubbio, questa reazione fu sollecitata dal fatto che in alcuni settori - l’attività bancaria, quella politica in campo radicale e il giornalismo - gli ebrei raggiunsero in breve un’influenza del tutto sproporzionata rispetto al loro numero. Ma le radici del panico erano molto più profonde. Per riuscire a vedere fin dove esse giungessero basta considerare il libro che divenne la fonte del moderno antisemitismo politico: “Le Juif, le judaïsme et la judaïsation des peuples chrétiens, di Gougenot des Mousseaux, pubblicato nel 1869.
Des Mousseaux era convinto che il mondo fosse nelle mani di un misterioso sodalizio di adoratori di Satana, che egli chiamava “ebrei cabalistici”. Egli immaginò che esistesse una segreta religione demoniaca, un culto sistematico del male fonato dal Demonio proprio agli inizi del mondo. I grandi maestri del culto erano gli ebrei, che Des Mousseaux definiva “rappresentanti in terra degli spiriti dele tenebre”; tra coloro che li avevano aiutati a diffondere il regno del Demonio nel mondo vi erano gli eretici medievali, i templari, e, più recentemente, i massoni. Il culto si incentrava sul’adorazione di Satana, simboleggiato da un serpente e dal fallo; i suoi riti consistevano in orge erotiche incredibilmente sfrenate, inframmezzate da momenti in cui gli ebrei uccidevano bambini cristiani per usare il loro sangue a fini magici. Il libro pretendeva di smascherare un complotto ebraico per dominare il mondo interro mediante il controllo delle banche, della stampa e dei partiti politici: anche questo si supponeva che fosse fato in nome di satana e con il suo aiuto.
proprio d queste fantasie apertamente demonologiche emersero i “Protocolli dei savi Anziani di Sion”, il famoso falso antisemitico che doveva ossessionare la mente di Adolf Hitler. In verità, l’uomo che lanciò i “Protocolli” nel mondo era uno pseudomistico russo mezzo pazzo, Sergey [sic] Nilus; e il libro nel quale egli li pubblicò per la prima volta era un trattatello religioso sulla Seconda Venuta di Cristo e la lotta finale contro le armate demoniache. Questo accadeva nel 1905. A questo punto il mito di Satana e degli uomini al suo servizio era finalmente esaurito, ma lasciava una mortale ere4dità. Dopo una generazione, i nazisti usarono i “Protocolli” in un contesto strettamente secolare, senza più alcuna implicazione apertamente demoniaca, come strumento di lotta politica e, infine, come autorizzazione a sterminare quasi totalmente gi ebrei europei.
Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio ha giocato in realtà un ruolo straordinario nella storia europea. Considerata dal punto di vista sociologico, questa storia mostra almeno una cosa: che un solo mito, sempre identico, può essere piegato a servire una varietà di intenti e può espletare una varietà di funzioni. Le sette medievali erano gruppi reali e reali oppositori della Chiesa; il clero che incarnava in loro quel mito, attaccava rivali potenziali. Anche i templari formavano un gruppo reale, che tuttavia desiderava soltanto servire la Chiesa; il re di Francia che li accusò di adorare Satana era mosso semplicemente a necessità finanziarie o da bramosia di denaro. Le cosiddette streghe, d’altra parte, non rappresentavano un gruppo reale; è questo un caso in cui il mito creò, nell’immaginazione dei persecutori e del popolo, una pericolosa organizzazione che in realtà non esisteva affatto. Le modalità esatte di questo processo costituiscono un problema che ha ancora bisogno di attenta indagine. Quanto agli ebrei, il mito ha influito sul loro destino in svariate epoche e in modi diversi. Gruppo reale se ve n’era uno, essi non furono considerati tuttavia come gruppo pericoloso fino al’XI secolo, quando la Chiesa si trovò direttamente minacciata dall’eresia.  A questo punto il mito fu applicato loro, e gradualmente li trasformò inj un gruppo di paria.  Parecchi secoli dopo, mentre essi stavano uscendo da questa situazione per ridiventare soggetti partecipi de corso della vita europea, il mito fu usato ancora come un mezzo per rigettarli indietro.
È una storia curiosamente complessa, ma almeno una generalizzazione pare lecita: per circa nove secoli della storia europea, accusare qualcuno di essere un servitore di Satana fu un modo assai efficace per liberare enormi potenziali di odio, e per rendere la gente capace di patrocinare assassinii in una determinata direzione, e di impegnarvisi senza scrupoli di coscienza.»

Di fronte a questa pagina di prosa, non possiamo astenerci dal fare alcune osservazioni sia di merito, che di metodo.
Primo: non è vero che, nell’alto Medioevo, i rapporti fra Cristiani ed Ebrei fossero perfettamente sereni, se non addirittura idilliaci. O meglio: l’aggressività ed il rancore anticristiano, che Cohn attribuisce agli Ebrei solo molto più tardi e come effetto delle persecuzioni da essi subite, esistevano fin dall’inizio.
Fin dai tempi di Nerone, gli Ebrei, sfruttando le loro conoscenze altolocate negli ambienti di corte dell’Impero Romano, fecero del loro meglio per scatenare i rigori della legge contro i loro “rivali” cristiani, non risparmiando né le calunnie, né la potenza finanziaria di cui disponevano, per raggiungere il loro scopo. Né, dopo la caduta dell’Impero Romano, essi modificarono il loro atteggiamento: ovunque li troviamo agire come una quinta colonna anticristiana, in particolare all’epoca dell’invasione islamica della Palestina e dell’Egitto, nella prima metà del VII secolo; e, poi, in quella del Nordafrica e della Penisola Iberica, tra la fine di quel secolo e l’inizio del successivo.
Punto secondo: i processi contro ebrei ritenuti responsabili di crimini rituali, come l’assassinio di bambini cristiani (ad esempio il processo di Trento del 1475), rimasero una cosa ben distinta dai processi per stregoneria intentati a carico di streghe e stregoni non ebrei, ritenuti adoratori del Demonio. Né l’opinione pubblica europea, né le persone colte che si occuparono di questi due rami, chiamiamoli così, della giustizia penale dell’epoca, ritennero, in generale, che gli Ebrei fossero adoratori del Diavolo; e neppure che i cultori della magia nera (in grande maggioranza di sesso femminile) fossero, automaticamente, di razza o religione ebraica.
Punto terzo: gli Ebrei d’Europa non divennero estranei, rispetto alla società cristiana in cui vivevano, a partire dal XII secolo, ma lo furono da molto prima, anzi, come si è visto, fin dall’inizio; e l’accostamento con le persecuzioni contro gli eretici è pretestuoso, anche perché queste ultime non iniziarono verso il 1100, come afferma Cohn, ma, anch’esse, fin da quando l’Impero Romano divenne cristiano. Priscilliano, vescovo spagnolo di Avila, venne giustiziato a Treviri nel 385 per eresia; monofisiti, donatisti, circumcellioni, ariani e molti altri, vennero perseguitati secoli prima dei bogomili e dei catari.
Punto quarto: il Cohn riconosce che gli Ebrei, nell’attività bancaria, nella sfera della politica radicale e in quella del giornalismo, raggiunsero, nel corso del XIX secolo, un peso del tutto sproporzionato al loro numero; ma, poi, presenta le idee di Des Mousseausx, basate sull’idea di un complotto ebraico per dominare, appunto, le banche, la stampa e i partiti politici, più o meno come il delirio di uno squilibrato. Ciò non è coerente e non è intellettualmente onesto. Bisogna decidersi: o quelle posizioni chiave detenute dagli Ebrei nella finanza, nella stampa e nella politica erano un fatto reale, o non lo erano; se lo erano, come il Cohn riconosce, allora non si dovrebbe liquidare l’ipotesi del complotto come del tutto assurda e campata per aria, ma, quanto meno, prenderla in esame come una possibile e seria ipotesi di lavoro.
Punto quinto: Sergej Nilus, che Cohn definisce «uno pseudomistico russo mezzo pazzo», fu, in realtà, una persona colta: laureato in legge all’Università di Mosca, esercitò la magistratura in Transcaucasia prima di subire una profonda conversione religiosa, in seguito a una malattia e al rapporto personale con San Giovanni Kronstadt. Fra le sue opere di carattere religioso ed edificante, si annovera l’edizione dei «Dialoghi di San Serafino di Sarov con Nicholas Alexandrovic Motovilov» che è stato uno dei testi ortodossi più letti dell’età moderna. Senza voler qui entrare nel merito dei «Protocolli dei Savi di Sion», da lui inseriti come ultimo capitolo del suo libro «Il Grande all’interno del Piccolo e Anticristo, una imminente possibilità politica. Note di un credente ortodosso» (1905) - che riflette l’intensa spiritualità dell’ambiente degli “starez” russi frequentati dall’Autore, e di cui è figura emblematica lo Zosima de «I fratelli Karamazov» di Dostoevskij -, ci sembra che  le espressioni adoperate dal Cohn tradiscano un atteggiamento poco obiettivo e poco scientifico.
Punto sesto: per Cohn, le sette ereticali rappresentavano dei gruppi reali potenzialmente pericolosi per i poteri costituiti; mentre le streghe del Rinascimento e del Seicento non lo erano, nel senso che non esisteva alcuna organizzazione ad esse riconducibile (tipico esempio di un ragionamento in cui la conclusione è maggiore della premessa), né lo erano gli Ebrei; anche se, significativamente, egli ammette che essi «erano un gruppo reale se mai ve n’era uno». Gruppo reale, dunque, ma non “pericoloso”, nemmeno potenzialmente: anche se egli ammette che, nei pochi anni che seguirono alla loro emancipazione giuridica nel XIX secolo, erano riusciti ad esercitare un controllo strategico sulla finanza, sulla politica e sull’informazione di gran parte dell’Europa.
Punto settimo: il mito creato attorno alle streghe dapprima, agli Ebrei poi, avrebbe determinato il tragico destino di queste due categorie di esseri umani; e, per limitarci a questi ultimi, si sarebbe trattato di una sorta di cospirazione globale ai loro danni, opposta e speculare rispetto a quella di cui erano accusati.
La conclusione del ragionamento di Norman Cohn: «per circa nove secoli della storia europea, accusare qualcuno di essere un servitore di Satana fu un modo assai efficace per liberare enormi potenziali di odio, e per rendere la gente capace di patrocinare assassinii in una determinata direzione, e di impegnarvisi senza scrupoli di coscienza», presuppone, infatti, che vi fosse qualcuno interessato a liberare tali enormi potenziali di odio.
Altrimenti, cadremmo nell’assurdo di ammettere che un mito negativo sia nato per caso, che per caso si sia diffuso ai quattro angoli dell’Europa, che per caso sia sopravvissuto e si sia, anzi, rafforzato, nell’arco di ben nove secoli; che sia stato condiviso da tutte le nazioni europee e da molte extraeuropee, nonché, in varia misura, da tutte le classi sociali; che «il basso clero» cattolico (come lui lo definisce), a dispetto delle energiche proteste di papi e imperatori, vi si sia intestardito e abbia perseverato in esso, contro ogni evidenza e contro ogni ragionevolezza.
Potremmo aggiungere che figure nobilissime e tutt’altro che imputabili di fanatismo o mancanza di coscienza, come il francescano Massimiliano Kolbe, erano fermamente convinte che le basi dell’antisemitismo religioso e culturale (non quello biologico dei nazisti) fossero tutt’altro che campate in aria, come risulta dalla lettura del suo giornale; e che egli stesso era convinto della autenticità dei «Protocolli dei savi Anziani di Sion», nonché della alleanza strategica stabilitasi tra Giudaismo internazionale e Massoneria.
Come riporta Maurizio Blondet (in Effedieffe del 09/05/2007), per padre Kolbe:

 «Una parte del popolo ebreo riconobbe in lui [Gesù Cristo] il Messia, gli altri, soprattutto i superbi farisei, non vollero riconoscerlo; essi perseguitarono i suoi seguaci e diedero il via ad un gran numero di leggi che obbligavano gli ebrei a perseguitare i cristiani.
Queste leggi, insieme a narrazioni e ad appendici, verso il 500 dopo Cristo formarono il loro libro sacro, il Talmud.
In questo libro, i cristiani vengono chiamati: idolatri, peggiori dei turchi, omicidi, libertini, impuri, sterco, animali in forma umana, peggiori degli animali, figli del diavolo, ecc.
I sacerdoti vengono  chiamati indovini e teste pelate [...].
La Chiesa (viene chiamata) casa di scempiaggine e di sporcizia.
Le immagini sacre, le medagliette, i rosari, sono chiamati idoli.
Nel Talmud, le domeniche e le feste vengono denominate giorni di perdizione.
In questo libro si insegna, inoltre, che ad un ebreo è permesso ingannare e derubare un cristiano, poiché tutti i beni dei cristiani - vi è scritto - 'sono come il deserto: il primo che li prende, ne diviene il padrone'.
Quest'opera, che raccoglie dodici volumi e che ispira odio contro Cristo e i cristiani, viene considerata da questi farisei un libro sacro, più importante della Sacra Scrittura».

Insomma, per nove secoli tutto il mondo cristiano è stato preda di una inspiegabile superstizione o, peggio, di un vasto, premeditato, tenacissimo disegno criminale, dall’Inghilterra alla Romania, dalla Spagna alla Russia: spargere calunnie aberranti sul popolo ebreo e sulla sua religione, i cui tristi frutti sarebbero culminati nella «soluzione finale» hitleriana.
Può anche darsi che le cose siano andate così.
Ma allora non basta parlare di miti aberranti nati dal nulla e di sistematica mancanza di senso morale mostrata da tutti i popoli del nostro continente.
Insomma, bisogna argomentare e cercar di capire come sia potuta accadere una cosa del genere, che, a dir poco, ha dello straordinario.
Ed è politicamente scorretto far notare che nemmeno l’opinione pubblica ebraica, nel suo complesso, sembra oggi particolarmente sensibile agli scrupoli di coscienza, mentre vengono patrocinati gli assassinii sistematici ai anni del popolo palestinese?