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Sarahawi, lottare con le immagini

di Alessandro Ingaria - 20/04/2010






Un documentario composto da brevi registrazioni effettuate dai sarahawi con mezzi di fortuna, telefonini e macchine digitali, nei territori occupati vietati agli osservatori internazionali e ai giornalisti.



Un incontro conferenza per conoscere i saharawi. Il museo del cinema di Torino, con la collaborazione del Teatro Stabile, in occasione della rassegna dedicata ai film di Mario Martone, ha organizzato una conferenza e un'anteprima del video "Vedere l'occupazione".

L'incontro era incentrato su questo popolo, che vive diviso tra i territori occupati del Sahara Occidentale marocchino e i campi profughi ubicati nel deserto algerino. Oltre al regista napoletano e al fotografo Patrizio Esposito, hanno partecipato Fatima Mahfud, rappresentante diplomatica del Fronte Polisario a Ginevra e Giovanni De Luna, storico ed accademico dell'Università di Torino. Nel corso della serata è stato proiettato il cortometraggio "Una storia saharawi", realizzato nel 1996 da Mario Martone nei campi profughi, e l'anteprima di "Vedere l'occupazione". Questo documentario, a cura di Patrizio Esposito, è composto da brevi riprese effettuate dai sarahawi con mezzi di fortuna nei territori occupati preclusi agli osservatori internazionali e ai giornalisti. Estratti video di denuncia con cui vogliono comunicare al mondo quello che sta accadendo nelle città del Sahara occidentale e nelle carceri.

Una storia saharawi. Un atto di innamoramento per il popolo sarahawi da parte di Mario Martone "nel 1996 sono andato per girare un breve film nei territori occupati e la loro storia mi ha colpito, allora sognavo di poter tornare dopo 15 anni per poter realizzare un vero film sulla vicenda sarahawi e ancora ci sto pensando".

L'archivio della guerra. Di taglio storico l'intervento di Giovanni De Luna che si sofferma sulla lotta tra l'esercito marocchino e il fronte Polisario, interrotto da una tregua sin dal 1991: "Un conflitto pulito, per quello che può essere pulita una guerra ....nel contesto di guerre che si sono sempre più caratterizzate come attacchi ai civili, dove le vittime civili sono aumentate in termini esponenziali nel corso del post novecento e post guerra fredda. Civili tutelati dalle modalità di impiego delle forze armate del Polisario, totalmente collegate alle convenzioni di Ginevra. La particolarità in assoluto di questo conflitto è il cosiddetto museo della guerra, un archivio storico costruito da reperti che i soldati del fronte Polisario recuperavano sulle vittime marocchine alla fine degli scontri, al momento del ritiro delle truppe del re. I sarahawi si occupavano di seppellire i morti marocchini, togliendogli gli effetti personali. In questi oggetti è il mondo della quotidianità di quei soldati, istantanee e fotografie di mogli, figli, momenti ludici e momenti di vacanza, con poche scene di guerra. Una quotidianità imprigionata in quel momento. Si parla di 70 mila fotografie, un archivio enorme. Fotografie che servono a tenere in vita il nemico, a certificarne un'esistenza di quel nemico. Un'esistenza negata dal governo marocchino secondo cui quella guerra non è mai esistita. Un archivio che si pone come uno straordinario ponte per il dialogo con le famiglie a cui il governo ha negato la realtà della morte del loro caro.

Vedere l'occupazione. Patrizio Esposito racconta a Peacereporter che oggi le immagini giocano un ruolo centrale nela resistenza dei saharawi nei territori occupati. L'impedimento all'ingresso di giornalisti e osservatori internazionali predisposto dal governo marocchino, ha indotto i sarahawi a procurarsi, in ogni modo, macchine fotografiche e telefoni cellulari per documentare quello che avviene nelle strade e nelle carceri, per poi trasmetterlo al mondo. Un attivista sarahawi, ora incarcerato, aveva dichiarato in un intervista "con poche foto inviate agli organismi internazionali abbiamo ottenuto molto più di quello che altri ottengono con un mucchio di cadaveri", riferendosi al fatto che mai nella sua storia il Polisario abbia eseguito attentati o ritorsioni verso i civili. Per la polizia marocchina la lotta contro il fronte indipendentista è ora il tentativo di oscurare i siti e di sequestrare i mezzi di registrazione video, al punto tale che un dirigente dei servizi segreti marocchini ha dichiarato "la battaglia è sul web, è in questo campo che dobbiamo battere il Fronte Polisario".

Il Marocco e il Minurso. "Il Marocco non vuole nessuna soluzione. Vuole tenere 160 mila soldati lungo il muro del Sahara Occidentale e relegare fuori dai confini i profughi saharawi. L'intervento della missione dell'Onu è priva di mandato sui diritti umani; se i caschi blu si trovano di fronte a una violenza si voltano letteralmente dall'altra parte per non vedere - racconta a Peacereporter Fatima Mahfud, che aggiunge - sin dal principio la Francia si è opposta all'estensione del mandato delle Nazioni Unite ".