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Troia? Cerchiamola in Anatolia

di Elena Colombari - 29/04/2010

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L’ittitologia si arricchisce dei recenti studi di Ernesto Roli.
Questi studi su un argomento così poco noto, aprono nuove e interessanti prospettive sulla scomparsa degli Ittiti, di questo antichissimo popolo anatolico, legandolo inequivocabilmente alla omerica guerra di Troia.
Lo studio del Roli, infatti, getta qualche sprazzo di luce su una regione poco studiata e su una parte di storia poco nota; quella che abbraccia il periodo che va dalla fine del XIII sec. agli inizi del XII sec. a. C.. In questo spazio di tempo, secondo lo studioso, sono da collocarsi avvenimenti storici importantissimi, che sono da considerarsi la causa delle principali trasformazioni politiche del mondo antico. Questi avvenimenti, oltre la caduta di Creta e di Micene, sono essenzialmente il crollo dell’impero ittita, con la la distruzione della sua capitale Hattusa e la migrazione dei così detti “Popoli del Mare”, che arrivano a minacciare persino l’Egitto. In questi ultimi episodi il Roli ravvisa la vera guerra di Troia, cantata in seguito da Omero nei suoi poemi. Nocciolo dello studio del Roli è, in effetti, la questione di che cosa si debba realmente intendere con Troia.
Per capire meglio il problema abbiamo chiesto al nostro ricercatore di rivelarci il contenuto dei suoi studi.
Come è arrivato ad individuare nella Hattusa degli Ittiti la Troia Omerica?
Il progredire dell’archeologia anatolica e in particolare di quella ittita in questi ultimi tempi, con scoperte sorprendenti e rivoluzionarie, sta orientando gli storici e gli archeologi a prendere seriamente in considerazione il fatto che le vicende narrate da Omero nel suo poema Ilias, trovino conferma nelle fonti ittite e siano realmente accadute in Anatolia agli inizi del XII sec a.C. in accordo con la tradizione greca. I testi ittiti, micenei, assiri, ugariti ed egiziani, hanno offerto una serie di elementi che oramai aspettano solo di essere coordinati per fornire un quadro unico che possa essere utile a ricostruire gli elementi base ai quali può essersi ispirato Omero per i suoi poemi. La nostra ricerca ha il merito di aver ordinato questi dati e di aver individuato in determinati avvenimenti la vera guerra troiana che noi chiamiamo Prima Guerra di Troia.
Molti storici oggi nutrono seri dubbi sul fatto che la città scoperta da Schliemann sia effettivamente la Troia omerica. Ilios, infatti, non corrisponde alla descrizione che Omero ci dà della città: grande, opulenta, circondata da possenti mura e capitale di un vasto impero. Occorre quindi dare nuove risposte a queste palesi incongruenze archeologiche.
Per fare ciò, bisogna indagare se nei poemi omerici esista o no quel “nucleo storico” di cui tanto si parla tra gli studiosi e in che cosa consista. In poche parole bisogna vedere se i poemi omerici contengono una parvenza di storicità, al fine di poter affermare che non tutto è invenzione del poeta greco. Questo nucleo storico è stato ipotizzato da alcuni e respinto decisamente da altri. Questi ultimi hanno affermato, infatti, che i poemi omerici non sono altro che il frutto della fantasia di Omero.
Noi pensiamo invece che nei poemi omerici esiste, in effetti, questo “nucleo storico” e che esso vada ricercato nella storia egeo-anatolica degli ultimi decenni del XIII sec. e dei primi decenni del XII sec.
Può descriverci questo “nucleo storico” e lo scenario descritto da Omero nell’Iliade?
Tra il 2200 e il 1800 popolazioni indoeuropee penetrano sia in Asia Minore che in Grecia. Sono principalmente gli Ittiti, i Luviti, i Pelasgi e gli Elleni. In Grecia sorgono la civiltà cicladica, quella cretese e poi quella micenea, mentre in Anatolia sorge a partire dal 1800 la civiltà ittita. Gli Ittiti costituiscono in questa regione il più vasto impero del II millennio a. C. della storia antica. La sua capitale è Hattusa, grande, enorme, con mura alte e possenti, con torri e porte con leoni. La più grande città di tutta l’Anatolia. Costruita sull’altipiano anatolico, a più di 1100 m. di altezza dove in inverno fa molto freddo. Si trova tra due grandi fiumi e ai piedi di un alto monte, sempre innevato.
L’impero si espande verso la Mesopotamia e a sud arriva a scontrarsi con l’Egitto. Verso la fine del XIII sec., gli Ittiti si scontrano ad occidente dell’Anatolia con una serie di stati e città situati sulla costa egea e nelle isole, detti nei testi, Lukka. Assuwa, Ahhijawa, Vilusa, Arzawa, Paese del Fiume Seka e altri. Questi stati per opporsi all’impero si organizzano in una grande coalizione, detta appunto Coalizione Occidentale. Uno dei principali stati della coalizione è Arzawa, che comprende la città di Vilusa. Uno dei suoi re ha il nome di Alaksandus. Il nome è suggestivo perché ricorda quello di Paride, principe troiano. Non dobbiamo comunque pensare che questo Alaksandus sia proprio il Paride omerico, perchè le date dell’uno e dell’altro non coincidono. Tuttavia è sintomatico che in Anatolia esista documentato da fonti ittite questo antroponimo, a dimostrazione che l’humus dei poemi omerici sia tratto dalla storia ittita. Un altro elemento deve aggiungersi a dimostrazione che gli avvenimenti omerici si svolgono in Anatolia. Il nome di Arzawa in egiz. è detto Irtw. Facendo una possibile lettura comune della parola, si può ottenere Artia – Ortia, che in bocca greca e con la metatesi, ci rende Troie - Troia.
Intorno al 1190 l’ultimo re di Hattusa, Suppiluliumas, per tentare di rompere la Coalizione, conquista una località, da noi posta sulla costa egea, chiamata Alasia. Poi tutto tace. Hattusa è distrutta. Il seguito della storia ce la raccontano gli Egiziani di Ramses III sul Medinet Habu. I Popoli del Mare, lui chiama cosi i membri della Coalizione, riconquistano Alasia, penetrano nel cuore dell’Anatolia e distruggono Hattusa. Viene spontaneo pensare che, in sintesi, questi avvenimenti riassumano la trama dell’ Iliade. Proseguiamo con i fatti. Alcuni Popoli del Mare scendono in Cilicia, in Mesopotamia e in Siria e tentano di invadere l’Egitto. Ramses III però li respinge alle frontiere orientali, poi distrugge la loro flotta sul Delta del Nilo. Pertanto sono costretti a rifugiarsi in Palestina. Sono i Peleset, che danno il nome alla Palestina, e i Sekeri, dal Paese del Fiume Seka in Anatolia (la Scheria omerica come si vedrà).
Contemporaneamente altri popoli arrivano per mare in Libia. Un’ altra direttiva dei Popoli del Mare tenta di invadere l’Assiria, ma i re assiri li respingono. I Dardani e i Migdoni, tuttavia, riescono a sistemarsi nella regione. Facciamo un bilancio della situazione.
Tutte le cittadelle anatoliche e siriane vengono distrutte. La civiltà cretese è distrutta; tutta la civiltà micenea sino in Epiro e in Macedonia è distrutta. Popoli anatolici li troviamo nei Balcani, sono i Misi e i Dardani (sono citati da Erodoto e da Strabone). In Italia arrivano popoli nuovi da tre direzioni. Dal sud attraverso il mare; sono gli Shardana e i Tursa. Altri arrivano attraverso il canale d’Otranto; sono i Dauni. Altri arrivano attraverso le Alpi: sono i protocelti. Le civiltà del Bronzo Tardo in Italia sono distrutte: le Terramare padane, la Civiltà Appenninica, e le cittadelle eoliche e siciliane.
Successivamente la Cultura dei Campi d’Urne o Lusaziana centroeuropea, si espande. E’ ipotizzabile che genti anatoliche e balcaniche siano rifluite verso nord e abbiano causato la rottura degli equilibri centro europei. I Misi e i Dardani sono solo ciò che la storia ha registrato. Immaginiamoci il resto. Di conseguenza arrivano i Celti in Spagna, nelle Gallie e in Britannia. I Latini e Veneti penetrano in Italia, gli Illiri e i Dori penetrano in Grecia e nei Balcani, gli Indoiranici e i Tocari dall’Ucraina si dirigono in oriente, lasciando i Cimmeri sul Mar Nero. I Campi d’Urne penetrano nell’area scandinava. Qui, solo ora, (fine Bronzo Medio, 1100), sorgono i grandi tumuli di impronta micenea (Kivik) e nascono le incisioni rupestri di tipo “miceneo”. Genti di cultura micenea possono essere rifluite nel nord.
Questo quadro catastrofico avviene per la prima volta nella storia dell’umanità. Tre continenti sono sconvolti completamente: l’Asia, l’Africa e l’Europa.
L’ epicentro di tutto ciò è l’Anatolia con la sua capitale Hattusa. Come vogliamo chiamarla questa guerra? La risposta è unica: Guerra di Troia. Prima guerra di Troia, in perfetto accordo con la data tradizionale (1180).
Bisogna rilevare inoltre che i testi egiziani usano il termine “Popoli del Mare” che corrisponde in maniera perfetta con la coalizione degli alleati degli Achei, che con le loro flotte hanno navigato contro Troia.
Secondo la sua teoria sono esistite due guerre di Troia. Quando avviene la seconda?
Quando la situazione si è relativamente stabilizzata, gli Elleni cominciano ad emigrare (1000). I Dori occupano Creta e le isole, compresa Rodi e la parte meridionale dell’A.M.. Gli Ioni occupano la parte centrale dell’A. M., mentre gli Eoli occupano la parte settentrionale dell’A. M.. Qui gli Eoli, che hanno in Achille il loro eroe, si scontrano con una città anatolica, l’antica Vilusa. La occupano e la distruggono nel 980 circa, quindi due secoli dopo Hattusa, poi la ricostruiscono. Gli Scavi del Korfmann hanno dimostrato l’esistenza della città greca ai piedi della famosa acropoli di Ilios. In fin dei conti è una modesta guerra.
Omero è perfettamente a conoscenza dell’esistenza di queste due guerre, di fatto molto ben documentate dall’archeologia.
Omero quindi fonde insieme le due guerre! E come nascono i poemi omerici?
Quando gli Ittiti fuggono dall’Anatolia, incalzati dai Popoli del Mare, una parte di loro si rifugia in Cilicia e in Siria dove danno origine ai c. d. regni neoittiti. Uno di questi Adana, ora Karatepe in Cilicia, è il più probabile erede dell’archivio ittita. Qui convivono tre culture: quella ittito - luvia, quella greca e quella assiro - aramaica. Una città importante nel IX sec.. Ebbene uno studioso austriaco, Raoul Schrott, ha fatto rilevare che qui esistevano degli scribi assiri, detti ben omerim. Noi sappiamo che Omero in greco non significa nulla; anzi i Greci non sapevano nemmeno dove era nato. Pertanto i Greci d’A. M. si rivolgono ad uno di questi omerim e gli chiedono di cantare la loro guerra, quella contro Vilusa - Ilios. Questo omerim accetta, prende tutto il bagaglio storico anatolico, orale o in tavolette, arruola gli Ahhijawa tra i Greci (Achei), si ispira alla letteratura mesopotamica, diffusa dagli Assiri, incarica scribi greci a stendere materialmente l’opera, mette un pizzico di fantasia ed ecco l’Iliade e l’Odissea.
La Seconda Guerra di Troia, ancora poco nota, ma che comincia a delinearsi solo ora, dati i recenti scavi archeologici a Ilios, fornisce ad Omero lo spunto per glorificare la nascente potenza greca, assommando nel suo poema due città e due guerre. La prima è quella reale, quella vera, quella di grande portata (Troia - Hattusa, 1180), la seconda è quella modesta e occasionale, di poco conto (Ilios, 980), sapientemente fuse insieme da Omero a scopo propagandistico, per esaltare le gesta dei coloni eolici.
Lo Schrott, a dimostrazione della dipendenza di Omero dalla letteratura mesopotamica, cita gli studi di Walter Burkert, il quale dimostra l’assoluta uguaglianza tra episodi dell’Iliade ed analoghi episodi del poema L’epopea di Gilgames.
Facciamo notare inoltre che il nome del poema omerico è Ilias, non Troias. E’ vero che Omero non fa distinzione tra i due nomi, ma è sintomatico che la geografia ittita parla di Vilusa come città e di Arzawa come stato e che la geografia postomerica in Anatolia parla di Ilios, come citta e della Troade come regione, coerentemente con la nostra ricerca (Vilusa - Arzawa) e l’opinione di tutti gli storici. Omero eredita solo nomi ittito - luvi.
Una guerra che ha coinvolto popoli, continenti, distrutto civiltà intere e città è stata paragonata ad una vicenda da Far West e di Troia è stato detto che: “ in base alle descrizioni di Omero, le mura di Troia appaiono alla stregua di una rustica palizzata di tronchi e pietre; insomma più che le poderose fortificazioni micenee, esse ricordano gli arcaici recinti in legno degli insediamenti nordici.”
Siamo rimasti sconcertati da simili affermazioni. Ilios ha recinti in legno? Quando Omero dice ciò? E’ la città dalle possenti mura. “Dalle belle mura”, “Dalle belle torri”. “Dalle porte maestose”, “Grande città”, “Città vasta “, “Ben costruita”, ecc. Bisogna rendersi conto che Omero sta descrivendo in realtà Hattusa, non certo Ilios, ne tantomeno una burg nordica. Secondo la tradizione, infatti, le mura di Troia furono costruite da Poseidone, da Apollo e dal mortale Eaco, punto debole della città.
In realtà A. Romualdi nella sua “Religiosità indoeuropea” (pag. 51), parla di palizzate a protezione del campo acheo.
L’ autore della teoria di cui sopra, deve inoltre ridurre gli anni della guerra da dieci ad uno, poi deve eliminare il famoso cavallo, perché altrimenti non può giustificare un assedio di dieci anni per conquistare una palizzata. Deve poi anticipare la guerra al XVIII sec. e porla così in un periodo “arcaico” e non di “civilizzazione”, altrimenti non gli tornano i conti con la migrazione dei suoi “Achei” e l’inizio della civiltà micenea. Sono affermazioni che investono solo la sua responsabilità.
Hattusa è una città che sorge al centro dell’altipiano anatolico a 1100 m. di altezza. Qui in inverno fa molto freddo e ciò spiega le espressioni omeriche sul clima e il vestiario dei guerrieri achei e troiani. A pochi chilometri da essa scorrono i piu grandi fiumi anatolici, la cui morfologia è esattamente quella descritta da Omero. Essi si congiungono in un punto, esattamente dove Omero lo pone (Il. V, 774). Essi sono lo Scamandro e il Simoennta
Gli Ittiti ci hanno lasciato il nome del più grande dei due, il Marassanta. Questo nome in bocca greca suona Xantos, che è l’altro nome dello Scamandro, mentere il Simoenta è il Cappadox. Poco distante da Hattusa si erge una montagna sempre innevata di oltre 2000 m. E’ il monte Ida.
Lei ha parlato di una prova decisiva per la collocazione di Troia in Anatolia. Qual è?
Fonti ittite parlano di un pirata avventuriero che con le sue navi compie scorrerie sulle coste egee, depreda città prendendo ostaggi. E’ un personaggio ricercato da diverse polizie degli stati costieri, compresi gli Ittiti. Le fonti lo definiscono “signore” degli Ahhijawa, Il suo nome è Attarissijas, che poi diventa Attarsias e Atarsijas. E’ evidente che in bocca greca diventerà: Odysseus.
Cosa può dirci in conclusione?
A questo punto noi abbiamo la più grande città dell’Anatolia, con mura, porte, rocca, torri; abbiamo due grandi fiumi che si congiungono e un alto monte (Ida). Abbiamo gli Ahhijawa, Alaksandus, Vilusa (Ilios), Troia, i Danai, i Dardani, i Lukka, la Scheria, la Grande Coalizione, i Popoli del Mare, Tavagalavas (Eteocle) e Attarsijas (Ulisse) che sono re degli Ahhijawa. Abbiamo il movente che è il possesso di Alasia; abbiamo i contendenti, che sono i Luviti contro gli Ittiti, nella prima guerra e i Greci contro i Luviti, nella seconda. Ad Ilios è stato trovato un sigillo luvita che dimostra che è la Vilusa ittita.
Abbiamo le testimonianze di Micenei, Ittiti, Ugariti, Assiri ed Egiziani. Prove storiche, geografiche ed archeologiche. Prove concrete ed inconfutabili, non ipotesi fantasiose. Ma che altro vogliamo.
In questa maniera il Roli conferma che lo scenario bellico troiano della tradizione omerico-virgiliana è prettamente egeo-anatolico.
 

ERNESTO ROLI:
“LA CADUTA DELL’ IMPERO ITTITA E LA GUERRA DI TROIA – OMERO NELL’ EGEO”.
“PALOMBI EDITORI”, VIA Gregorio VII, 224 (00165) ROMA. Tel. 06/636970.
 ROMA, MARZO 2005.
E’ in preparazione la seconda edizione riveduta e corretta.