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Alpitrek: il lusso della libertà, lontano dagli sprechi

di Mauro Ferraris - 02/06/2010

Fonte: libreidee

La frugalità? Non è più una virtù, è stata sostituita dallo spreco: che è comodo e crea profitto. Mangiare, bere, dormire in un letto: poco importa se il prezzo è alto. Rinunciare a tutto questo? «Un lusso estremo», quello della «frugalità per scelta, non per dannazione». Al punto che «parlare di frugalità diventa, per questo, signorilità assoluta». Parole di un filosofo? In un certo senso: ma, anziché parlare dalla cattedra, in questo caso il filosofo pratica. Lo fa da più di trent’anni, sulle Alpi, a cavallo, alla guida della strana tribù dell’Alpitrek, eresia libertaria allo stato puro: per abitare spazi aperti, fra terra e cielo.

La prima scuola di equitazione alpina italiana, dedicata ai cavalieri che vogliono sperimentare l’emozione dell’assoluto – pioggia o neve, non alpitrek 8importa – è una brigata di compagni a prova di ghiacciaio, spinti da un’irresistibile tensione etica ed estetica, secondo le regole comunitarie ispirate alla vita degli Indiani d’America e tradotte in Italia da Mauro Ferraris, cavaliere-filosofo accampato sulle montagne torinesi, da cui la sua creatura, l’Alpitrek, impartisce stage e lezioni avanzate, basate soprattutto sulla pratica: il cavallo in montagna come potentissimo medium, per insegnare ai bipedi a rispettare la natura, imparando innanzitutto a conoscere se stessi.

Gli Indiani d’America, ma non solo: anche la grande scuola italiana di equitazione militare, dalle imprese del capitano Federico Caprilli alla cavalleria sabauda della Venaria Reale, fino all’artiglieria da montagna, trainata dai muli degli alpini. O altri quadrupedri, da terre lontane: i cavalli delle Giubbe Rosse canadesi e quelli, guerrieri e liberi, dei Mongoli di Gengis Khan. Finestre equestri dal mondo, che si aprono sfogliando on line i Quaderni dell’Alpitrek, la rivista periodica con cui la tribù di Ferraris condivide col pubblico le sue esplorazioni. Tutte storie che raccontano “l’umana Toro Seduto e James Walshavventura”: come quella del maggiore Walsh, che divenne amico del leggendario Toro Seduto, o la grande impresa dei “figli del vento”, i signori asiatici delle steppe.

Proprio ai Mongoli è dedicato il lungo reportage di viaggio di Paola Giacomini, istruttrice dell’Alpitrek, fra storia e mito dei cavalieri mongoli: «I nemici ai confini dell’Impero temono i Mongoli come l’Inondazione e l’Uragano. Non è detto che arrivino ma può sempre succedere. Allora tremano: si trovano avvolti da potenti ondate di cavalleria e arcieri a cavallo che vanno a coprire affiancati decine di chilometri all’intorno e gli si stringono addosso sempre in movimento, in velocità, sempre all’attacco con precisione. Grandi sono i alpitrek 3 mongoli 2mongoli ma piccoli i loro cavalli, così che nell’erba di fine inverno un cavaliere al galoppo può comparire solo all’ultimo istante, se desidera sorprendere». Ancora oggi, «arrivano dal nulla e svaniscono nel nulla».

Dall’Asia centrale allo splendore del Nord America: intensamente lirico il reportage firmato da Andrea Mischianti e splendidamente fotografato dalla sua compagna, l’ex attrice Natalia Estrada, ora convertita alla wilderness più estrema. «Una tempesta sta arrivando dal Canada. La vediamo dalla vecchia baita in mezzo al sagebrush, ci viene addosso con furia e rumore. Vento da Nord, grandine. Gli alberi si piegano e gemono forte. Siamo soli in mezzo a questa pianura circondata dalle montagne. Natalia vuole fotografare la tempesta. Io vorrei solo tornare alla base». Una mandria di bisonti fila via a testa bassa verso il fiume, cercando riparo nel canyon: nessun uccello in Alpitrek 1 foto di Natalia Estradacielo, ad un tratto è buio. «Mai visti tanti fulmini in vita mia. I tuoni mi fanno sbattere i denti».

Natalia Estrada è lì con la sua Nikon, non arretra: «Penso che un fulmine ci ammazzerà di sicuro. Lei scatta e ogni tanto mi guarda», annota Andrea. «C’è un altro temerario in giro. Un bisonte, un grosso maschio solitario e più matto di noi. Rimane lì con la schiena verso la fine del mondo e lascia il suo naso sul pascolo». Pioggia fredda, grandine. E’ Alpitrek, anche nel cuore del West. «Il mio coltello – scrive Andrea – è un green river, me l’ha regalato Mauro. Questo vecchio pezzo di ferro e palco di cervo mi ha accompagnato attraverso tutto il Nord America selvaggio e a casa, in Italia e poi in Spagna e alpitrek 2 mongoli 1in Austria e in un sacco di altri posti dove un dannato cittadino non metterebbe mai piede».

L’avventura continua, tra lupi, aquile e grizzly. «Antilopi sulla strada.Tramonto straordinario». E’ tempo di tornare: «Ci aspetta un campo sulle Alpi Francesi con il Centro sperimentale di equitazione alpina di Mauro Ferraris, l’Alpitrek, insomma. Una settimana accampati con le tende accanto al fiume, insieme ad i nostri cavalli, pronti a scalare le montagne». I tremila metri dello Chaberton, per la precisione: prossima meta della tribù meticcia e internazionale delle Alpi piemontesi. Se ne parla nella rivista on line, che offre notizie per appassionati (dalla ferratura da trekking alla circolazione a cavallo sulle strade) nonché altre storie, umili e struggenti, come quella di “Giacu”, il montanaro cuneese che si ribellò alla modernità costituendo addirittura una sua solitaria “repubblica”, tra valli e boschi.

(I Quaderni dell’Alpitrek sono on line su www.alpitrek.com. Video: un nuovo servizio sull’Alpitrek è visibile sulla web-tv Alp Channel, www.alpchannel.it, nella sezione on demand liberamente accessibile).