Il 30 e 31 Maggio si sono tenute in Sardegna le elezioni per il rinnovo degli otto Consigli Provinciali. Sorvolando sulla dubbia utilità di queste istituzioni e sulla logora diatriba destra/sinistra (giusto per la cronaca il centrodestra “migliora” il risultato rispetto alle provinciali di cinque anni fa, vinte allora del centrosinistra) il dato politico che emerge con forza è di sicuro il grande risultato di iRS – Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, il movimento sardo fondato sulla non violenza dell’indipendentismo ghandiano, che ha visto raddoppiare i suoi voti, ad appena un anno dalle scorse Regionali (per noi Nazionali), raggiungendo una percentuale media di circa il 5%, con punte in alcuni paesi delle province di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro, addirittura del 25%.

Il successo di questo movimento, che si è presentato in tutte le province sempre col proprio candidato Presidente e quindi marcando la propria distanza dalla diade destra/sinistra, è stato realizzato proprio sulla novità della sua proposta di politica economica, che (unico partito in Sardegna) critica e mette in discussione il dogma dell’industrialismo come principale, se non unico, settore lavorativo e occupazionale.

In Sardegna l’industria è stata portata negli anni ’60, col famigerato “Piano di Rinascita”, che ha significato una pioggia di miliardi pubblici nelle tasche delle famiglie di petrolieri come i Rovelli e i Moratti, che hanno installato fabbriche petrolchimiche di base ad altissimo impatto ambientale e bassissimo valore aggiunto e che oggi, dopo aver causato gravissimi danni ambientali e alla salute di intere comunità, sono in piena crisi economica e occupazionale.

Le voci che allora si levarono contro queste scelte scellerate furono pochissime (e per questo ci piace ricordare l’impegno di uomini valorosi come Eliseo Spiga e Francesco Masala), ma nel tempo la tragica truffa dell’industria petrolchimica è andata via via svelandosi e i sardi stanno rendendosi conto di quale disastro economico, culturale, sociale e ambientale ne è causa diretta. I sardi se ne stanno rendendo conto, è vero, ma i partiti della destra e della sinistra italiana in Sardegna continuano imperterriti ad auspicare e promettere “più industria, più chimica e più edilizia”.

Stesso discorso per la politica energetica, che vede la Sardegna come diretta produttrice (e quindi esportatrice) di più del doppio dell’energia consumata globalmente nell’isola, ma che (oltre a pagarla inspiegabilmente di più del “continente”) ugualmente è oggetto del desiderio per sempre più massicce e invasive installazioni di megatorri eoliche e costruzione di centrali nucleari.

Senza dimenticare che, in questa situazione di “crescita economica”, la Sardegna (24.000 Kmq, in mezzo al Mediterraneo, calda, accogliente e fertile, abitata da appena 1.650.000 persone) importa l’80% di quello che mangia! Mettendo così in ginocchio tutta l’agricoltura, la pesca e l’allevamento locali.

iRS è l’unico partito che abbia messo la sovranità economica, alimentare ed energetica alla base della propria proposta politica che porterà la nostra terra alla sovranità anche giuridica e statuale. E i sardi stanno rispondendo. Sempre più numerosi e convinti della mancanza di futuro di una scelta “sviluppista”, che sta massacrando non solo la Sardegna, ma il mondo intero e addirittura la possibilità di vita sulla terra.

Maurizio Pallante, in un recente incontro a Cagliari con Ornella Demuru, giovane e grintosa Segretària Natzionale di iRS, ha riconosciuto la peculiarità del movimento e le affinità culturali e programmatiche con MDF, e ha “candidato” la Sardegna ad essere un laboratorio politico e pratico di un vero programma per la decrescita e il doposviluppo.

La Sardegna è pronta ad accettare la sfida, e spera di condividere il suo percorso, a partire dai carissimi “cugini” italiani, con i popoli e le nazioni di tutto il mondo che vorranno credere in questa speranza per il futuro. E quindi per adesso: buona decrescita a tutti!