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Attacco all’Euro e smantellamento dell’Unione Europea

di Jean Claude Paye - 02/08/2010

Fonte: italiasociale




Lungi dall’essere l’azione della” mano invisibile del mercato”, la crisi dell’euro è il risultato di una strategia ponderatamente preparata da Christina Rohmer e dal Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca. Si tratta di salvare l’economia statunitense , costringendo i capitali europei a rifugiarsi oltre Atlantico e di proporre l’economia americana della zona euro sotto il controllo degli Stati Uniti attraverso il Fondo Monetario Internazionale(FMI) e l’Unione Europea.
Jean Claude Paye analizza le prime tappe del processo in corso.


La crisi dell’euro è il risultato di una scelta politica delle autorità dell’Unione Europea di mettere come pegno la moneta comune invece di ristrutturare il debito sovrano greco. Tale ristrutturazione avrebbe salvato l’euro ma avrebbe creato spese alle banche che in questa operazione avrebbero perso una parte dei loro creditori. Le istituzioni finanziarie francesi avrebbero circa 50 miliardi di debito ellenico nei loro bilanci, mentre 28 miliardi sarebbero detenuti dalle banche tedesche.
Tuttavia, la salvezza di qualche decina di miliardi di euro delle istituzioni finanziarie, non giustifica una tale presa di rischio. La posta in gioco fondamentale, mettendo pressione sulla moneta comune, è di far pagare la crisi ai salariati e di effettuare così un gigantesco trasferimento di redditi privati(domestici) verso le imprese soprattutto verso le istituzioni finanziarie.

Un’offensiva sotto la direzione statunitense

La proporzione del trasferimento è tale da poter esser pilotato dalle sole istituzioni europee, ma diretto dai mercati e dal loro braccio armato cioè dall’amministrazione statunitense. La crisi dell’euro è scaturita dall’attacco concentrato delle agenzie di rating statunitensi Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch contro il debito della Grecia, della Spagna e del Portogallo. L’abbassamento del rating di questi tre paesi da parte delle agenzie americane, in particolare quelle della Grecia, relegata nella categoria degli investimenti speculativi, è la conseguenza di un’azione concentrata.
L’abbassamento del rating fa seguito ad una serie di decisioni ripetute e ravvicinate. Questi attacchi sono stati appoggiati dall’apparato statale statunitense, specialmente con le dichiarazioni allarmistiche del consigliere economico del presidente Obama, ex presidente della Federal Reserve statunitense Paul Volker, che ha parlato di una futura disintegrazione della zona euro. L’attacco contro l’apparato è solo un pretesto tanto più che si sapeva che“dal 2004 le autorità greche imbrogliavano”e tutto ciò accadeva senza che ci fosse alcuna reazione delle agenzie di rating.

Questa offensiva contro l’euro è inizialmente stata destinata a ricondurre agli Stati Uniti i capitali stranieri necessari alla copertura del deficit crescente della bilancia finanziaria negli USA.
Questo è stato un segnale d’avvertimento a paesi come la Cina che aveva cominciato a riequilibrare le sue riserve in divisa acquistando l’euro a discapito del dollaro.
Per gli Stati Uniti, in effetti, c’era urgenza in materia. Fin dal 2009, il finanziamento dei loro deficit e la difesa del dollaro erano assicurati da un saldo positivo dei flussi finanziari. Ma durante quello stesso anno,se il movimento dei capitali fosse rimasto positivo, loro non sarebbero più riusciti a compensare i loro deficit. Il saldo diventò negativo per un montante di 398 miliardi di dollari. Ad un livello puramente economico,l’offensiva contro l’euro è della stessa portata della lotta contro la frode fiscale, iniziata dal presidente Obama nel 2009. Si tratta di riportare i capitali nel grembo degli USA.

Una operazione di smantellamento della UE

Questa azione tattica si raddoppia in un’operazione strategica, quella di un movimento e quella di smantellamento dell’Unione Europea a profitto di un’unione economica che comprende i due continenti. Il progetto di creazione di un grande mercato transatlantico ne è la manifestazione più visibile. E’ in funzione di questo secondo obiettivo che si può comprendere l’atteggiamento della Germania che sia a livello di lotta contro la frode fiscale, sia a livello di attacco contro l’euro, ha fornito un appoggio all’offensiva statunitense. Questo doppio atteggiamento è coerente con l’impegno privilegiato di questo Stato europeo nella messa in opera di un’unione economica transatlantica.

L’Unione Europea è stata costituita intorno alla Germania e strutturata secondo i suoi interessi. Questo Paese economicamente più competitivo al momento dell’insediamento del mercato comune, ha potuto far giocare pienamente i propri vantaggi economici e comparativi verso zone sfavorevoli senza vincolo politico, senza governo economico, né trasferimenti importanti.
Fino a quest’anno, la zona euro aveva assorbito i tre quarti delle esportazioni tedesche.
La Germania, attraverso le dichiarazioni dei suoi responsabili politici e dei suoi banchieri,così come attraverso l’esibizione ripetuta delle sue esitazioni, ha contribuito all’offensiva contro l’euro.
Per questo stato, i benefici di questa azione sono immediati. Il ribasso della moneta comune permette di aumentare le sue esportazioni fuori della zona euro. Inoltre, questo paese può finanziare i propri deficit al meglio. La crisi e la fuga verso la qualità che essa genera permette alle obbligazioni tedesche di posizionarsi con un tasso d’interesse ridotto.

Se, a termine, la Germania ha dato l’impressione di segare il ramo sul quale sta seduta è perché questa ha deciso di cambiare ramo e vuole integrarsi in un insieme più vasto: il grande mercato transatlantico.
La “costituzione europea” è l’incrocio delle strade. Fino ad ora, questo crocevia ha permesso lo sviluppo permanente della Germania. Questo processo non può più continuare secondo le stesse modalità.
La UE non può uscire dalla crisi senza mettere in piedi un governo economico che gestisca una politica comune di armonizzazione dello sviluppo ed arrivare ad assicurare dei trasferimenti finanziari conseguenti verso i paesi e le regioni sfavoriti.
Questa gestione politica è in completa opposizione con il semplice Patto di stabilità promosso dalla Germania.
La politica di bilancio di diminuzione accelerata dei disavanzi reimpostata in nome di questo patto, viene fatta a discapito del potere d’acquisto delle popolazioni e non può realizzarsi senza una recessione economica. La zona euro non può più essere lo sbocco privilegiato delle esportazioni tedesche. La Germania ha fatto la sua scelta: quella del grande mercato transatlantico e del mercato mondiale.

Una messa sotto tutela del Fondo Monetario Internazionale.

Invece di ristrutturare il debito dei paesi inadempienti, l’Europa ha messo in piedi due fondi d’intervento. L’Eurogroup, formato dai ministri delle finanze della zona euro, ha sviluppato un meccanismo inedito di 750 miliardi di euro di prestiti e di garanzie per venire in aiuto ai paesi della zona euro che avrebbero difficoltà ad ottenere prestiti sui mercati finanziari. Il dispositivo prevede 60 miliardi di prestiti europei garantiti sul bilancio dell’Unione Europea, 440 miliardi di euro di garanzie portate dai paesi membri della zona euro, così come 250 miliardi di euro di prestito del FMI, per un totale di 750 miliardi.
Questo dispositivo di soccorso è previsto per una durata di tre anni.

Quando non vi era alcuna possibilità finanziaria ad assumere l’interezza del fondo, l’Eurogroup ha scelto di legarsi le mani con il Fondo Monetario Internazionale, nel quale gli USA hanno la maggioranza dei diritti di voto. Questo meccanismo di servitù volontaria riproduce amplificandolo, lo schema già costruito per venire in aiuto alla Grecia.
Quest’ultimo programma è per un importo di 110 miliardi di euro, di cui 30 miliardi provengono dal FMI.

Che cosa significa la volontà del Consiglio di accollare al FMI la procedura di messa in opera per venir in aiuto ai paesi della zona euro? Se si considerano le ricette applicate da questa istituzione internazionale a quei paesi ai quali ha accordato prestiti, il modus operandi è sempre lo stesso: imporre un abbassamento del salario diretto e indiretto, la privatizzazione dei servizi pubblici e la soppressione delle politiche sociali. La politica del FMI ha sempre portato ad un impoverimento rilevante dei popoli.

In caso di depressione o anche di stagnazione economica, la “politica di consolidamento della spesa pubblica”è votata al fallimento.
I 750 miliardi previsti per l’aiuto serviranno a rimborsare le banche a discapito del potere d’acquisto del contribuente e questo versamento alle istituzioni finanziarie aumenterà ancor di più la recessione.
Così, messa sotto tutela del Fondo Monetario Internazionale con la creazione dei fondi d’aiuto alle banche, sono due gli aspetti complementari di una stessa politica.
Si tratta di procedere ad una importante ridistribuzione dei redditi a favore delle imprese finanziarie.

Quale sarà l’avvenire dell’Unione Europea?

Una simile operazione contro i redditi delle popolazioni necessita di neutralizzare ogni processo di decisione a livello di Stati nazionali., una struttura nella quale i cittadini mantengono qualche mezzo di difesa e questo a profitto dei meccanismi di mercato,situati completamente fuori della portata di ogni pressione politica. La questione è di sapere: quale ruolo giocheranno le istituzioni europee nel processo di sottomissione dei mercati finanziari?

Una prima risposta si trova nell’accordo secondo il quale i bilanci degli Stati della zona euro saranno messi sotto tutela da parte di un organismo composto dalla Commissione, dalla Banca Centrale Europea e dall’Eurogroup.

I paesi che non arriveranno a riportare il loro debito a meno del 60% del PIL verranno sanzionati da Bruxelles. Questo testo intravvede la possibilità di sanzioni anche quando l’attuale limite del 3% del PIL fissato dal Patto di stabilità non sia ancora superato. L’idea sarebbe di poter emanare delle procedure, per eccesso di disavanzo, per i paesi il cui debito non arretri in modo da permettere la sospensione dei diritti di voto durante le riunioni ministeriali.

Il modello tedesco, far iscrivere nella Costituzione, il principio di equilibrio di bilancio, sostenuto ugualmente dalla Francia, ed è destinato a generalizzarsi. Questo eliminerebbe ogni possibilità, già attualmente molto debole, di iniziativa di bilancio. Gli Stati membri sarebbero nei confronti dell’ Unione Europea, come gli Stati federati statunitensi rispetto il loro Stato federale.
Tuttavia, non bisogna confondersi, non si tratta di un rafforzamento della costruzione europea, ma al contrario della dissoluzione di ogni possibilità d’iniziativa politica per poter rafforzare l’onnipotenza dei mercati.

La costruzione europea è stata imposta dagli Stati Uniti che, dopo la seconda guerra mondiale ne hanno fatto una condizione per la concessione degli aiuti del Piano Marshall.
Tutto è stato costruito intorno alla Germania i cui interessi immediati erano complementari a quelli USA. L’attacco contro l’euro e l’operazione di smantellamento dell’Unione Europea, risultano da un’offensiva lanciata dagli USA ed è ugualmente sostenuta dalla prima economia del vecchio continente, così come dalle istituzione della UE.
La Commissione e il Consiglio confermano così la loro partecipazione alla decomposizione dell’Unione e alla sua integrazione in una nuova struttura politica ed economica transatlantica sotto la direzione US, un ruolo già interpretato attraverso i negoziati degli accordi sul trasferimento dei dati personali dei cittadini europei verso gli USA. e le trattative che avevano come scopo la creazione di un grande mercato raggruppante i due continenti.
La messa sotto tutela del FMI della governance economica europea rappresenta una tappa supplementare nella dissoluzione di ogni capacità d’iniziativa dei paesi membri della UE e una fase di transizione per l’integrazione nell’insieme transatlantico.
L’euro sarà mantenuto come una semplice conchiglia vuota.
La soppressione della moneta comune non può convenire né alla Germania il cui ritorno ad un marco valorizzato come moneta rifugio sarebbe un suicidio per la sua economia, né agli Stati Uniti che non hanno alcun interesse ad estendere la sovranità della loro moneta e l’uso dei privilegi che vi sono inclusi.


Traduzione di Stella Bianchi
Da mondialisation.ca