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La città nel mondo classico greco-romano

di Nicola Piro - 25/08/2010

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I saggi sulla città di Louis Mumford e di Hans Paul Bahrdt  e il plädoyer dello psicoanalista tedesco Alexander Mitscherlich sulla "Inospitalità delle nostre città" rappresentano ormai delle certezze concrete che hanno definito i parametri in base ai quali oltre a focalizzare i caratteri precipui della "umanità" - laddove per "umano" deve intendersi qualcosa in più di "pratico-funzionale" - e "tecnico-economici" di una città, devono farci riflettere in particolare sulle sue qualità comunicative ed ecologiche le quali nel loro intreccio finiscono con l' esprimere quel suo valore degno di essere interiorizzato. Un principio, questo, valido anche per le città dell' antichità classica greco-romana.

 

Già le prime a noi note teorie sulla pianificazione urbana del 4. Secolo a.C., dai Nomoi  di Platone alla Politica di Aristotele, si occupano a fondo di questi aspetti. I criteri seguiti per la scelta e la composizione di un insediamento urbano ancora oggi si rivelano di estrema attualità come, p.e., in Platone il quale per l' impianto delle città esige la considerazione degli aspetti climatici, idrici e delle delle condizioni del suolo. L' Akropolis posta nella parte più alta della città rappresenta con i suoi edifici sacri  il suo nucleo spirituale; corrispondentemente al modello sociale e aristocratico  di Platone, essa dovrebbe essere incastonata in un' area residenziale riservata ai guerrieri considerati come la classe sociale più elevata, mentre le residenze per i restanti cittadini dovrebbero raggrupparsi attorno alla Agora vista come  mercato e centro politico della città-stato. Che si tratta più di un progetto  di città ideale fondato su principi politico-filosofici, emerge dalle riflessioni di Platone sul porto, il mercato e la cinta urbana: i centri mercantili li vorrebbe ubicati lontani rinunciando, se possibile, alle mura di cinta sulla base di una motivazione secondo la quale il carattere dei cittadini verrebbe indebolito e di conseguenza questi resi incapaci di esprimere sforzi altamente morali.  

 

L' architettura urbana è dunque posta al servizio di un fine: all' educazione, cioè, della popolazione maschile in una comunità razionalmente pensante ed eticamente operante. Stessi principii persegue Aristotele, come si evince da un esempio: egli, a differenza di Platone, ritiene una cinta urbana sensata e necessaria, tuttavia  questa, al di là della sua funzione pratica, deve contribuire a fare della città un cosmo. In tutta la sua valenza questo concetto è difficile da trasferire nella realtà, definendone nello stesso tempo il suo prezioso ordine pensato razionalmente bello e, pertanto, da ammirare. In questo senso Aristotele valuta un sistema viario regolare come "piacevole  e appropriato". In realtà molte città greche erano articolate secondo il "sistema ippodamico", anche se applicazioni di uno schema urbano a scacchiera (particelle rettangolari a comporre blocchi (insulae) in due fila sono resi accessibili da larghe strade principali (plateiai) e da strade secondarie (stenopoi) più strette alle prime perpendicolarmente disposte, a definire la massima utilizzazione dei lotti edificabili con il ricorso a tipi edilizi ad alto standard abitativo secondo il concetto dell' uguaglianza dei cittadini (isonomia) sviluppato da Ippodamo da Mileto) erano state adottate già 200 anni prima. (Nel 479 a.C., dopo la distruzione per mano dei persiani, la città di Mileto venne ricostruita secondo lo schema ippodamico, mentre nel 352 a.C., Priene venne edificata secondo le Leggi dell' Armonia di Pitagora e il sistema ippodamico. Successivamente i romani assunsero questa "arte del costruire" la città per le loro città di Treviri, Leptis Magna, la città "modello", panellenica, di Thurioi, 445/444 a.C., nella Magna Graecia, nel Golfo di Taranto e nelle vicinanze della preesistente città di Sybaris  etc.). Viste dai Greci queste città furono ritenute "umane", almeno dal punto di vista del loro cosmo.

 

Sono di qualche anno più tardi nel Mediterraneo orientale  le prime metropoli, e in primo luogo Alessandria d' Egitto il cui impianto urbanistico segue anch' esso i canoni dello schema ippodamico. Le sue caratteristiche furono: strade principali larghe 30 metri e della lunghezza sino a 7 km, distretti urbani, edifici amministrativi, quartieri residenziali e per ultimo il quartiere reale cinto da mura proprie dove viveva un miscuglio di popoli di 100 mila abitanti.

 

Che i rapporti di vita quotidiana in una grande città come Roma non fossero ideali, è testimoniato dalle fonti d' indagini storiche consultate e confermati da alcuni reperti archeologici. Ancora oggi i visitatori dell' Urbe ammirano i resti dei luoghi pubblici sorti nel corso dell' era imperiale nell' area dei fori con i suoi tempii, basiliche ed edifici a colonnati, questi con la loro enorme richiesta

di superficie. Per la costruzione del Foro di Traiano si rese necessaria un' area di 55 000 metri quadrati. Un fabbisogno tutto a svantaggio degli spazi d' abitazione con i problemi legati all' assenza di adeguati ed efficienti mezzi di trasporto. Inoltre enormi quantità di superficie richiese la costruzione di ville (domus) sontuose della borghesia urbana, mentre la maggior parte della popolazione era costretta ad abitare in casermoni (insulae) d' affitto a tutto vantaggio dei loro proprietari donde gli interventi regolativi di alcuni imperatori per frenare la speculazione. Gli archivi testimoniano di limiti massimi per i canoni d' affitto e di altezze massime degli edifici che non dovevano superare i 18- 20 metri. Tuttavia incendi e crolli non erano rari. Un problema a sé era inoltre rappresentato dall' inquinamento acustico come denuncia il poeta Iuvenale nel 1. Secolo d.C., allorché annota: "Quì a morire per insonnia sono molti . .  poiché in quale abitazione d' affitto è possibile dormire ? Per poter dormire a Roma bisogna essere molto ricchi . . . .".

 

Non solo a Roma, ma anche nelle città greche e romane la vita si svolgeva prevalentemente negli spazi pubblici, donde l' evidenza che la qualità urbana dipendeva anche da fattori culturali: un fatto che emerge  dalla considerazione secondo cui era necessario integrare le infrastrutture pubbliche nella vita quotidiana degli  abitanti della città come emerge da fonti antiche e dalla ricerca. Gli abitanti delle città greche trascorrevano molto tempo nei ginnasi, nei teatri e negli odeon. Il ginnasio, concepito come luogo per l' esercizio dello sport per i giovani, si trasformò presto in luogo in una infrastruttura culturale nella quale accanto allo sport si tenevano lezioni ed altre manifestazioni di carattere formativo. Commedie e tragedie attrassero la popolazione urbana nel teatro, le terme divennero dei luoghi preferiti per la cura del corpo e dello spirito, ma anche di socializzazione attivando a partire dall' inizio del 2. Secolo tra le città una vera concorrenza.

 

Non furono soltanto tali infrastrutture ad elevare il valore abitativo delle città dell' Impero, ma anche sistemi di canalizzazione e localizzazione d' impianti sanitari pubblici. Furono costruiti acquedotti grazie, soprattutto, alla scoperta di nuove tecniche costruttive e all' adozione di particolari malte e leganti, mentre grandi colonnati delimitavano le strade per proteggere i pedoni dalla pioggia e dal caldo. Famosi furono quelli di Palmyra o di Apameia in Siria i cui resti sono oggi oggetto di studio ma anche modello come nel caso degli esperimenti per la post oil city nelle proposte per il Masterplan di Masdar City  (Abu Dhabi), la città sostenibile ad emissione zero di Foster + Partners.

 

Anche nella teoria della pianificazione urbana della Roma imperiale, come risulta dal De Architectura Libri Decem  di Vitruvio, si rispecchia il criterio secondo cui l' architettura urbana deve sonsibilizzare gli abitanti della città e la scala d' intervento deve tener conto della densità della popolazione con l' orientamento delle strade secondo principi igienici e la direzione dei venti, una ottimale acustica per il teatro e una ideale temperatura per le terme.  

 

Conclusio

 

In conclusione: alle città dell' antichità classica greco-romana con le sue innumervoli  infrastrutture non possono essere negati indubbi valori di umanità e qualità della vita anche se in riferimento agli standards igienici moderni furono considerate le nozioni note sino a quel tempo. In ogni caso la città veniva intesa e interpretata come processo continuo e ricerca metodica ed è più che preoccupante che un sano sviluppo urbano e controllo dei flussi di traffico in città come Atene e Roma non abbiano avuta negli ultimi decenni  quella considerazione corrispondente all' insegnamento emanato dallo loro storia.

 

(Testo per il sito: www.np-teorico.de)