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Malvine: Israele avrebbe fornito armi alla giunta militare

di Hernán Dobry - 26/04/2011


Malvine: Israele avrebbe fornito armi alla giunta militare

La rotta segreta delle armi

Messa sotto embargo e bisognosa di armi durante il conflitto delle Malvinas, l’Argentina trovò nello stato ebraico l’alleato esemplare, il quale la rifornì dalle cisterne di combustibile e aerei fino ai giubbotti duvet. L’autore anticipa in questo articolo rivelazioni sconvolgenti documentate nel suo libro Operazione Israele, dove racconta l’intrigo segreto di quei negoziati.

Hernán Dobry
per La Nación

Un Diario que Apoya los Golpes de Estado y Encubre a los Apropiadores de Niños

Domenica 17 aprile 2011

Gli embarghi internazionali che subì l’Argentina durante la guerra delle Malvinas spinsero il paese alla ricerca di qualsiasi alleato che gli consentisse di ottenere armi, come la Libia, il Venezuela, il Perù e l’Ecuador. Ma lo stato che contribuì maggiormente al somministro di dotazioni belliche fu il meno pensato: Israele.

(Gli affari sono affari, mentre qui s’inseguiva con accanimento gli ebrei, Israele vendeva armi al governo della dittatura militare.)

Lo stato ebraico non solo si mostrò disposto ad approvigionare il governo di Leopoldo Fortunato Galtieri su tutto quello che gli occorreva ma, comunque, diede prova di essere disposto a offrire i suggerimenti e trasmettere le proprie esperienze di combattimento. Tutto ciò salta fuori, per la prima volta, nel libro Operazione Israele: il riarmo argentino durante la dittatura (1976-1983), che Enfoques anticipa in anteprima esclusiva.

I problemi per l’Argentina andarono aumentando man mano che gli inglesi incrementarono la loro pressione, non solo mediante gli embarghi ma, anche, con l’avanzamento delle sue truppe verso il sud. In questo modo, i bombardamenti nelle isole resero sempre più disperata la situazione del paese, poiché esso mancava di scelte per rimpiazzare le attrezzature che perdeva nel fronte.

Ciò spinse i militari alla ricerca di paesi e trafficanti che gli vendessero armi a qualsiasi prezzo. Pochi risposero. Uno di loro fu Israele, il quale era già diventato il loro fornitore nel 1978, in pieno conflitto del Beagle con il Cile.

Immediatamente, la Forza Aerea (che intratteneva buonissimi rapporti con Gerusalemme) entrò in contatto con Isrex Argentina, rappresentante a Buenos Aires delle fabbriche di materiale bellico dello stato ebraico, per ordinare ciò di cui avevano bisogno. Il loro rappresentante, Abraham Perelman, diede mostra di volerli aiutare, anche se prima dovette chiedere l’autorizzazione alla casa madre della ditta, a Tel Aviv.

Il problema era di tale grandezza che, Gad Hitron, presidente della Isrex in Israele, e il suo capo, Aaron Dovrat, responsabile del gruppo Clal (entrambi argentini), dovettero richiedere una intervista con il primo ministro, Menajem Beguin, per prendere una decisione. La sua risposta li colse di sorpresa.

“Iniziarono a spiegargli che le Malvinas erano dell’Argentina e che gli inglesi eccetera. Beguin li interruppe e disse: “Voi venite a parlarmi male degli inglesi.  Queste cose si useranno per ammazzare gli inglesi? Kadima (servitevene). Dov, da là sopra sarà molto soddisfatto per la decisione che ho preso. Una cosa, di sicuro, fate un bel lavoro”, racconta Israel Lotersztain, venditore della Isrex Argentina.

L’Inghilterra amministrò la regione palestinese dopo la Prima Guerra Mondiale fino alla spartizione realizzata dall’ONU, che consentì la creazione dello stato d’Israele nel 1948. In quei tempi, diversi gruppi armati israeliti cercarono di erodere il potere di Londra mediante attentati, affinché mantenesse la promessa di fondare uno stato ebraico nella zona. Menajem Beguin era comandante dell’Irgun, uno di questi gruppi armati, dove partecipava anche il suo amico, Dov Gruner, il quale fu catturato dagli inglesi quando preparava un attacco e impiccato il 16 aprile 1947. Per questo motivo, egli sentì che stava saldando un conto in sospeso. “Odiava gli inglesi più di qualsiasi altra cosa. Tutti se ne erano dimenticati, ma lui no”, aggiunge Loreztain.

Il suo compagno di lavoro, Jaime Weinstein, conincide con lui e aggiunge che “Beguin manifestava un profondo odio e risentimento verso gli inglesi sin dall’epoca dell’indipendenza d’Israele. Allora, fece tutto il possibile per aiutare l’Argentina, vendendole armi durante la guerra delle Malvinas”.

Appena finito l’incontro, Hitron comunicò la decisione ai suoi impiegati di Buenos Aires, i quali si diressero all’Edificio Condor a rendere nota la novità. Bisogna solo individuare un paese che comparisse come acquirente. Israele aveva bisogno di triangolare le armi mediante un terzo paese, poiché manteneva dei buoni rapporti con l’Inghilterra (di tipo commerciale e mediante la sua comunità israelita, una delle più importanti del mondo) e non voleva apparire come quello che stava appoggiando apertamente l’Argentina contro Londra.

La rotta del Callao

Il Perù si rese disposto a collaborare su tutto quello di cui avevano bisogno i militari per acquistare armamenti. Quello fu l’ordine dato dal presidente Fernando Belaunde Therry, e che rese operativo il suo primo ministro, Manuel Ulloa.

L’aiuto della Forza Aerea del Perù (FAP) giunse a un punto tale che firmò ordinativi di acquisto in bianco e certificati di arrivo doganale, i quali si spedirono in Argentina affinché si potesse concretizzare la triangolazione. “la consegna era quella di appoggiarli su tutto, e non c’era nessun problema se si doveva firmare un ordine d’acquisto”, afferma un ufficiale che è arrivato ai più alti livelli dell’Aeronautica  peruviana.

I negoziati li portarono a termine l’aggregato militare a Lima, il commodoro Andrés Dubós e il brigadiere generale Basilio Lami Dozo, comandante della Forza Aerea Argentina. Una volta che fu tutto deciso, Luis Guterson, della Isrex Argentina, si mosse per raccogliere i documenti e iniziare l’operazione.

Ciò consentì all’Argentina di acquistare tutto quello di cui avevano bisogno in nome del suo alleato, effettuare le spedizioni all’Aeroporto del Callao e, da lì, trasportarli a Buenos Aires negli aerei delle Aerolíneas Argentinas.

L’unica cosa che non riuscirono conseguire fu l’apertura di una carta di credito da parte di una banca peruviana per effettuare i pagamenti, perciò Israele si offrì di finanziare la maggior parte degli acquisti, i quali furono accreditati guerra conclusa.

Bisognava trovare ancora gli aerei che partissero per Tel Aviv e cercare il carico da condurre a Lima. I primi due voli si fecero con dei DC8 delle FAP ma, successivamente, dovettero affittare altri più grandi per trasportare carichi maggiori, di modo che usarono degli aerei di una compagnia privata belga con bandiera del Lussemburgo, autorizzata dal servizio segreto israeliano, il Mossad.

Tuttavia, nonostante le misure di precauzione prese, l’intelligence britannico era a conoscenza di quando gli aerei arrivavano in Perù e li fotografavano mentre trasferivano il materiale da un’aeronava all’altra, il che metteva in evidenza il gioco della triangolazione. “una volta, apparve una foto su un quotidiano mentre si stava effettuando il trasferimento da un aereo ad altriappartenenti alle Aerolíneas Argentinas. L’ambasciatore inglese gliela portò a Beguin e fece un bordello. Sapevano tutto. Alcune volte, quando avevamo qualche discussione se era arrivato un pezzo di ricambio, dicevamo: “Dobbiamo chiedere agli inglesi”, ricorda Lotersztain.

I cinque voli che fecero la rotta Tel Aviv-Lima-Buenos Aires giunsero carichi di ogni tipo di attrezzatura, come maschere antigas, sistemi di allerta radar per evitare i colpi dei missili nemici, giubbotti duvet, pezzi di ricambio, e missili aria-aria Shafrir, e altre cose.

Ma uno dei componenti che ebbe maggiore trascendenza furono le cisterne supplementarie di combustibile di cui avevano bisogno i cacciabombardieri per attaccare la flotta inglese. Senza di essi, era impossibile che arrivassero fino alle Malvinas e tornassero al Continente. La sorpresa giunse quando Israele non solo si offrì spedirglieli ma, inoltre, fornì anche quelli da 1500 litri, quando gli argentini possedevano solo quelli da 1300, il che consentiva guadagnare una maggiore autonomia di volo.

Ciò determinò che gli inglessi dovettero spostare la loro flotta più lontano per evitare i bombardamenti. “Ci misero molto tempo nell’approvare l’operazione. Il prezzo del nolo e della cisterna non aveva alcuna importanza se comparato con il costo politico che Israele era disposto a pagare per venderli. Era una decisione politica e credo che loro riuscì bene la cosa, perché nel mondo si fecero notare come un paese affidabile”, risalta Lotersztain.

L’Argentina acquistò 40 serbatoi che arrivarono a Puerto San Julián, Santa Cruz, in due Boeing 707 appartenenti alle Aerolíneas Argentinas provenienti da Lima. Il primo arrivò l’alba del 23 maggio 1982 e, il secondo, alcuni giorni dopo, quando i combattimenti stavano per finire.

L’operazione nascosta

L’acquisto più audace che si fece a Israele durante la guerra delle Malvinas fu quello dei Mirage IIIC, alcuni giorni primi della resa argentina, non solo per la loro grandezza, ma anche perché la maggior parte delle aeronavi erano vecchie e si trovavano abbastanza deteriorate. Tant’è vero che il loro arrivo provocò resistenze tra gli ufficiali, ché li consideravano inservibili (difatti, erano già stati rifiutati una volta nel 1980, dovuto al cattivo stato in cui si trovavano).

Ma la perdita di 35 aerei nei combattimenti fece che Lami Dozo si decidesse ad acquistarli, perché avevano il timore che il Cile approfittase di questo indebolimento per tentare di appropriarsi delle isole del Canale di Beagle, una volta concluso il conflitto con le Malvinas. “Quando iniziammo ad avere delle perdite, ci siamo messi a fare una ricerca per vedere dove potevamo trovare le sostituzioni”, afferma l’ex membro della Giunta.

A quel tempo, avevano ricevuto trenta proposte di ogni tipo di trafficante di armi che c’era nel mondo, poiché rappresentava una opportunità irripetibile che nessuno poteva gettare via. Dopo aver analizzato le proposte, conclusero che l’unico fornitore possibile era Gerusalemme, così che si consultarono i membri della commissione che li avevano sottoposti a revisione due anni prima.

Lami Dozo autorizzò il brigadiere maggiore Ubaldo Díaz per iniziare l’operazione agli inizi di giugno, il quale entrò immediatamente in contatto con Isrex Argentina per ordinare i 23 Mirage III B/C.

Il problema che si poneva era come giustificare l’acquisto nel bel mezzo della guerra. La soluzione fu quella di triangolarli tramite il Perù. “Compilai un ordine di acquisto che ci avevano dato loro e certificati di arrivo doganale, tutti firmati in bianco, nei quali dichiaravano che acquistavano 23 aerei”, afferma Loresztain.

Rimaneva solo in sospeso la forma per effettuare il pagamento, poiché bisognava emettere un anticipo alla Isrex e aprire una carta di credito in una banca, in questo modo Israele li avrebbe concessi. Ciò non poteva farlo un ente argentino, poiché gli aerei erano per le FAP. Perciò, andarono alla ricerca di qualche istituzione finanziaria di quel paese o, al posto suo, di Panama, disposta a rendergli questo servizio. Tutti si rifiutarono.

Per risolvere il problema, la Isrex utilizzò un conto del Credit Suisse e una società fantasma che possedevano le Industrie Aeronautiche Israeliane (IAI) in Svizzera e gli concessero alla Forza Aerea di emettere tutto il denaro anticipato. Nonostante i brigadieri non erano d’accordo con l’idea, in ogni caso non avevano molte alternative e alla fine accettarono la proposta e inviarono i contanti.

Tra diversi andirivieni, gli aerei furono pronti per viaggiare a Buenos Aires solo verso la fine del 1982, quando era già finita la guerra. Tuttavia, furono dipinti con le insegne e la numerazione delle FAP per evitare quelsiasi tipo di problema con gli inglesi.

Così, il cerchio si chiudeva definitivamente: gli aerei erano stati acquistati con ordinativi di acquisto peruviani e certificati di arrivo doganale per Lima e, adesso, possedevano tutte le caratteristiche di cui avevano bisogno, anche se li avrebbe utilizzati l’Argentina.

© LA NACION

L’ALTRO AIUTO PERUVIANO

Il Perù fu il paese che più aiuti in armamenti diede all’Argentina durante la guerra delle Malvinas, nonostante si fosse dichiarato neutrale. Così, spedì un Lockheed C-130/L-100 della sua Forza Aerea carico di munizioni, razzi, missili e bombe e si mise a disposizione per riuscire ad avere dalla Francia i missili Exocet che aveva in sospeso.

Ma fu impossibile. Le pressioni della Gran Bretagna furono più efficaci. Secondo una fonte altolocata della Forza Aerea Peruviana dell’epoca, l’operazione non si concretizzò perché la portò avanti l’aggregato aeronautico a Parigi in luogo di condurla l’Arma. “Ci fu un problema con dei missili che avevamo acquistato, noi eravamo lì da copertura, ma non si riuscì a concretare niente. Fu una specie di fallimento, perché non si operò al livello giusto”, afferma.

Ma, nessuno impedì che si spedissero dieci dei caccia bombardieri Mirage VP che possedevano nella loro flotta, per i quali si pagarono 50 milioni di dollari. “Arrivò una commisione dell’Argentina e si diresse verso la base dove si trovavano gli aerei, li esaminarono, constatarono la loro operatività e mi dissero che pensavano che noi gli avremo dato dei rottami, poiché ritenevano che i loro si trovavano in uno stato migliore. Glieli consegnammo con tutti gli accessori di cui erano dotati, missili teleguidati aria-terra AF-30 e alcuni antiaerei”, segnala la fonte.

Persino dieci piloti dei loro squadroni 611 e 612 se li portarono volando verso il loro paese verso la fine di maggio 1982, attraversando la Bolivia con il silenzio radio, per evitare che fossero individuati dai cileni. “Il trasferimento si fece nell’aeroporto di Salta. Li pilotavano i peruviani e volevano continuare e presentarsi come volontari nella guerra delle Malvinas. Dissi loro di no. Allora, mi chiesero dove li lasciavano e dissi loro di andare all’aeroporto più vicino con la frontiera argentina”, conclude il brigadiere generale, Basilio Lami Dozo, allora comandante della Forza Aerea Argentina e membro dell’ultima Giunta.

(trad. di V. Paglione)