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Petrolio alle stelle: ormai la crescita è bloccata per sempre

di Giorgio Cattaneo - 03/10/2012


Jeff Rubin, celeberrimo economista canadese esperto di cose energetiche, ha qualche giorno fa pubblicato un inquietante articolo su “Bloomberg”, dal titolo “Come l’alto prezzo del petrolio bloccherà permanentemente la crescita economica”. Brutta notizia, ma non così sorprendente per noi che seguiamo il problema delle risorse. Dice Rubin: gli Usa non sono il solo Paese a soffrire. Dall’Europa al Giappone, i governi combattono per far ripartire la crescita. Ma i rimedi usati fanno più danno che altro, perché basati sulla credenza che la crescita possa ritornare alla sua precedente forza. I banchieri centrali e i politici non riescono a comprendere l’impatto soffocante del barile a 100 dollari.

Quel che dovrebbero fare i governi è prenderne atto, e cambiare radicalmente il sistema di gestire l’economia, modulando le politiche fiscali Jeff Rubine monetarie in base a ritmi di crescita più lenti. C’è infatti una stretta correlazione tra Pil e consumi petroliferi: ad ogni 4 punti in più di crescita, corrispondono 2 punti in più di consumo di petrolio. Cosa che, se fattibile a 20 dollari al barile, a 100 dollari farebbe collassare qualsiasi economia. Quando il prezzo sale, molti di noi hanno poca altra scelta se non aprire il portafoglio. Pagare di più il petrolio significa aver meno soldi per il cibo, la casa, i mobili, i vestiti, i viaggi e tutto il resto.

E poi c’è il problema del costo mondiale del cibo, e dei nuovi giacimenti sempre più difficili e sempre più costosi da implementare. Oggi il mondo brucia 90 milioni di barili e, dice ancora Rubin, se l’economia smettesse di crescere potremmo finalmente aver bisogno di meno petrolio, e non dover andare a trivellare l’Artico. Ma questa si chiama decrescita organizzata, e nessuno ci sente da questo orecchio.

(Debora Billi, “Prezzo del petrolio, la crescita economica è bloccata per sempre”, dal blog “Petrolio” del 28 settembre 2012).