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Ustica: uno squarcio di verità sulla storia dell'Italia

di Gianni Sinatti - 30/01/2013



Nemmeno un anno fa su clarissa.it , abbiamo avuto occasione di scrivere che, anche nel caso dell'abbattimento del Dc-9 Itavia, "la verità è sempre possibile". Lo dimostra la sentenza n. 1871 che è stata da poco depositata presso la terza sezione della cassazione civile di Roma sul risarcimento richiesto dai familiari delle vittime di quell'eccidio allo Stato italiano.
Finalmente, in una sede giudiziaria, forse meno influenzata dalle esigenze politiche che hanno resto tormentatissimo l'iter processuale sulle responsabilità di uno degli episodi più gravi e misteriosi della nostra storia recente, si è messo un punto fermo quanto meno sulla dinamica dell'episodio che una catena ininterrotta di silenzi e manipolazioni aveva reso fino ad ora impossibile stabilire: un missile ha abbattuto quell'areo civile, provocando la morte dei quattro membri dell'equipaggio e dei settantasette passeggeri a bordo, fra cui tredici bambini.
Dunque, accertare la verità fattuale è possibile, anche se più di trent'anni dopo. Ma il fatto che ricostruirla sul piano giudiziario sia costata tante difficoltà e abbia richiesto tanto tempo, è indicativo di come lo Stato italiano abbia voluto e saputo strenuamente proteggere i suoi più inquietanti segreti. E di come tale difesa abbia sortito il suo scopo, giacché gli oltre trent'anni trascorsi sono stati di per sé sufficienti a proteggere le autorità militari e civili, italiana ed estere, coinvolte in quell'episodio.

La sovranità limitata italiana

Oggi esiste dunque una sentenza definitiva che stabilisce, senza più possibilità di dubbio, che nei cieli di un paese sovrano un suo aereo civile è stato abbattuto nel corso di un'operazione di guerra, nella quale erano sicuramente coinvolti Paesi alleati, nello specifico la Francia e gli Stati Uniti d'America, oltreché, con ogni probabilità, un Paese vicino, la Libia. L'accertamento della verità giudiziaria può e deve oggi lasciare il posto all'accertamento della verità storica, partendo da un'accertata base di fatto.
Non solo per mero amore di scienza: poiché quanto accaduto, come scrivevamo su clarissa.it, si colloca in un quadro politico la cui comprensione è fondamentale per la ricostruzione dell'intera storia repubblicana. Comprendere le ragioni per cui quell'episodio di guerra sia avvenuto in quel momento e in quel luogo, cioè nei cieli italiani, e perché le maggiori autorità dello Stato italiano abbiano così tenacemente impedito che si accertasse la verità dei fatti, potrebbe dirci molto sull'effettiva condizione di "sovranità limitata" che da sempre costituisce la malattia originaria dell'Italia nel secondo dopoguerra.

La posta in gioco

Ma potrebbe anche dirci molto su quale fosse in quel non troppo lontano 1980, la "posta in gioco". Per quei paradossi non rari nella storia, infatti, proprio quella "posta in gioco" è tornata di grande attualità nell'ultimo bienno, a seguito di quanto sta accadendo nel Mediterraneo e nell'Africa settentrionale e centrale: la "primavera araba", i suoi ispiratori ed i suoi effetti, la caduta del regime di Gheddafi, la volontà francese di inserirsi militarmente in questa crisi, la sua progressiva estensione all'Africa sub-sahariana, con il recentissimo intervento in Mali - sono tutti elementi per i quali è fondamentale sapere perché un atto di guerra si svolse nel cielo di Ustica la sera del 27 giugno 1980.
Comprendere perché le massime autorità dello Stato italiano abbiano taciuto allora, ci aiuterebbe molto a capire quale sia oggi il ruolo del nostro Paese in questa fondamentale partita che si sta giocando nel Mediterraneo e in Nord Africa. Dobbiamo ricordare infatti che qualunque governo esca dalle urne a fine febbraio, qualunque sia la sua collocazione parlamentare, dovrà fare i conti con questa partita, della quale fa quindi ancora parte a pieno titolo la strage di quegli ottantuno innocenti e ignari cittadini italiani.