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La Turchia nella tempesta

di Mikhail Aghajanjan - 29/12/2013


Recep-Tayyip-Erdogan-007Uno scandalo sulla corruzione è scoppiato in Turchia. L’epicentro dello scandalo è il governo del partito Giustizia e Sviluppo (AKP). Oltre 50 persone sono state arrestate con l’accusa di abuso di ufficio, concussione e peculato (secondo le varie fonti, da 52 a 84 persone). La maggiore risonanza nei media turchi è data dagli arresti dei figli di membri del governo. Le motivazioni politiche occulte della rivelazione sulla corruzione nel partito di governo sono intriganti… Lo scandalo costituisce la maggiore minaccia al primo ministro turco Recep Erdogan, leader dell’AKP. Ha sempre dichiarato di combattere senza compromessi la corruzione dentro e fuori il governo, e ora lui stesso è colpito dalle indagini sulla corruzione. I commentatori propongono varie spiegazioni per l’emergere di tale compromissione di Erdogan e del suo partito. Indicano l’agitarsi delle relazioni tra due vecchi amici (o meglio, ex amici), quale più probabile detonatore dello scandalo. Si riferiscono a Erdogan e Fetullah Gulen, religioso musulmano fondatore del movimento Hizmet. Quest’ultimo vive nello Stato della Pennsylvania, da cui continua a governare il suo “mini-impero” che comprende media e istituti scolastici (1), ed influenza i processi sociali e politici in Turchia.
Agli albori della carriera politica, Erdogan, mentre iniziava ad entrare nell’olimpo del potere, era in completa armonia con Gulen. Gulen è un sostenitore dell’islamizzazione sistematica della Turchia. Le sue opinioni teologiche si combinavano con le ambizioni da leader politico di Erdogan. Gulen sostenne Erdogan in tutte le elezioni. L’agitarsi nelle relazioni, notano i commentatori turchi, è apparsa evidente nei primi mesi del 2012, quando Erdogan e Gulen furono all’improvviso in disaccordo su diversi problemi. Il più delicato di essi, per i “gulenisti”, era l’intenzione del governo di chiudere le scuole private. Circa un quarto di tali istituzioni turche sono strettamente legate al movimento Hizmet (spesso chiamate “scuole Gulen”). Nell’autunno 2013 si giunse al confronto diretto. Il governo Erdogan passò dalle parole ai fatti e diverse scuole furono costrette a chiudere i battenti. Questa era una sfida diretta all’ex alleato di Erdogan. In risposta, l’“esiliato in Pennsylvania” usò tutta la sua influenza. Avvertimenti al potere apparvero sulle pagine di Zaman, uno dei quotidiani più letti in Turchia, e controllato da Gulen. Molti sostenitori di Gulen sono presenti nel partito al governo, nei corridoi del potere e in particolare nei sistemi giudiziari e  poliziesco della Turchia. Se si deve credere ai giornalisti turchi, sono i pubblici ministeri pro-Gulen che hanno avviato le indagini sulla corruzione. Da quando Erdogan è andato al potere nel 2003, ha piazzato una coorte di personaggi in cariche di responsabilità, anche nel sistema giudiziario. Per tutti questi anni, i nominati di Erdogan non diedero alcun motivo di dubitare della loro fedeltà. Tuttavia, l’agitazione tra il premier e l’influente autorità islamica ha dimostrato che la lealtà può mutare.
Allo stesso tempo, l’agitazione nel sistema di potere costruito da Erdogan non può essere spiegata solo dal conflitto tra Erdogan e Gulen. Nella base dell’AKP vi sono crescenti sentimenti a favore del cambiamento generazionale ai vertici del partito. Inoltre, alcuni membri del partito sostengono la candidatura di Abdullah Gul, attuale presidente della Turchia, a un altro mandato presidenziale nel prossimo anno. Le prossime elezioni si terranno con il voto diretto, per la prima volta (in precedenza il presidente della Turchia veniva eletto dal parlamento). Questa parte dell’élite politica vede Gul come maggiore statista rispetto all’impulsivo Erdogan, la cui disposizione emozionale ha recentemente creato incidenti nelle relazioni della Turchia con partner stranieri. L’opposizione nascente a Erdogan e alla sua cerchia è divenuta particolarmente difficile da trattenere fin dall’estate 2013, quando le proteste imperversarono nelle più grandi città turche. Il detonatore fu la manifestazione del Parco Gezi d’Istanbul e la costruzione di un nuovo centro commerciale al suo posto. Le autorità poterono localizzare le proteste e impedirne l’espansione nelle altre grandi città. Tuttavia, le manifestazioni avevano cause più profonde della tutela ambientale. Durante la rimozione completa dell’esercito turco dalle posizioni di potere e una serie di procedimenti giudiziari nei confronti dei generali, sono diventate più attive le forze che associano Erdogan a controllo totale sui media, finte riforme democratiche e soprattutto islamizzazione strisciante della Turchia, obiettivi ed attuazione che hanno suscitato un netto dissenso anche nell’AKP al governo. L’esercito è tornato nelle caserme e gli attivisti civili sono scesi in piazza, terreno fertile in cui il conflitto tra società e governo è emerso. Fino ad allora Gulen e i suoi seguaci si opponevano a Erdogan tacitamente; ma lo scandalo sulla corruzione, in sostanza, è la prima manifestazione reale potenza di questo gruppo, che ha inviato ad Erdogan l’avvertimento che se vuole una “guerra strisciante”, l’avrà. Ma prima, lasciargli pensare il da fare per le elezioni del prossimo anno (comunali e presidenziali). Questo è un leit-motiv semplificato, ma illuminante, del conflitto in corso tra il premier e il predicatore. Il parere dell’analista turco Murat Yetkin merita attenzione: i sostenitori di Gulen nell’AKP sono irritati dalle affermazioni di Erdogan sul monopolio ideologico nel partito e sull’unica autorità del Paese.
fethullah_gulen-acikladi1 Erdogan ha reagito agli attacchi contro lui e la sua squadra nel suo tipico stile aspro. L’ondata di arresti avviata dai pubblici ministeri pro-Gulen è stata seguita da una serie di accuse in reazione. Ora  pubblici ministeri e poliziotti sono in conflitto con la giustizia turca. Cinque funzionari della polizia di Istanbul sono stati sollevati dai loro incarichi, il giorno dopo che i loro subordinati avevano effettuato gli arresti per corruzione. Si potrà vedere qualcosa di simile alla “controffensiva” di Erdogan e del suo governo alle manifestazioni in difesa di Gezi Park a Istanbul. Prima Erdogan scatenò la polizia d’Istanbul contro i manifestanti, per poi prenderne le distanze. Iniziò quindi un dialogo con i manifestanti, anche se solo negli intervalli tra i getti degli idranti e il lancio dei gas lacrimogeni. Qualcosa dice che anche questa volta, una volta scemato il conflitto, i vari gruppi di potere inizieranno a risolvere i conflitti attraverso i negoziati. In sostanza, Erdogan non ha altra scelta, viste le imminenti elezioni; l’escalation del conflitto non è nel suo interesse.
Molto sarà più chiaro alla vigilia delle elezioni del sindaco della prima città della Turchia, nel marzo 2014. I principali flussi finanziari del Paese si concentrano ad Istanbul, e oltre il 18% dei 75 milioni di turchi vive lì. Insieme alle altre metropoli occidentali della Turchia, la città è diventata un focolaio di sentimenti anti-Erdogan. La vittoria nelle elezioni di Istanbul sarebbe uno stimolo per l’attuale premier e il suo team, rafforzandone il potere nel Paese. E poi Gulen e la sua propaganda  affiancheranno la schiera degli avversari meno pericolosi per l’impulsivo, ma ancora carismatico, Erdogan.

Note
(1) Secondo fonti turche, il “mini-impero” di Gulen comprende 18 luoghi di culto, 89 scuole religiose specializzate, 207 società commerciali, 373 scuole per insegnanti e circa 500 dormitori in Turchia. Fuori dalla Turchia vi sono 6 università religiose, 236 scuole superiori, 2 scuole elementari, 2 centri di studio della lingua turca, 6 corsi di preparazione universitaria e 21 dormitori operanti sotto gli auspici di Gulen e del suo movimento. Inoltre pubblica 14 giornali e gestisce 2 emittenti radiofoniche nazionali e il canale televisivo satellitare Samanyolu TV.

La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora