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Come è nata la dittatura mondiale sulla salute e la medicina

di Francesco Lamendola - 15/07/2014

Fonte: Arianna editrice




 

Sono tre i poteri occulti mondiali che esercitano una dittatura sulla salute e sulla medicina: le multinazionali farmaceutiche, con i loro brevetti; le lobbies accademiche, con le loro prebende e i loro privilegi; le banche e le loro emanazioni mascherate, ossia le fondazioni per la ricerca scientifica e culturale.

Sono loro a spartirsi la colossale torta del mercato della salute, grazie a un sistema di controllo capillare perfettamente organizzato, ma aberrante, che ha creato una funesta distorsione intellettuale: invece di puntare all’acquisizione dei principi che conservano la salute e prevengono la malattia, questi tre poteri consolidati, che agiscono in sincronia, fanno sì che l’attenzione venga spostata sulla malattia stessa (tipico esempio, la psicanalisi freudiana) e sulla pretesa crociata contro di essa: crociata che, in realtà, serve ad alimentarla.

Nulla di strano: semplicemente, non è nel loro interesse il raggiungimento delle condizioni atte ad assicurare la salute delle persone; e non sarebbe ragionevole aspettarsi che le cose stiano altrimenti, cioè che essi lavorino per il bene comune, dal momento che i principi su cui si reggono e gli scopi che perseguono sono esclusivamente quelli dell’interesse privato.

Che poi milioni di persone in tutto il mondo, per esempio in un Paese di antichissima civiltà come l’India, si curino con la medicina tradizionale e rifiutino i farmaci prodotti mediante la sintesi chimica, non li turba minimamente: si tratta di una fetta di mercato tropo povera per invogliarli ad investirvi i loro capitali; perciò si limitano a conservare gli alti profitti che provengono loro dal brevetto per i farmaci delle malattie più gravi, come l’A.I.D.S.

Situazione paradossale: coloro i quali dovrebbero assicurare la salute sono gli stessi che ricavano enormi profitti dalla diffusione delle malattie. Sarebbe come se coloro che devono proteggere l’ambiente dagli incendi fossero gli stessi che producono i materiali e le tecniche per il loro spegnimento: forse che avrebbero il benché minimo interesse a prevenirli? Al contrario, sarebbe comprensibile che essi, nascostamente, incoraggiassero i piromani: solamente finché ci fossero gli incendi, ci sarebbe anche il loro vantaggio.

La classe medica di formazione accademica svolge, in questo sistema aberrante, il ruolo della bassa manovalanza: anch’essa non avrebbe nulla da guadagnare e tutto da perdere da una diversa impostazione delle problematiche relative alla salute. Per questo i suoi membri si sono costituiti in casta chiusa e hanno chiesto e ottenuto l’interventi delle leggi e dei tribunali per mettere al bando ogni possibile forma di concorrenza: il tutto, si capisce, dietro il nobile paravento della difesa dell’ingenuo cittadino, minacciato da praticoni, maghi e ciarlatani.

Con le debite eccezioni, i medici occidentali di formazione accademica si considerano i nobili custodi della vera scienza e si sono perciò auto-nominati i soli legittimi difensori della salute pubblica; di fatto, agiscono con la boria e con la supponenza di una casta sacerdotale intollerante e fanatica, decisa a mettere al bando qualunque religione diversa dalla loro.

Quello della malattia è, probabilmente, il maggiore business a livello mondiale, anche perché si autoalimenta continuamente. Gli effetti collaterali dei farmaci di sintesi e le malattie iatrogene, proliferanti dalla impostazione invasiva, farmacologia e chirurgica, della medicina ufficiale, garantiscono possibilità di profitto pressoché inesauribili: risolto un problema per la salute del paziente, ecco che ne sorge un altro, di natura organica o di natura psichica; ed ecco la necessità di nuovi interventi, di nuove sostanze chimiche, di nuovi psicofarmaci, ansiolitici e antidepressivi.

Non si vuol dire che i medici siano i macabri operatori di una congiura deliberata e consapevole contro la salute dell’umanità; generalmente sono persone in buona fede, ma la loro presunzione e la loro ignoranza li spingono sovente a escludere ogni approccio diverso dal loro e a fare quadrato intorno alle loro orgogliose certezze: cresciuti alla scuola del più piatto conformismo intellettuale, nella costante sopravvalutazione del proprio sapere e nella costante svalutazione delle medicine alternative, non si rendono conto di essere gli inconsapevoli strumenti della avidità e del cinismo dei tre poteri mondiali sopra ricordati: le case farmaceutiche, le lobby accademiche e le banche.

Tutto ciò ha avuto un inizio ben preciso ed è possibile fare dei nomi per individuare i responsabili: la Fondazioni Carnegie, sorta nel 1905 e approvata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1906, e la Fondazione Rockefeller, sorta nel 1913; e il rapporto Flexner, commissionato dalla Carnegie e approvato dall’Associazione Medica Americana (A.M.A.) e dall’Associazione dei Colleges Medici Americani (A.A.M.C.), i quali, fra il 1910 e il 1925, con l’aiuto del potere legislativo, eliminarono tutte le forme di medicina alternativa, che solo in anni recenti sono riemerse dalle catacombe, grazie a un movimento di crescente consapevolezza da parte dell’opinione pubblica.

Ecco come Harvey e Marilyn Diamond, due dietologi e nutrizionisti americani,  hanno rievocato quella vicenda, che dovrebbe essere conosciuta meglio in tutto il mondo, perché getta una luce eloquente su una situazione che un po’ tutti tendono a considerare assolutamente normale, mentre è il frutto di una autentica inversione del concetto del bene comune (da: H. e M. Diamond, «A tutta salute»; titolo originale: «Living Health», 1987; traduzione dall’inglese di Giovanni Sacchi, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1989, pp. 23-24):

 

«Nei primi anni del secolo ventesimo le fondazioni Rockefeller e Carnegie cominciarono a concedere forti sovvenzioni filantropiche alle scuole di medicina. Il loro scopo era quello di creare una “rispettabile” classe medica fata di individui maschi d’alto ceto, che basassero la loro filosofia sulla terapia effettuata con mezzi farmacologici. (Guarda caso, a quel’epoca i Rockefeller operavano già nel settore dei medicinali).

A quel tempo, esistevano atteggiamenti molto diversi riguardo alla salute: da un lato vi era la classe benestante, che faceva prevalentemente uso di medicinali e dall’altra una larga parte della popolazione che ricorreva a metodi di cura più naturali. Nel 1909 la Fondazione Carnegie incaricò Abraham Flexner di visitare tutte le scuole americane che operavano nel settore della salute, dalle più rinomate alle più modeste. Fu quindi Flexner, UNICO portavoce di un’’unica filosofia, a stabilire quali scuole avrebbero beneficiato dei sussidi filantropici (per potersi quindi rafforzare) e quali no. Flexner scelse come destinatarie delle generose sovvenzioni solo le scuole più grandi e benestanti, che erano disposte ad attenersi al modello medico di terapia farmacologica preferito dai Carnegie e dai Rockefeller. Per le scuole più piccole e per quelle che adottavano un approccio naturale, il messaggio era chiaro: “Attenetevi al modello medico, oppure chiudete”. Nel giudizio di Flexner queste scuole non erano degne di essere salvate. Il desiderio della libertà di scelta della popolazione non fu nemmeno preso in considerazione.

L’infame Rapporto Flexner del 1910 pose fine, negli Stati Uniti, a un approccio alternativo alla salute. Le scuole alternative chiusero i battenti, incluse sei delle otto scuole di medicina frequentate da gente di colore e tutte le scuole che ammettevano la frequenza da parte delle donne. Gli istituti che si opposero alla chiusura vennero devastati e distrutte da apposite squadre di ostruzionisti. La nuova classe medica, approvata dalle Fondazioni Rockefeller e Carnegie, . non desiderava spartire il compito di curare con chiunque portasse avanti filosofie diverse dalla sua e non aveva intenzione di mettere a disposizione di negri, donne o guaritori profani le sue costose strutture educative. (Nel suo rapporto, Flexner lamentava infatti che, in seguito alla pressione popolare, nel secolo precedente qualsiasi “rozzo giovanotto” poteva farsi una preparazione in campo medico.) Ora le porte si chiudevano a tutti, tranne che ai maschi bianchi appartenenti al ceto medio e alla borghesia.

Come risultato della forza posseduta dalle Fondazioni Rockefeller e Carnegie  in campo legislativo, vennero approvate severe norme e regolamenti statali e federali che limitavano il riconoscimento ufficiale dell’approccio medico preferito. Questo fu fatto con il preciso intento di precludere la diffusione di filosofie della salute alternative, garantendo così un monopolio in questo delicato settore. Le affermazioni del dottor W. A. Evans, commissario della sanità di Chicago, pubblicate sul “Journal of  the American Medical Association” del 16 settembre 1911 chiariscono questo aspetto: “Dal mio punto di vista,  i medici farebbe bene a controllare e dirigere ogni grande movimento  della salute. Dovrebbero presidiare gli uffici sanitari,  le associazioni per la cura della tubercolosi, le opere di assistenza per l’infanzia,  le associazioni per la concessione di una casa, e così via. Il futuro della professione medica sta nel tenere le cose sotto controllo, in modo che quando l’opinione pubblica pensa a determinate cose, pensi automaticamente ai medici e non ai sociologi o ai tecnici sanitari (termine da lui usato per indicare gli igienisti naturali, N. d. A.). La classe medica non può permettere che questi posti vengano occupati da persone che non siano medici…»

 

Come si vede, non si è trattato di un “normale” processo in cui, a parità delle condizioni date, prevalse la filosofia medica più nobile e disinteressata, o quanto meno quella che godeva effettivamente dell’approvazione della maggior parte della popolazione e degli stessi operatori nel campo della salute; ma di un disegno metodico, lucido, inesorabile, tendente a porre la salute sotto il controllo esclusivo di forze che avevano ben poco interesse ad un suo effettivo miglioramento, dato che si reggevano (e tuttora si reggono) sul florido mercato della malattia.

E quel che è accaduto, nei primi anni del XX secolo, negli Stati Uniti d’America, si è poi esteso a tutto il mondo occidentale e di lì, almeno al livello della medicina accademica, praticamente al mondo intero, con l’attiva collaborazione della stampa, dell’editoria, della televisione, della scuola, dell’università e di quasi tutti i “liberi” esponenti del mondo della cultura.

Sarà stato proprio un caso che, pochi anni dopo la stesura del Rapporto Flexner, si diffondesse una delle epidemie più micidiali e più misteriose nella storia dell’umanità, l’influenza “spagnola”, che fece non meno di venti 20 milioni di vittime; e ciò proprio quando la medicina “ufficiale” gridava trionfalmente che l’epoca delle grandi epidemie era finita per sempre, grazie ai progressi che essa aveva realizzato a favore della salute mondiale? Ma non vogliamo fare del cospirazionismo a buon mercato e lasciamo aperta la questione per coloro che avessero il desiderio di approfondirla per proprio conto. Sta di fatto che un modello totalitario di medicina aveva trionfato e che, per decenni, le medicine alternative furono costrette a nascondersi e ad essere praticate in condizioni di semi-clandestinità, con lo spettro del carcere per quanti vi operavano.

Non si vuole dire, con questo, che tutte le filosofie mediche alternative a quella accademica siano valide e buone; sappiamo bene come vi siano, in esse, molte scorie, molta confusione, molta colpevole impreparazione. Tuttavia, a prescindere dal fatto che non si parla mai abbastanza della confusione e della impreparazione che regnano nella medicina “ufficiale”, perché essa funziona come un sistema blindato nel quale vige la pratica di “lavare i panni sporchi in famiglia» (e, quindi, i suoi errori vengono nascosti all’opinione pubblica), il punto non è questo; il punto è che, in una società che si pretende democratica, ogni persona dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente come curarsi e a chi affidarsi, invece di essere praticamente costretta a mettersi nelle mani di un sistema sanitario, specialmente pubblico, che si ispira ad una sola filosofia e che è irreparabilmente compromesso con interessi finanziari tutt’altro che limpidi.

Riappropriarsi della propria salute, potendo contare su un sistema sanitario pluralista e su un orizzonte culturale inclusivo di tutte le filosofie mediche, e non limitato ad una soltanto, è, dunque, per ogni persona capace di libertà di giudizio, un obiettivo fondamentale, non solo nell’ambito specifico della guarigione dalle malattie, ma, più in generale, in quello dell’assetto democratico della società, che passa necessariamente attraverso una netta separazione fra gli interessi economici privati e le istituzioni mediche preposte alla tutela del bene comune. È strano che si parli così poco di questo problema, da parte dei nostri intellettuali, dei nostri amministratori e dei nostri uomini politici; ed è strano che l’opinione pubblica, talvolta così sensibile a delle questioni di secondaria importanza, sia poi così distratta rispetto ad esso, che investe in prima persona ogni singolo cittadino e da cui dipende la trasparenza dell’intero sistema economico, politico e sociale.

Molti, troppi, sono gli interessi privati in gioco; ma, appunto per questo, è doveroso aprire gli occhi.