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La Libyan Connection di Sarkozy: i soldi di Gheddafi e l’Italia nel mirino

di Alberto Negri - 20/03/2018

La Libyan Connection di Sarkozy: i soldi di Gheddafi e l’Italia nel mirino

Fonte: Alberto Negri

Coincidenze che forse non sono coincidenze. Due giorni fa il figlio di Gheddafi Seif Islam  _ colpito da mandato di cattura internazionale _ annunciava la sua intenzione di volersi candidare alla presidenziali in Libia previste quest’anno e ora l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy viene messo in stato di fermo a Nanterre per i finanziamenti alla sua campagna elettorale del 2007 con il sospetto che sia stata foraggiata da fondi libici. 

Il premier francese Edouard Philippe raccomanda “prudenza e rispetto” nel trattare questa vicenda non tanto per solidarietà con l’ex presidente ma perché stanno per venire a galla i veri motivi che spinsero Sarkozy ad attaccare Gheddafi nel 2011 trascinando Gran Bretagna e Stati Uniti nella disgregazione del maggiore alleato dell’Italia nel Mediterraneo. La peggiore sconfitta italiana dal secondo dopoguerra che è costata miliardi, centinaia di migliaia di profughi e rivoluzionato con l’argomento immigrazione e sicurezza, dominante in campagna elettorale, il quadro politico interno.

In realtà sono anni che si parla dei finanziamenti libici del consorte della celeberrima Carla Bruni. La vicenda ruota intorno a due personaggi nel mirino da tempo degli inquirenti francesi.  Uno è l’intermediario franco-algerino Alexandre Djouhri, attualmente sotto custodia inglese, che è stato in affari con il Lybian Africa Investment Portfolio (Lap), un fondo sovrano libico da cui sarebbero stati stornati fondi a favore di Sarkozy. Il secondo protagonista è un uomo  depositario di molti segreti libici: Bechir Saleh, che oltre a dirigere il fondo Lap, era anche capo di gabinetto di Gheddafi. Con la guerra lanciata dai francesi nel 2011 Bechir Saleh viene esfiltrato dalla Libia, passa dall’ambasciata francese a Tunisi e quindi  spedito in Sudafrica. Saleh, interrogato a Johannesburg dagli inquirenti francesi, sarebbe l’uomo chiave nella vicenda dei soldi libici a Sarkozy.

Bechir Saleh si difende affermando di essere soltanto un  patriota, in realtà si muove con molta prudenza e non abbandona l’esilio sudafricano forse perché non vuole fare la fine del suo amico Choukry Ghanim, l’ex ministro del petrolio libico trovato cadavere nel 2012 sul fondo del Danubio a Vienna. Ma veniamo al contesto della vicenda, la guerra in Libia, la vera ragione per cui il caso Sarkozy può dare molto fastidio alla Francia di Emmanuel Macron.

La Francia di Sarkozy, come del resto la Gran Bretagna di Blair, avevano puntato a rafforzare i legami economici e strategici con Gheddafi. Seif Islam aveva un ruolo di primo piano: veniva ricevuto a Buckingam Palace, a Parigi, a Washington e finanziava persino la London School of Economics, oltre ovviamente a gestire i fondi libici sulle piazze internazionali.  La Francia, pur di ingraziarsi i leader libico, aveva persino offerto a Tripoli la vendita di centrali nucleari, argomento molto sensibile per Gheddafi che aveva rinunciato alle armi di distruzione di massa nel 2004 per non fare la fine di Saddam Hussein in Iraq. 

L’obiettivo principale dei francesi era soppiantare l’Italia e l’Eni che aveva circa due terzi delle concessioni sul petrolio libico. I mesi che precedono la rivolta anti-Gheddafi di Bengasi nel febbraio 2011 _ dove andrà a fare la sua sfilata l’intellettuale dell’establishment Bernard Henry Levy _ sono molto importanti per capire le manovre della Francia.  Sarkozy vede sfumare l’obiettivo di portare Gheddafi dalla sua parte quando il 30 agosto 2010 Gheddafi viene ricevuto a Roma in pompa magna: in pratica il suggello a contratti per 50 miliardi di dollari, il blocco dell’immigrazione clandestina e un ruolo di primo piano nel Paese per l’Italia.

Sarkozy, già allora preoccupato per voci sui finanziamenti libici ala sua campagna elettorale, decide di giocare fino in fondo la partita libica. In autunno va a Parigi il ministro degli Esteri libico, Mussa Koussa, che poi defezionerà dagli inglesi, poi arriva nella capitale francese Nouri Mesmari, capo del protocollo del colonnello Gheddafi, che il 16 novembre all’`Hotel Concorde Lafayette di Parigi incontra alcuni stretti collaboratori del presidente francese Sarkozy. Poco dopo una delegazione commerciale francese parte per Bengasi, rafforzata da uomini dei servizi. I1 23 dicembre arrivano altri libici a Parigi, sono Farj Charrant, Fathi Boukhris e Ounes Mansouri che il 17 febbraio saranno tra i leader della rivolta di Bengasi contro i miliziani del colonnello.

Una mail inviata il 2 aprile 2001 dal funzionario americano Sidney Blumenthal all’allora segretario di stato Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-britannico. Il governo francese, scrive Blumenthal, ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche quelle sospette di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo. Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche e il funzionario americano le riassume in 5 punti: 
1 Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore di petrolio della Libia a danno dell’Italia
2.Aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
3.Migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
4.Dare ai militari un’opportunità per riasserire la posizione di potenza mondiale della Francia
5.Rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza

Le riserve di Gheddafi, stimate in “143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento”, ponevano una seria minaccia al Franco francese CFA, la principale valuta africana adotta da 14 Paesi che versano l’80% delle loro riserve al Tesoro di Parigi. L’oro accumulato dalla Libia poteva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro libico. A queste motivazione geopolitiche ed economiche se ne aggiunge una personale. Eliminare Gheddafi per Sarkozy significava far fuori il leader arabo che poteva incastrarlo per i finanziamenti elettorali. 

Ecco perché oggi l’inchiesta su Sarkozy non riguarda soltanto un leader in pensione ma le motivazioni di un conflitto che ha frantumato un intero Paese e messo l’Italia alle corde, costretta a bombardare Gheddafi altrimenti la Nato avrebbe colpito i terminali dell’Eni. Un materia che scotta in mano ai giudici e va ben al di là del caso personale dell’ex presidente.