Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Bush e lo spazio

Bush e lo spazio

di Giorgio Nebbia - 02/11/2006



La grande malattia dell'Occidente e' la paura, paura di essere toccati nella
propria persona, nella propria casa, nel proprio paese, nei propri soldi,
nella convinzione di essere sempre nel giusto anche quando si ha torto.
Franklin Delano Roosevelt, nell'insediarsi alla Casa Bianca, nell'America
del 1933, dilaniata dalla crisi economica, da ingiustizie e violenze, disse
che "l'unica cosa di cui aver paura e' la paura stessa". La paura attanaglia
alla gola i paesi opulenti che hanno paura, appunto, di essere minimamente
scalfiti nei propri egoismi e brancolano nel buio cercando chi puo'
toccarli, e siccome l'eventuale nemico non si vede, talvolta non esiste,
essi spendono cifre folli per sistemi di protezione che non proteggono
niente.
Rientra, a mio parere, in questa frenesia della paura anche la recente
sortita del presidente degli Stati Uniti che ha rilanciato qualche giorno
fa, sotto elezioni, la sua "politica nazionale dello spazio" che si potrebbe
riassumere in pochi punti. Gli Stati Uniti si riservano qualsiasi diritto di
usare, per la sicurezza nazionale, strumenti collocati nello spazio, al di
sopra di qualsiasi paese; per difendere tale presunto diritto all'uso dello
spazio si riservano il diritto e la liberta' di scoraggiare qualsiasi azione
che interferisca con tale uso e di negare agli "avversari" l'uso dello
spazio per qualsiasi azione che essi possano considerare ostile ai loro
interessi. Inoltre gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi accordo
internazionale che ponga dei limiti al loro accesso o uso dello spazio.
Questa sortita ha suscitato, soprattutto a sinistra, qualche mugugno sulla
violazione dei soliti principi del carattere dello spazio come "bene
comune". Ma dove siamo stati, in tutti questi anni? La sortita di Bush non
fa altro che ribadire ad alta voce, a fini elettorali, l'arrogante politica
imperiale spaziale degli Stati Uniti cominciata con Reagan, il 23 marzo
1983, con la promessa dello scudo spaziale; allora almeno ci ribellammo (un
poco) e abbiamo visto con sollievo l'insuccesso sul piano tecnico del
funzionamento di tale "scudo". Ma dove eravamo, nel 1996, quando Clinton
espose la sua idea di controllo dello spazio, seguito dal Bush, padre
dell'attuale presidente? E dove eravamo nel dicembre 2001 quando gli Stati
Uniti si sono ritirati dal Trattato Abm contro i missili balistici, dopo
aver ottenuto il sostegno del loro alleato italiano? E dove eravamo
nell'ottobre 2005 e il 18 ottobre scorso quandogli Stati Uniti votarono
contro (in precedenza si erano sempre almeno astenuti) una mozione delle
Nazioni Unite sull'uso pacifico dello spazio? Questa lunga storia di
prepotenze precede di molto i miseri tentativi della Corea del Nord di
sperimentare missili a lunga gittata, addotti oggi come altra scusa per
giustificare l'appropriazione americana dello spazio.
*
Il governo americano sostiene che la difesa spaziale rientra nella piu'
generale strategia della difesa terrestre, navale e aerea del suo paese; il
fatto e' che le attivita' militare terrestri, navali ed aeree sono limitate
dai confini "fisici" che il diritto internazionale assicura allo spazio
terrestre, marittimo ed aereo di ciascun paese; lo spazio esterno, invece,
non ha confini e quindi una azione ostile, di qualsiasi paese, nello spazio
che sovrasta qualsiasi altro paese sfugge a qualsiasi limite: per questo
motivo davvero lo spazio esterno "e' di tutti", un "bene comune" in senso
tecnico, giuridico e politico. Se una nave occupa le acque territoriali di
un paese con fini ostili puo' essere affondata dal paese invaso, ma nel caso
dello spazio esterno una aggressione - sia militare, ma anche una intrusione
nelle informazioni commerciali e economiche - puo' avvenire senza alcun
rispetto del diritto del popolo sottostante.
Inoltre un aumento della presenza di strumenti militari nello spazio
comporta un aumento dei pericoli di ricaduta sulla superficie del pianeta di
materiali e rottami, fra cui le parti nucleari per la produzione
dell'energia necessaria a tali veicoli.
Infine la corsa all'appropriazione a fini militari dello spazio ha un altro
volto osceno; dietro tale corsa ci sono enormi investimenti finanziari di
quello che gia' Eisenhower aveva chiamato il "complesso
militare-industriale", ci sono gli stretti intrecci fra il potere politico
degli Stati Uniti e le industrie e gli affari che circolano intorno allo
spazio.
*
Non si puo' andare avanti cosi'. Occorre mobilitarsi non solo per motivi
etico-politici, come la violazione dello spazio bene comune, non solo per
motivi ecologici: bisogna recuperare la maesta' del diritto internazionale,
il dovere di chiedere il rispetto degli accordi che si sono, pur lentamente,
accumulati nel nome della pace e del diritto dei popoli e che nessun
imperatore del mondo puo', a suo piacere, stracciare.
La paura che permea l'occidente puo' essere sconfitta soltanto con una
ripresa della esatta conoscenza dei pericoli che ci circondano; la
conoscenza di quanto viene discusso alle Nazioni Unite, della posizione che
l'Italia e l'Europa assumono sulle questioni fondamentali del disarmo,
contro la nuclearizzazione e militarizzazione dello spazio, contro la
diffusione delle armi e attivita' nucleari. Occorre un rilancio della
consapevolezza - e della pedagogia della consapevolezza - delle conseguenze
sulla salute e sull'ambiente dei progressi della tecnica al servizio delle
merci oscene, le armi, e occorre riconoscere le complicita' tecniche e
scientifiche della stessa Italia nella corsa alle merci oscene, come facemmo
quando riuscimmo a mobilitare i lavoratori contro la produzione delle mine
antiuomo.
Io comincerei con un forte appello etico contro l'oscenita' delle spese che
nel mondo vengono sostenute per attivita' che non fanno altro che opprimere
i popoli e quindi generano le spinte di ribellione che a loro volta generano
la nostra paura; delle spese che, dirottate verso la liberazione dalla fame
e dalla miseria davvero allontanerebbero i motivi della nostra paura. Hanno
una bella voglia le autorita' delle chiese cristiane, le autorita' delle
varie religioni, di ricordare che la pace e' figlia della giustizia, ma fino
a quando non faremo della domanda di giustizia internazionale, di
liberazione dalla schiavitu' della miseria e della discriminazione il nostro
credo politico, la paura dominera' e aumentera' e non sara' certo fermata da
un po' di satelliti in piu'.