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La madre di tutti i pretesti

di Uri Avnery - 04/11/2007

 

Quando sento parlare di "scontro di civiltà" non so se bisogna ridere o piangere.

Ridere, perché un tale concetto è completamente idiota.

Piangere, perché è capace di provocare indicibili disastri.

Vi è ancora di più da piangere in quanto i nostri governanti utilizzano questo slogan come pretesto per sabotare ogni possibilità di riconciliazione israelo-palestinese. Non è che un pretesto in più nella lunga lista dei pretesti.

Perché il movimento sionista ha bisogno di accampare scuse per giustificare la maniera con cui tratta i Palestinesi?

Alla sua nascita, era un movimento idealista. Dava grande importanza alle sue basi morali. Non solamente per convincere il mondo, ma soprattutto per avere la coscienza tranquilla.

Dalla nostra più tenera infanzia, ci hanno insegnato la vita dei pionieri, molti dei quali figli e figlie di famiglie agiate e ben educate, che avevano lasciato dietro di sé una vita confortevole in Europa per cominciarne una nuova in un paese lontano e – secondo i criteri dell’epoca – primitivo. Qui, in un clima duro al quale essi non erano abituati, hanno compiuto un lavoro fisico sfiancante sotto un sole torrido.

Per fare ciò, essi avevano assolutamente bisogno di credere nella giustezza della loro causa. Essi non credevano solamente nella necessità di salvare gli Ebrei d’Europa dalla persecuzione e dai pogroms, ma anche in quella di creare una società, la più giusta di sempre, una società ugualitaria che fosse un modello per il mondo intero. Leon Tolstoi non era meno importante per loro di Théodore Herzl. Il kibbutz e il moshav [insediamento agricolo di tipo comunitario simile al kibbutz, ndt] erano simboli di tutta l’impresa.

Ma questo movimento idealista aveva per obiettivo di installarsi in un paese abitato da un altro popolo. Come superare questa contraddizione tra i suoi sublimi ideali e il fatto che per la loro realizzazione si rendeva necessaria l’espulsione di un popolo dalla sua terra?

Il modo più semplice consisteva nel rimuovere completamente il problema, nell’ignorarne la stessa esistenza: la terra, ci dicevano, era vuota, non c’erano altre persone a viverci. Questa fu la giustificazione che è servita a passare sopra l’abisso morale.

Solo uno dei padri fondatori del movimento sionista fu abbastanza coraggioso per dire pane al pane. Zeev Jabotinsky ha scritto 80 anni fa che era impossibile ingannare i Palestinesi (di cui riconosceva l’esistenza) e comprare il loro consenso per realizzare le aspirazioni sioniste. Noi siamo coloni bianchi che colonizzano la terra di un popolo autoctono, diceva, e non c’è alcuna possibilità che gli indigeni ci si rassegnino volontariamente. Essi resisteranno violentemente, come ogni popolo indigeno nelle colonie europee. Dunque, abbiamo bisogno di un "muro di ferro" per proteggere l’impresa sionista.

Quando è stato detto a Jabotinsky che questo approccio era immorale, egli replicò che gli Ebrei tentavano di salvarsi dal disastro che li minacciava in Europa e che questo bisogno morale prevaleva in loro sulle considerazioni etiche riguardo gli Arabi della Palestina.

La maggior parte dei sionisti non era pronta ad accettare questo approccio fondato sulla forza. Essi cercavano con fervore una giustificazione morale con cui poter vivere.

Così è cominciata la lunga ricerca di giustificazioni, ogni pretesto rimpiazzando il precedente, in funzione dell’evoluzione delle mode spirituali nel mondo.

La prima giustificazione fu esattamente la sola ridicolizzata da Jabotinsky: noi siamo venuti in realtà nell’interesse degli Arabi. Li faremo uscire dalle loro condizioni di vita primitive, dalla loro ignoranza e miseria. Insegneremo loro i moderni metodi di agricoltura e porteremo loro una medicina avanzata. Porteremo loro tutto, salvo il lavoro, perché avremo bisogno di tutti i lavori per gli Ebrei che verranno qui, quelli che, da Ebrei del ghetto, noi trasformeremo in un popolo di operai e contadini.

Quando gli Arabi ingrati si sono messi a resistere al nostro grande progetto, malgrado tutti i vantaggi che ci eravamo ripromessi di portare loro, abbiamo trovato una giustificazione marxista: non sono gli Arabi che si oppongono a noi, ma solamente gli "effendis". Gli Arabi ricchi, i grandi proprietari, temono che il luminoso esempio della comunità ebraica egualitaria attiri il proletariato arabo sfruttato e lo porti a rivoltarsi verso i suoi oppressori.

Anche questo non ha funzionato a lungo, forse perché gli Arabi hanno visto come i sionisti compravano la terra agli stessi "effendis" e cacciavano i mezzadri che la coltivavano da generazioni.

L’ascesa dei nazisti in Europa ha portato masse di Ebrei nel paese. Gli Arabi hanno visto la terra ritirarsi sotto i loro piedi e hanno lanciato una ribellione contro gli Inglesi e gli Ebrei nel 1936. Perché, si chiedevano gli Arabi, dover pagare per la persecuzione degli Ebrei da parte degli Europei? Ma la rivolta araba ci diede un’altra giustificazione: gli Arabi sostengono il nazismo. E difatti il gran mufti di Gerusalemme, Hajj Amin al-Hussein, fu fotografato seduto accanto a Hitler. Alcune persone "scoprirono" che il mufti era il vero istigatore dell’Olocausto. (Anni dopo fu rivelato che Hitler detestava il mufti il quale non ebbe assolutamente alcuna influenza sui nazisti).

La Seconda guerra mondiale finì e fu seguita dalla guerra del 1948. La metà dei Palestinesi vinti divennero profughi. Questo non turbò la coscienza sionista. Perché tutto il mondo sapeva: sono partiti di loro spontanea volontà. I loro capi li hanno invitati a lasciare le loro case, per ritornare dopo la vittoria degli eserciti arabi. Certo, nessuna prova fu mai portata per sostenere questa affermazione assurda, ma all’epoca essa era sufficiente ad alleggerire la nostra coscienza.

Ci si può chiedere come mai i profughi non furono autorizzati a rientrare nelle loro case una volta terminata la guerra. Ebbene, sono loro che nel 1947 hanno rifiutato il piano di spartizione dell’ONU ed iniziata la guerra. E’ per questo che hanno perduto il 78% del loro paese e non possono prendersela che con se stessi.

Poi arrivò la Guerra Fredda. Noi, naturalmente, stavamo con il "mondo libero, mentre il grande leader arabo, Gamal Abd-el-Nasser, riceveva le sue armi dal blocco sovietico". (Certo, durante la guerra del 1948 le armi sovietiche arrivavano anche a noi in gran quantità, ma che importa). Era perfettamente chiaro: inutile discutere con gli Arabi perché sostengono la tirannia comunista.

Ma il blocco sovietico è crollato. "L’organizzazione terrorista chiamata OLP", come Menahem Begin soleva dire, riconobbe Israele e firmò gli accordi di Oslo. Bisognava trovare una nuova giustificazione al nostro rifiuto di restituire i territori occupati ai Palestinesi.

La salvezza venne dall’America: un professore di nome Samuel Huntington scrisse un libro sullo "Scontro delle civiltà". E così abbiamo trovato la madre di tutti i pretesti.

Il nemico per eccellenza, secondo questa teoria, è l’Islam. La civiltà occidentale, giudaico-cristiana, liberale, democratica, tollerante, è attaccata dal mostro islamico, fanatico, terrorista, assassino.

L’Islam è assassino per natura. Infatti, "musulmano" e "terrorista" sono sinonimi. Ogni musulmano è un terrorista e ogni terrorista è musulmano.

Uno scettico potrebbe chiedere: come è possibile che la meravigliosa cultura occidentale abbia dato i natali all’Inquisizione, ai pogroms, alla caccia alle streghe, all’annientamento degli Indiani d’America, alle pulizie etniche e ad altre innumerevoli atrocità – ma questo riguarda il passato. Oggi la cultura occidentale è l’incarnazione della libertà e del progresso.

Il professor Huntington non pensava particolarmente a noi. Il suo principale obiettivo era di soddisfare un bisogno malato americano molto particolare: l’impero americano ha sempre bisogno di un nemico virtuale globale, un nemico unico che comprenda tutti gli oppositori degli Stati Uniti nel mondo. I comunisti facevano al caso loro – il mondo intero era diviso tra i buoni (gli Americani e quelli che li sostenevano) e i cattivi (i rossi). Chiunque si opponeva agli interessi americani era automaticamente comunista – Nelson Mandela in Sudafrica, Salvador Allende in Cile, Fidel Castro a Cuba, mentre i signori dell’apartheid, gli squadroni della morte di Augusto Pinochet e la polizia segreta dello Scià dell’Iran appartenevano, come noi, al Mondo Libero.

Quando l’impero comunista si è dissolto, l’America si è ritrovata improvvisamente senza nemico mondiale. Questo vuoto è stato adesso riempito dai terroristi musulmani. Non solamente Osama Bin Laden, ma anche i combattenti per la libertà ceceni, la gioventù nordafricana in rivolta nelle banlieues di Parigi, i Guardiani della Rivoluzione iraniani, gli insorti delle Filippine.

Così la visione americana del mondo si è riaggiustata: un mondo buono (la civiltà occidentale) e un mondo cattivo (la civiltà islamica). Alcuni diplomatici si preoccupano ancora di distinguere tra "islamici radicali" e "musulmani moderati", ma è solo apparenza. Tra di noi, sappiamo bene che sono tutti degli Osama Bin Laden. Sono tutti uguali.

In questo modo, una gran parte del mondo, composta da molti paesi estremamente differenti, e una grande religione, con tendenze molto diverse e anche opposte (come nella cristianità e nel giudaismo), che ha dato al mondo tesori scientifici e culturali ineguagliabili, sono messi in un unico calderone.

Questa visione del mondo è tagliata su misura per noi. In effetti, il mondo dello scontro di civiltà è, per noi, il miglior mondo possibile.

Di colpo, la lotta tra Israele e i Palestinesi non è più un conflitto tra il movimento sionista, che si è installato in questo paese, e i Palestinesi che l’abitavano. No, è stato fin dall’inizio una parte della lotta mondiale che non ha nulla a che vedere con le nostre aspirazioni e le nostre azioni. L’assalto dell’Islam terrorista al mondo occidentale non è cominciato a causa nostra. Possiamo avere la coscienza assolutamente tranquilla – noi facciamo parte dei buoni del mondo.

E’ attualmente la linea argomentativa dell’Israele ufficiale: i Palestinesi hanno eletto Hamas, un movimento islamico omicida. (Se non esistesse bisognerebbe inventarlo – e d’altronde c’è chi afferma che agli esordi sia stato creato dai nostri servizi segreti). Hamas è terrorista così come Hezbollah. Può darsi che Mahmoud Abbas in persona non sia un terrorista, ma è debole e Hamas è sul punto di prendere da solo il controllo su tutti i territori palestinesi. Dunque, noi non possiamo parlare con loro. Non abbiamo interlocutori. In effetti, non ci è possibile avere interlocutori perché noi apparteniamo alla civiltà occidentale che l’Islam vuole sradicare.

Nel suo libro del 1896, "Lo Stato degli Ebrei", Théodore Herzl, il profeta ufficiale dello Stato israeliano, ha anche predetto questa evoluzione.

Ecco cosa ha scritto nel 1896: "Per l’Europa, noi costituiremo (in Palestina) una porzione del muro contro l’Asia, saremo l’avanguardia della cultura contro la barbarie."

Herzl pensava a un muro metaforico, ma nel frattempo noi ne abbiamo eretto uno ben reale. Per molti, non è solo un muro di separazione tra Israele e la Palestina. E’ una parte del muro mondiale tra l’Occidente e l’Islam, la linea del fronte dello scontro di civiltà. Al di là del muro, non ci sono uomini, donne, bambini, né una popolazione palestinese conquistata e oppressa, né città e villaggi strangolati come Abou-Dis, a-Ram, Bilin e Qalqilya. No, dietro il muro ci sono un miliardo di terroristi, moltitudini di musulmani assetati di sangue, che non hanno che un desiderio nella vita: buttarci a mare, semplicemente perché siamo ebrei e facciamo parte della civiltà giudaico-cristiana.

Con una posizione ufficiale come questa, a chi parlare? parlare di cosa? a che scopo riunirsi ad Annapolis o altrove?

E cosa ci resta da fare – piangere o ridere?

Uri Avnery è giornalista e cofondatore di Gush Shalom.

Titolo originale: "The Mother of all Pretexts", Gush Shalom, 13 ottobre 2007

Fonte: http://gush-shalom.org/
Link
16.10.2007

Edizione francese di SW per l’Association France Palestine Solidarité

Scelto e tradotto dal francese per www.comedonchisciotte.org da MATTEO BOVIS