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Esiste un complotto mondale contro il cristianesimo?

di Francesco Lamendola - 26/10/2009

 

In un articolo di parecchio tempo fa, «Esiste un progetto consapevole per strappare l’anima del mondo» (consultabile sul sito di Edicolaweb e di Arianna Editrice) avevamo posto la questione, in termini generali, se possano considerarsi casuali tutte le azioni volte a disumanizzare sempre di più la nostra vita: arrivando alla conclusione che non può trattarsi di mere coincidenze, ma che deve trattarsi di qualcosa di molto più organico e inquietante.
Abbiamo anche accennato più volte alle sinistre attività di gruppi segreti o semisegreti, come il famigerato Gruppo Bilderberg: gruppi potenti, sia dal punto di vista finanziario che politico, in grado di esercitare un’azione incisiva nei settori cruciali della vita sociale ed economica del mondo intero.
È giunto ora il momento di domandarci se uno degli scopi di tali organizzazioni non sia proprio quello di attaccare sistematicamente e di distruggere il cristianesimo e specialmente il suo «zoccolo duro», vale a dire la Chiesa cattolica, dal momento che tutta una serie di coincidenze sospette sembrano andare precisamente in tale direzione.
Non si tratta, «semplicemente», del fatto che la cultura moderna, antireligiosa nella sua essenza, ha finito per evolvere verso posizioni di sempre maggiore fastidio e insofferenza nei confronti del cristianesimo in generale, e della Chiesa cattolica in particolare; tanto è vero che qualunque cosa faccia o dica il Papa (non questo o quel Papa, ma chiunque sieda sulla cattedra di Pietro), viene sistematicamente accolta da lazzi e battute, ora aspri, ora irridenti, fino alla recente cancellazione di una visita di Benedetto XVI all’Università di Roma. Oppure, si pensi alla esclusione di qualunque riferimento alle «radici cristiane» dell’Europa nella stesura della Costituzione europea: un assurdo storico, consumato in omaggio ai furori anticlericali del radicalismo oggi imperante.
Si tratta di ben altro: e cioè di un accanimento deliberato, tenace, implacabile, pianificato ad alto livello e obbedente ad una strategia ben precisa, che si serve della stampa, della televisione, della radio, della rete informatica, e mirante ad estirpare i germi del cristianesimo dall’animo di milioni di persone e, in prospettiva, di annientarlo completamente. Minare e distruggere la credibilità della Chiesa cattolica è una parte di questa strategia; un’altra parte consiste nell’opera febbrile di decine di chiese e sette protestanti, finanziate da circoli protestanti, mormoni e di altro genere, degli Stati Uniti d’America, mirante a sradicare il cattolicesimo dall’America Latina; opera che, nel giro di pochi decenni, ha condotto a risultati sorprendenti, avendo eroso ormai un buon 40% di fedeli alla Chiesa cattolica di quei Paesi.
Adoperando l’espressione «di altro genere», ci riferiamo a gruppi e società segrete che nulla hanno di religioso, ma che si servono di altri gruppi religiosi (ad esempio, i protestanti) per sviluppare la loro strategia anticattolica; e, fra questi, un ruolo cospicuo è certamente svolto dalla Massoneria. È un fatto storico ormai acclarato, e non una mera ipotesi, che la Terza Repubblica francese, sorta dal crollo dell’Impero di Napoleone III, fu una vera e propria creatura della Massoneria; ed è un fatto storico ormai acclarato, e non una mera ipotesi, che la Massoneria francese, in collegamento con quella inglese e statunitense, svolse un ruolo determinante nella decisione di cancellare dalla carta geografica, nel 1918, lo Stato cattolico più importante d’Europa e del mondo: l’Impero Austro-Ungarico (cfr. il nostro saggio «Dietro la fine dell'Austria e le premesse di un'altra guerra mondiale, il cattivo genio di T. Masaryk», consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).
Scrive Riccardo Calimani nel suo libro «Ebrei e pregiudizio. Introduzione alla dinamica dell’odio», (Milano, Mondatori, 2000, pp. 113-114):

«”La teoria della cospirazione - ha detto Karl Popper -  esprime quel punto di vista secondo cui tutto quello che si produce nella società, ivi comprese le cose che in generale le genti non amano, per esempio la guerra, la disoccupazione e la miseria, la penuria, sono il risultato de disegni d alcuni individui o gruppi potenti”. Questa ottica è molto diffusa, anche se rappresenta una superstizione abbastanza primitiva. Nella sua forma moderna è il risultato della laicizzazione delle superstizioni religiose. “Is fecit cui prodest”.: “Ecco - ha scritto Leon Poliakov - riassunta in due parole la visione poliziesca della storia.
L’idea di complotto, sia pure espressa in una forma rozza, emerge così spesso nel corso dei secoli da apparire non tanto una reazione straordinaria ad alcuni avvenimenti quanto una costante nella storia umana, il frutto di un meccanismo mentale molto radicato. Albert Einstein ha colto nel segno quando, osservando con stupore come sia molto diffusa la credenza che i demoni sono dappertutto, ha detto che probabilmente la credenza nell’azione dei demoni è alla radice del nostro concetto di causalità. “Post hoc, ergo propter hoc”: questa regola non scritta viene applicata più spesso di quanto si creda nell’interpretazione delle vicende del mondo. In qualche caso è una semplificazione pericolosa, che dà l’illusione di aver capito quello che resta oscuro. Spesso è una logica che ha l’attrattiva di essere chiusa in se stessa, quindi inconfutabile, e che, al di là della grossolanità della posizione di partenza, offre un senso di sicurezza e la sensazione di essere approdati a una soluzione razionale.
Come i meccanismi mentali usati in modo non conscio, così anche le grandi idee della mitologa non solo rispondono a questioni cosmologiche eterne, ma sono utili per alleviare la sofferenza di fronte all’impossibilità di comprendere tutto, in particolare il risvolto nascosto degli avvenimenti.
Quando la sofferenza arriva a un livello insopportabile gli antichi miti non riescono a impedire la perdita di controllo individuale e sociale e allora emerge nella società una dottrina della salvezza millenarista che annuncia verità nuove e valori autentici. È capitato spesso che, ne momenti n cui i turbamenti  si sono rivelati molto forti, siano emerse [?] nella società sentimenti “anti”, cioè quelle motivazioni antagoniste archetipe che hanno individuato un capro espiatorio, che hanno sviluppato il tema del complotto. L’immagine dell’Anticristo è uno degli esempi di queste aggregazioni fantasmatiche. Anticristo fu Nerone, poi Maometto, il sultano turco, alcuni papi e imperatori, ma più spesso l’Ebreo, inteso non come uomo, ma come eterno errante sovvertitore dell’ordine costituito.
Il tema del complotto è presente in modo evidente nell’Inghilterra elisabettiana. Dapprima fu protagonista Maria Tudor (1553-1558), chiamata con un soprannome eloquente Bloody Mary, poi nel 1678 gli inglesi furono assatanati dall’idea di una cospirazione papista, il Popish Plot che suscitò un odio paranoico nei confronti del papato. Quando Cromwell, in armonia con le sue speranze millenariste, volle accettare nuovamente gli ebrei in Inghilterra, la reazione fu aspra e allora ebrei e gesuiti furono accomunati come artefici di oscure trame. Un fanatico puritano, William Prynn, esclamò: “Sotto il pretesto di ebrei vedremo venire molte centinaia di gesuiti, preti e monaci c on il titolo, l’abito, il travestimento di ebrei per minare la nostra religione, la Chiesa e lo Stato e seminare eresie, bestemmie e papismo”.
Il tema della congiura si esprime con forza anche negli ani terribili della Rivoluzione francese: la congiura era ordita ovviamente dagli aristocratici. Ma è nella filosofia tedesca che l’arte della diavoleria e del complotto trova il suo fondamento ideologico, che Hegel sviluppò con il metodo dialettico su scala mondiale.
Il mito della cospirazione mondiale ebraica è un adattamento moderno della tradizione demonologia che nel corso dei secoli ha avuto uno sviluppo incredibile: quasi che per diventare credibile il reale debba diventare favola.»

Citando un filosofo neopositivista e definendo sprezzantemente le teorie del complotto come una forma di superstizione, per giunta piuttosto primitiva, Calimani ritiene di essersi messo automaticamente dalla parte del più forte: dalla parte della Scienza, della Ragione, del Logos razionale e infallibile, su cui sono basate tante belle cose della Modernità, a cominciare dal Progresso (sulla cui natura di superstizione, evidentemente, quelli che la pensano come lui non si sono mai posti la più piccola domanda).
Citando Poliakov e parlando del complottismo come di una visione poliziesca della storia, poi, Calimani si pone sotto la protezione di un altro infallibile nume tutelare della Modernità: la Democrazia, che odia la sola parola “poliziesco” e che si serve, sì, della polizia contro i propri nemici, ma senza sporcarsi le mani e delegandone le prosaiche funzioni alla bassa manovalanza: con una bella dose d ipocrisia, essa non vuol sapere quello che fa la sua mano sinistra, mentre la destra scrive le magnifiche parole di Liberté, Fraternità ed Egalité.
Osserviamo, fra parentesi, che nello spazio di nove righe, Calimani ha già citato due intellettuali ebre: Popper e Poliakov; e, pochissime righe dopo, ne cita un terzo, Einstein; cosa assolutamente normale fra gli storici di parte ebraica, i quali, ignorando le regole non scritte valide per chiunque altro, non si danno alcun pensiero della propria sistematica autoreferenzialità. Più avanti Calimani cita un altro intellettuale ebreo, lo storico Isaac Deutscher, per «spiegare», invero molto fantasiosamente, come si sarebbero dovuti comportare i Palestinesi, allorché si videro cacciati dalla propria terra in seguito al «ritorno» degli Ebrei e alla nascita dello Stato d’Israele.
Forse che sarebbe considerato normale, per uno storico musulmano il quale tratti, poniamo, la storia recente dell’India, citare sistematicamente autori musulmani, e mai o quasi ma autori induisti? Forse che un autore non ebreo avrebbe mai potuto scrivere delle Pasque di sangue, come ha fatto Ariel Toaff, o, addirittura, negare l’esistenza di un popolo ebraico, come ha fatto Shlomo Sand (cfr. il nostro articolo «Quello degli ebrei è stato un vero “Civilisationsbruch”, una frattura della civiltà?», inserito sul sito di Arianna Editrice in data 15/01/2009).
Molto altro vi sarebbe da dire sul brano di prosa sopra citato, ma il succo del discorso è questo: dal momento che i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion» (tale è l'argomento del capitolo in questione) sono risultati un falso, allora l'idea del complotto globale ebraico è un falso; e, di conseguenza, ogni idea di complotto globale è un falso o, piuttosto, una favola, una superstizione, un mito grossolano e deleterio, che ha causato infiniti mali nella storia.
Strano ragionamento: sarebbe come se uno storico pretendesse di affermare che la dimostrata falsità di un trattato internazionale dimostra anche, di per sé, la falsità di tutti i trattati internazionali, e, più ancora, la falsità di ogni politica internazionale. Non così in fretta, per piacere: la conclusione è enormemente maggiore delle premesse.
Ed è veramente strano che a sviluppare un simile ragionamento - se così lo possiamo chiamare, dato che, in effetti, non viene spesa una parola a sostegno di esso, ma si dà tutto per scontato e per dimostrato - siano proprio quegli autori di parte ebraica i quali, senza mai parlare dell'antisemitismo, se non in chiave di ignoranza, crudeltà gratuita e ricerca di un capro espiatorio per tutti i mali possibili e immaginabili, implicitamente avallano l'idea di una sorta di complotto mondiale a danno del popolo ebreo: come se tutti i popoli con i quali gli Ebrei hanno avuto a che fare nel corso della storia, dagli antichi Egiziani ai Tedeschi sotto il nazionalsocialismo, si fossero collegati in un patto scellerato per perseguitare sempre la medesima vittima.
Insomma: se ad essere sospettati di oscure congiure nell'ombra sono gli Ebrei, allora si tratta di favole e di rozze superstizioni; ma, se ad essere perseguitati sono gli Ebrei,  allora non si esita a suggerire che il mondo intero, dai Faraoni a Hitler, abbia da sempre complottato per provocare la rovina del «popolo eletto».
Secondo questo modo di vedere, il fatto che una rete di banchieri ebraici, culminante nell'impero miliardario dei Rotschild, da una parte, e la classe dirigente sovietica, in gran parte composta da Ebrei, dall'altra, tenessero l'Europa e il mondo come stretti in una tenaglia; il fatto che l'Ottobre 1917 e il crollo di Wall Strett del '29 - i due eventi più traumatici del primo Novecento -  fossero riconducibili a una massiccia presenza ebraica, rispettivamente nella finanza occidentale e nello stato maggiore bolscevico, sono, evidentemente, frutto di una pura e semplice illusione ottica o, peggio, di una propaganda razzista e deliberatamente malvagia.
Ma chiudiamo questa parentesi e torniamo all'idea di un odierno, possibile complotto globale anticristiano. Quel che ci premeva evidenziare è che l'idea di un complotto globale - politico, economico, culturale - non è affatto così peregrina come taluni vorrebbero far credere. E meno che mai lo è oggi, mentre è in atto un processo di globalizzazione rapidissimo e che investe tutti i livelli, quale non si sarebbe potuto neanche immaginare solo cent'anni fa.
Le forze anticristiane in azione sono solo in parte quelle tradizionali, a cominciare dalla Massoneria; mentre, per la maggior parte, sono assai più recenti, legate ai poteri forti della finanza globalizzata e, probabilmente, ad oscuri culti esoterici, in parte di matrice satanista. Sappiamo che il gruppo Bilderberg si riunisce ogni anno a Sonoma, in California, nel Bosco Boemo, per celebrare strani riti ai piedi di un gigantesco idolo di legno, la notte, alla luce sinistra dei fuochi. Sappiamo anche che vi sono dei gruppi interessati alla rinascita degli dei dell'antica Eliopoli, in Egitto, e che attendono il compimento di oscure profezie collegate alla svolta del terzo millennio e al recente restauro della Grande Piramide di Gizah.
Fantasie, assurdità? Eppure proprio noi, in Italia, dovremmo sapere meglio di chiunque altro fin dove possano arrivare le trame di società segrete potenti e bene organizzate, dalla Loggia P2 di Licio Gelli a Cosa Nostra. Questo dovrebbe almeno insegnare agli storici un po' di prudenza, prima di liquidare come semplice fantasia l'idea di un complotto, o di una serie di complotti, orditi nell'ombra da gruppi di potere non dichiarati, capaci di manovrare come burattini quelli che l'opinione pubblica giudica i potenti della Terra: capi di Stato e di governo, banchieri, industriali e così via.
Questi centri di potere occulto, in verità, sono sempre esistiti, dai Templari agli Illuminati di Baviera; e hanno sempre tramato oscuri disegni, anche se la loro stessa segretezza ha contribuito ad ingigantire sia la fama della loro potenza, che quella della vastità delle loro strategie. Allorché essi, come generalmente avviene, si fondano anche su un nucleo di dottrine esoteriche - come è stato anche per il nazismo delle origini, ad esempio con la Società Thule -, le loro trame compiono un salto di qualità, perché non si pongono più solamente obiettivi di tipo politico o economico, ma mirano alla instaurazione di un vero e proprio nuovo ordine spirituale.
Ora, la domanda è se alcuni di tali centri di potere occulto, che certamente esistono, abbiano motivo di vedere nel cristianesimo, e nella Chiesa cattolica romana, i principali ostacoli alla realizzazione dei propri disegni, basati, appunto, sulla instaurazione di un nuovo ordine mondiale e sulla costruzione di un «uomo nuovo», che non sia solamente il docile consumatore sognato dalle multinazionali, ma anche il passivo strumento di una trasformazione spirituale profonda dell'umanità, di una vera mutazione antropologica.
Sappiamo bene che il solo fatto di porci un simile interrogativo equivale a passare per fanatici ignoranti e sanfedisti, per ottusi legionari del Papa e per reazionari difensori di un ordine spirituale le cui basi religiose sono già venute meno da gran tempo. Eppure, se è così, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai esista una simultaneità istantanea, che si direbbe concordata, da parte dei grandi organi di informazione mondiali, nel travisare e calunniare tutto ciò che proviene dal cattolicesimo.
Qualcuno ricorda ancora il caso Williamson? Il Papa non aveva ancora finito di riammettere i vescovi lefebvriani nel seno della Chiesa, che già si scatenava una sistematica campagna di stampa contro di lui, accusandolo di connivenza con le posizioni antisemite di Williamson. Ora, a parte il fatto che le posizioni di Williamson in materia di storia recente possono essere discutibili fin che si vuole, ma bisognerebbe andarci piano a definirle antisemite (a meno che si voglia definire antisemita qualunque voce non si appiattisca al mille per cento sulle tesi del sionismo più estremo), era ed è evidente che Bendetto XVI non intendeva affatto riabilitare Williamson per via di quelle affermazioni, che non c'entrano nulla con lo scisma religioso di Lefebvre; e che bisogna essere apertamente in mala fede per presentare la cosa sotto una tale luce.
A questo punto, il minimo che ci possa capitare sarà di essere catalogati tra i cattolici ultraconservatori, ovvero tra i nemici per eccellenza della Modernità, del Progresso, della Scienza e di tante altre belle cose (tanto è vero che abbiamo appena firmato un articolo intitolato «Contro Galilei», consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).
Non fa niente; quello di etichettare fra i «nemici» tutti coloro i quali dissentono dai dogmi del Pensiero Unico è un problema che non ci riguarda, ma riguarda gli intellettuali faziosi e venduti che non saprebbero scrivere un rigo senza la dettatura di qualche Suggeritore, esplicito od occulto; e che poi si vantano di essere uomini liberi!
Ma quando mai ci si sognerebbe di domandare le credenziali ideologiche a uno di quei signori, fino a quando essi continuano a dire tutto ciò che il potere comanda, e a tramandare in modo pedissequo la Vulgata universalmente accettata: sia in campo scientifico, sia in campo filosofico, sia in campo storico, sia in campo artistico e letterario? Essi non devono mai giustificarsi, e tanto meno discolparsi; non devono rendere conto a nessuno se continuano ad attribuire tutte le colpe alla parte soccombente, e a reclamare tutti i meriti e tutta la gloria per la parte che risulta vincente. Hanno perfino una parola che suona come un marchio d'infamia, «revisionisti», per etichettare tutti coloro i quali cominciano ad essere stanchi delle bugie della Vulgata dominante.
Ed ecco pronto il ricatto: se si afferma che la seconda guerra mondiale non è stata scatenata soltanto dalla malvagità e dalla pazzia di Hitler, subito si corre il rischio di essere sospettati di inconfessabili simpatie  per il nazismo (cfr. il nostro articolo: «Chi ha scatenato la seconda guerra mondiale?», sul sito di Arianna Editrice, come pure i successivi).
Se si fa osservare che l'evoluzionismo darwinista non è riuscito a produrre le prove che ci aveva promesso da sempre, ossia i famosi «anelli mancanti» dell'evoluzione, ci si vede affibbiare gli epiteti più ingiuriosi di oscurantisti antiscientifici (cfr. il nostro articolo: «Il darwinismo è una teoria della disperazione»).
Se, poi, si mette in dubbio la validità, metodologica e contenutistica, della odierna filosofia e della odierna psicologia materialiste, che vorrebbe ridurre tutto a corpi, si viene tacciati immancabilmente di idealismo regressivo e di spiritualismo fuori moda (cfr. i nostri articoli: «Per una ricostruzione del pensiero post-moderno» e «Nell'ambivalenza corporea di Galimberti la riproposizione di un relativismo radicale»).
Da ultimo, se si avanzano dubbi sulla validità artistica dei vari gabinetti, pezzi di legno e stracci incollati sulla tela, tori in carne ed ossa che montano mucche di plastica alla Biennale di Venezia, si viene accusati di non comprendere la genialità dell'arte moderna e di sognare la restaurazione di una estetica sorpassata e reazionaria (cfr. il nostro saggio: «Per una ricostruzione dell'estetica contemporanea»).
Quanto al cristianesimo, riconoscere che esso è oggetto di attacchi sistematici da parte dei poteri forti a livello globale, senza dubbio equivale ad essere etichettati come cattolici più o meno oscurantisti; perché ciascuno ragiona secondo le proprie categorie mentali: i faziosi e i venduti non riescono neanche a concepire che qualcuno possa ricercare la pura e semplice verità, senza per questo militare in questo o in quell'altro schieramento ideologico.
Ringraziando i grandi «maestri del sospetto», specialmente Marx e Freud: come ammettere che qualcuno possa perseguire la verità per amore della verità, se la verità non esiste e se gli uomini sono solo dei mostri di egoismo, dediti alla ricerca del proprio piacere e del proprio interesse, a danno di chiunque altro?
Questa, infatti, è l'immagine dell'uomo, questa è l'immagine della realtà che i poteri forti vorrebbero imporre, mediante una forma di vero e proprio totalitarismo culturale.
Appunto. E quale è, oggi, la più grande forza spirituale in grado di opporsi a un tale disegno, di fare diga di fronte a un tale nichilismo distruttivo, se non il cristianesimo, pur con tutti i suoi limiti e i suoi difetti, che non possiamo e non vogliamo nasconderci?
Varrebbe la pena di riflettere su questa domanda, indipendentemente dalle proprie convinzioni religiose, filosofiche o politiche.
A chi dà fastidio, oggi, che si tenga viva l'immagine dell'uomo come persona integrale, moralmente libera e responsabile, e chiamata a rispondere dei propri atti?
Chi si oppone alla pratica diffusa dell'aborto, come strumento di controllo delle nascite?
Chi si oppone all'eutanasia, contrabbandata come diritto all'autodecisione dell'essere umano?
Chi parla ancora di giusto salario agli operai, di iniqua distribuzione delle ricchezze mondiali?
A quale religione appartengono tutti i missionari, laici e non, che vengono quotidianamente uccisi, nei latifondi dell'America Latina, per aver difeso i diritti dei più deboli?
Quale è stata l'unica voce autorevole che, nel 2003, si è levata chiara e forte per dire «no» alla iniqua guerra di aggressione degli Stati Uniti contro l'Iraq?
Chi si batte da anni contro la liceità della pena di morte, e denuncia la cultura di morte che sta dietro ad essa, come pure dietro al lucroso commercio internazionale delle armi?
Chi spende parole di carità e di speranza nelle bidonvilles e nelle favelas del Sud della Terra, in mezzo agli ultimi degli ultimi?
Sono forse gli esponenti della cultura laica, radicale, secolarista e progressista, che si fanno belli finché c'è solo da chiacchierare e non da sporcarsi le mani, e parecchio? Oppure che fanno grotteschi scioperi della fame davanti alle telecamere televisive, atteggiandosi perennemente a vittime di censure e congiure del silenzio ai loro danni?
Si potrebbe anzi pensare che tutta una serie di attacchi condotti contro le comunità cristiane del Sud della Terra, non solo a parole, ma con le armi in pugno - ad esempio, in India, specialmente nello Stato di Orissa, e in Nigeria - non siano riconducibili solo a dinamiche locali e relativamente estemporanee, ma facciano parte di un quadro strategico ben preciso, finalizzato ad espellere simultaneamente il cristianesimo dall'Asia e dall'Africa - oltre che, ma con metodi più diplomatici, dall'America Latina.
Al di là delle ragioni economiche e sociali contingenti, resta il fatto che le minoranze cristiane si sono sempre fatte apprezzare per la loro capacità di perdonare le offese, e quindi hanno sempre svolto un importante ruolo di mediazione nei conflitti locali, ad esempio a Sumatra, isola lacerata da antiche faide tra le etnie musulmane (cfr. il nostro recente articolo: «Volontà di pace e perdono delle offese: eredità viva del cristianesimo nel mondo attuale», inserito sul sito di Arianna Editrice in data 17/08/2009).
Che sia proprio questa la ragione di tanti attacchi, di tanta avversione, e, forse, di una occulta volontà globale di ridurre drasticamente, e possibilmente di sradicare, l'influenza esercitata dal cristianesimo nel mondo attuale?