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Chiunque, ma non Draghi

di Giovanni Petrosillo - 17/02/2010

 

 

Chi spinge il nome di Mario Draghi sullo scranno più alto della BCE? Chi lo vuole successore di Mr. “rigore monetario”, il francese Jean-Claude Trichet? Nessuno dei paesi-pilastri dell’Unione Europea eccettuato, ovviamente, il nostro che in nome della bandiera e della patria combatte battaglie autolesionistiche e di retroguardia.

L’illustre citizen Mario Draghi sarà pure italiano di nascita ma ha il cuore che batte a Washington o giù di lì. Allora, mai come in questo caso, la patria si trasforma nel misero rifugio delle canaglie e dei peggiori lacchè dei poteri economico-finanziari a stelle e strisce.

E, difatti, Draghi non è solo il candidato ufficiale dell’Italia ma è quello perorato dalla comunità internazionale extraeuropea (also known as United States) che spende e spande elogi sulla sua figura di tecnico perché si tratta di un suo uomo, di un altro reduce-emissario della Goldman Sachs, la più spietata Merchant Bank del globo (artefice delle numerose manipolazioni dei bilanci di multinazionali e governi oggi in pericolo d’insolvenza) che piazza i suoi consulenti nelle postazioni chiave della finanza sovrana.

Abbiamo davvero bisogno di un banchiere butcher al vertice della BCE dopo la debacle dei PIGS? Vogliamo pure stendere un tappeto rosso agli americani mentre entrano come occupanti negli assetti del potere economico europeo? L’ho già ripetuto altre volte, se questa sudditanza finanziaria si rafforza è esclusivamente perché all’Europa manca una spina dorsale politica e una visione di lungo periodo degli equilibri geopolitici in gestazione.

Pensiamo, pertanto, che non sia il caso di sospingere Mario Draghi, definito da Cossiga “un vile affarista”, già capace di svendere il patrimonio pubblico italiano, ai vertici dell’Eurotower. Almeno se non vogliamo vedere “sbattuta” come una qualunque puttana di strada anche la “vecchia signora” europea.

Mettiamoci bene in testa che l’UE è soltanto un animale deforme e inguardabile con la testa in Francia, il portafoglio in Germania e lo spirito in Italia e in qualche altro paese latino. Per il resto, tra chi si fa i fatti suoi e chi la sceglie per convenienza, il suo corpo è pura gelatina raccogliticcia che come un blob continua a inglobare stati e popoli senza un minimo di coerenza e di coinvolgimento emotivo.

A ciò aggiungiamo pure che questo scherzo della natura cova nel proprio seno una serpe insulare che ne accentua i contorcimenti e gli impedisce di conquistare la posizione eretta - come si addirebbe ad una Potenza Continentale che vuole proiettarsi nel solco del XXI secolo – ed abbiamo il quadro generale di una situazione di completa impotenza e desolazione.

Draghi sarebbe, in questo senso, una garanzia di immobilità per chi vuole la bestia perennemente in surplace ad incassare gli schiaffoni degli angloamericani.

Anche i ricercatori del Leap sul presidente di Bankitalia non hanno avuto dubbi: più che premiarlo per la sua “onorata” carriera occorrerebbe interrogarlo “sull'affare del prestito manipolatore di statistiche alla Grecia”. Non mi pare che questa sia un’idea peregrina considerato che il vassallo americo-romano, in quella fase storica, era vicepresidente per l'Europa di Goldman Sachs.

Se davvero la Francia ha deciso di sostenere il candidato tedesco, Axel Weber, già presidente della Bundesbank, è il caso di lasciar fare. Sembra che i cugini vogliano chiedere ai teutonici, in cambio di questo sostegno, un balzo in avanti, come riportato da Dagospia, “sul terreno militare” cioè sulla creazione di una politica di sicurezza e di difesa comune quale primo passaggio verso una più articolata strategia geopolitica europea. Non sono tanto fiducioso su ciò che la Francia ha in mente, ma sempre meglio che abbassarsi direttamente i calzoni e farci fare il “servizio” senza battere ciglio.

E adesso vi lascio all’ottimo articolo di Marcello Foa che ieri sul suo blog ha saputo raccontare, con grande onestà intellettuale, i danni che Goldman riesce a fare nel mondo. Goldaman e chi la sostiene politicamente.

Grecia, Goldman e… Prodi. Le domande che nessuno pone di M. Foa

Grazie al New York Times ora sappiamo che dietro la crisi greca, ci sono ancora una volta le grandi banche di Wall Street, secondo le stesse modalità che hanno provocato il terremoto dei subprime e il fallimento della Lehman: una truffa contabile realizzata con i derivati (potete leggere una sintesi della notizia in italiano qui).

E chi sono le banche coinvolte? La solita Goldman Sachs, vera regina di Wall Street, da cui ranghi sono usciti ben due segretari al Tesoro (Rubin e Paulson) e JP Morgan Chase, che come spiega Massimo Gaggi, è da sempre la banca più vicina al governo americano ed è, ricordiamolo, l’istituto del banchiere più potente della storia degli Usa, David Rockefeller, nonché cantore della globalizzazione finanzaria.

Mi chiedo: quand’è che le autorità di controllo si decideranno ad indagare a fondo su Goldman e Jp Morgan Chase? Se esaminiamo la storia recente della finanza internazionale, scopriamo sovente Goldman e lo stesso Rockfeller hanno avuto un ruolo importante, talvolta di lobby per orientare leggi in una certa direzione, talaltra a fini di lucro, come dimostra la vicenda greca.

L’impressione è che questi stessi protagonisti abbiano creato un sistema di alleanze e connivenze che gli permette di esercitare un’influenza enorme, evitando contestualmente guai giudiziari. E forse, anche controlli e indagini credibili sulle loro attività.

Anche in Italia. Dall’articolo del New York Times emerge che anche il nostro Paese nel 1996 è ricorso a trucchetti contabili simili a quelli greci. E chi era a Palazzo Chigi allora? Romano Prodi, ex consulente di Goldman Sachs. E chi era il direttore generale del Tesoro? Mario Draghi, che di Goldman Sachs è diventato consulente qualche anno dopo. E forse sarebbe il caso che lo stesso Prodi chiarisse finalmente i suoi rapporti con lo stesso Rockefeller, che oltre ad essere un banchiere, ha fondato il Club internazionale dei potenti, il Bilderberg. Prodi divenne a sorpresa presidente della Commissione Ue un anno dopo essere stato ammesso nel Bilderberg. Solo una coincidenza?

E che ruolo hanno avuto Tommaso Padoa Schioppa, nonché lo stesso Draghi, nello scandalo Easy Credit, che consentì a, guarda caso, Goldman Sachs, Jp Morgan Chase e Citigroup, una truffa ai danni dello stato per 600 milioni di euro? Di quell’inchiesta non si è più saputo nulla… ma a Goldman Sachs il governo italiano ha continuato ad affidare l’emissione di global bonds per miliardi di euro

Sono queste le domande a cui bisognerebbe dar risposta. E che invece vengono ignorate. E credo che, in Italia, i primi a pretendere un chiarimento debbano essere gli elettori di sinistra che, in buona fede, hanno dato fiducia proprio a Prodi, a Padoa Schioppa e che oggi, con una certa ingenuità, si commuovono ascoltando Draghi.

O sbaglio?