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Afghanistan, ancora 4 anni

di Carlo Musilli - 19/11/2010



Un piano quadriennale per andar via dall'Afghanistan. Secondo fonti del New York Times, è questo il documento che sarà presentato al termine del prossimo vertice Nato in programma a Lisbona da oggi al 21 novembre. Negli ultimi giorni, la nuova strategia di "lungo termine" è stata confermata negli Stati Uniti dal segretario alla Difesa Robert Gates, dal segretario di Stato Hilary Cinton e dal capo di Stato Maggiore Mike Mullen.

Si tratterà di trasferire i compiti di sicurezza alle forze afgane regione per regione, un processo che durerà dai 18 ai 24 mesi. L'obiettivo è di rafforzare l'esercito di Kabul portandolo da 264mila a 350mila uomini entro il 2013. In ogni caso, il ritiro delle truppe di combattimento Isaf non sarebbe praticabile prima della fine del 2014. E anche dopo quella data alcuni contingenti rimarrebbero nel Paese con missioni tecniche e di addestramento.

Nel frattempo continua l'escalation, o "surge", come si dice. Sotto la presidenza Obama le truppe americane in Afghanistan sono triplicate e arriveranno al massimo dello schieramento soltanto nelle prossime settimane. Questo significa che la guerra si farà molto più dura nei prossimi mesi, nella speranza che la situazione migliori abbastanza da poter iniziare il lungo cammino di "phase out" a partire dal luglio 2011.

Quest'ultima data, ormai più di un anno fa, era stata indicata da Obama come termine per l'inizio effettivo del ritiro. Oggi il governo Usa si arrampica sugli specchi, sostenendo che le parole del Presidente erano state "forzate", "mal interpretate". In realtà, da molto più di un anno è chiaro a tutti che il 2011 non è una data realistica per tornare a casa. All'epoca Obama aveva bisogno di tranquillizzare alleati e base elettorale.

Oggi invece, si tratta di rassicurare gli afgani, spaventati all'idea di essere abbandonati l'estate prossima, e al contempo avvertire i Talebani che la guerra contro di loro non è destinata a finire entro breve. Nel complesso, la strategia che si immagina di seguire in Afghanistan è molto simile a quella già sperimentata in Iraq: "surge", (formale) trasferimento di consegne alle truppe locali, (finto) ritiro. Ricordiamo che, a guerra finita, sul suolo iracheno sono ancora presenti 50mila soldati americani.

Curiosamente, il piano arriva proprio in uno dei momenti di massima tensione fra gli Stati Uniti e il governo afgano. In una recente intervista al Washington Post, infatti, il presidente Hamid Karzai ha chiesto "una riduzione delle operazioni militari e del numero di soldati americani" in Afghanistan, perché "non è desiderabile avere 100mila o più soldati stranieri che vanno in giro senza fine nel Paese, deve esserci un piano interno secondo cui aumenti la presenza afgana e diminuisca quella Nato". Sennonché, proprio Karzai, esattamente un anno fa, durante il discorso di insediamento, aveva indicato il 2014 come il termine più adeguato per il definitivo trasferimento di responsabilità alle truppe di Kabul.

Considerato quanto sta per essere annunciato a Lisbona, le parole del presidente afgano hanno infastidito non poco la Casa Bianca. Al punto che il generale Petraeus, comandante delle truppe Isaf, ha minacciato di dimettersi nel caso in cui non fossero garantite alle truppe Usa e Nato le condizioni migliori per proseguire con le operazioni militari. Mai bluff fu più scoperto. Ma che Superman-Petraeus abbia bisogno di bluffare è piuttosto significativo.

Per quanto riguarda l'Italia, di fronte alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha detto che la zona di Herat potrà essere riconsegnata alla responsabilità degli afgani a partire dal 2011, ma ci vorrà più tempo per le altre aree occidentali poste sotto la responsabilità italiana. "Tutto è relativo alla misurazione dei risultati che conseguiremo sul campo", ha spiegato La Russa. Secondo il ministro degli Esteri Franco Frattini, invece, bisognerà evitare di fornire dettagli sul ritiro delle forze Nato in Afghanistan per non fornire informazioni che possano aiutare i Talebani a organizzare nuovi attentati.

Già, i talebani. Cosa pensano di tutto questo? Il Mullah Omar ha diffuso un messaggio in cui fa sapere di non essere granché spaventato. Non ci sarà mai alcun negoziato di pace perché "stiamo vincendo - dice - e presto estenderemo la lotta a tutto il Paese". In effetti, anche se oggi si sente il bisogno di parlare di ritiro, il 2010 è stato l'anno più nero per le truppe Nato dall'inizio della guerra. Sono morti 663 soldati, mentre le vittime civili sono aumentate del 30%. "Il momento della sconfitta degli invasori si è avvicinato - continua Omar - il nemico si sta ritirando ed è assediato".