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Iraq, Baghdad: sopravvivere frugando tra i rifiuti

di John Leland - 13/01/2011




Qui, al fondo dell'economia, la vita ruota attorno alla più umile delle merci: i rifiuti. 

Una mattina di poco tempo fa, Hamad Tarish metteva giù una busta di lattine e ferraglia, mostrando mani annerite che di rado toccavano l'acqua corrente. Per Tarish, 22 anni, i rifiuti sono il suo capitale. Ogni giorno, verso le 3 del mattino, esce di casa per andare a frugare tra l'immondizia in un quartiere a sud, prima che arrivino i camion della nettezza urbana, affrettandosi per evitare la polizia e per fare a gara con altri che raccolgono come lui. 

Di fronte a una fila di case improvvisate di blocchi forati in calcestruzzo, gettava il suo bottino su una bilancia. Otto chili e mezzo di lattine di alluminio, del valore di 6 dollari. Un grosso pezzo di ferraglia e mezzo chilo di cavo elettrico da cui aveva bruciato l'isolante di gomma, da 2 dollari ciascuno. In tutto, 10 dollari per comprare cibo per sé, la moglie, e i loro due figli. 

Per Tarish, che dice di guadagnare di solito circa 4 dollari al giorno, era stata una buona giornata. Domani potrebbe non essere altrettanto buona, diceva. Non si può mai dire. Aveva gli occhi rossi, gambe e braccia pesanti per la spossatezza. 

“Un chilo di carne costa 15 dollari”, diceva. “E' impossibile. Non compro lo zucchero per il tè”. 

Mentre l'economia irachena langue, Tarish ha trovato i suoi mezzi di sostentamento in un'economia sotterranea che sostiene e organizza interi quartieri. Attorno a lui erano i suoi colleghi in questo nuovo mercato — quelli che frugano di notte tra i rifiuti, gli intermediari che comprano la ferraglia per pochi centesimi al chilo, i carretti sporchi tirati da cavalli che portano altri detriti da parti più lontane della città. E intorno c'erano mucchi e mucchi di rifiuti, raggruppati per tipo, con sopra sciami di mosche. 

“La gente qui vive di rifiuti e animali”, diceva Ali Hasun, 27 anni, un intermediario, indicando attorno a sé un orizzonte di case improvvisate pressate una contro l'altra a perdita d'occhio — una città di medie dimensioni che vive di espedienti. 

Hasun è padre di quattro figli. Come altri, diceva che vorrebbe un lavoro vero e proprio ma non riesce a trovarne uno. Ci sono giorni in cui guadagna fino a 20 dollari, altri, invece, nulla. 

“Prima era imbarazzante farci vedere da altri mentre compravamo rifiuti”, diceva. “Siamo giovani e ci teniamo al nostro aspetto. Ma dopo un po' te ne dimentichi”. Inoltre, aggiungeva, facendo notare il commercio fiorente che si svolgeva attorno a lui, lo fanno anche tutti gli altri. 

Hasun e Tarish vivono in un enorme slum chiamato Nasr City, o Città della Vittoria, uno delle decine di insediamenti abusivi che sono spuntati attorno a Baghdad dopo l'invasione americana del 2003. Nasr City, uno dei più grandi, è cresciuto in modo esponenziale fra le ondate di violenza confessionale che hanno costretto la gente a spostarsi da altre zone, e più di recente perché la disoccupazione ha costretto altri a lasciare le proprie case. Dato che a Baghdad c'è carenza di alloggi, gli insediamenti abusivi — dove il terreno non costa nulla ma è illegale, e abitazione è qualsiasi cosa una famiglia riesca a costruire — stanno vedendo un boom edilizio. 

I residenti di Nasr City ritengono che ci vivano fino a mezzo milione di persone, ma è solo una congettura. Secondo le stime del governatore di Baghdad, in 600.000 vivono in 42 campi abusivi attorno alla città — all'incirca la popolazione di Boston. Ma in un Paese dove non è stato fatto un censimento, dove poche agenzie governative si azzardano a entrare negli insediamenti abusivi, anche questa è più una convinzione che un fatto. 

“Queste persone devono raccogliere i rifiuti perché non ci sono opportunità di lavoro", dice il governatore, Salah Abdul-Razzaq. 

Dato che le comunità non sono legali, aggiunge, la provincia non fornisce servizi come istruzione, sanità, sicurezza, elettricità, servizi fognari, e acqua pulita. “I quartieri diventano luoghi per criminali, ladri, terroristi, sequestratori. Ma non possiamo sloggiarli perché non esistono alternative”. 

Thijel Ebrah, 58 anni, si è trasferito a Nasr City da Amara, una città a est di Baghdad, nel 2005, al culmine della violenza confessionale. Ad Amara non riusciva a trovare un lavoro; a Baghdad, la situazione era ancora peggio. 

Stava in piedi di fronte alla struttura di due stanze in blocchi forati di calcestruzzo che ha costruito su un terreno libero, dove ora vive assieme alla moglie e a cinque figli. Tre di questi vanno a scuola fuori dall'insediamento; due mantengono la famiglia raccogliendo rifiuti. Cucinano e riscaldano la casa bruciando legna, perché il petrolio è troppo caro, dice; quando legna non ce n'è si avvolgono nelle coperte. Davanti alla casa c'è una fogna a cielo aperto. 

Ma la parte piè difficile, diceva, era mandare i figli a raccogliere i rifiuti. 

“Ho paura che uno di questi giorni non tornino. Se escono di mattina, ho paura. Se escono di notte, è peggio. Le forze di sicurezza li vedono scavare nei rifiuti e pensano che stiano nascondendo I.E.D”, aggiungeva, utilizzando l'abbreviazione che sta per ordigni esplosivi improvvisati. 

“Durante il periodo di Saddam vivevamo nell'ingiustizia, ma adesso è peggio”, diceva. “Il governo non fa nulla”. 

Per chi raccoglie i rifiuti, frugare in mezzo all'immondizia ha le sue regole. Accordi informali relativi al territorio impediscono che ci si combatta per la stessa zona. E il tempismo è tutto. 

“Ci sono due turni”, diceva Karar Karim, 16 anni, che vive in un grande insediamento abusivo ai margini di Sadr City, l'enclave sciita di Baghdad. “La gente butta l'immondizia a tarda notte e nel primo pomeriggio. Dipende da quanto ci si sveglia presto e da quanto si è veloci”. Le lattine sono più abbondanti durante le calde giornate estive, quando la gente beve di più. 

E festività come l'Aid al-Fitr, alla fine del Ramadan, sono una pacchia. “Ho più fortuna durante l'Aid, quando la gente butta più immondizia”, diceva. 

Per adesso, rifiuti ce ne sono in abbondanza, perché le squadre della nettezza non ce fa fanno. Ma ci sono segnali di cambiamento. Una mattina di poco tempo fa, Haider Saad, 23 anni, ha trovato il suo solito terreno di caccia prosciugato. “Il camion della nettezza aveva raccolto i rifiuti a mezzanotte invece che di mattina presto”, diceva, guardando fisso con disperazione una strada pulita. 

Il sindaco di Baghdad, Saber al-Essawy, dice che la città ha in progetto di spostare tutta la raccolta nelle ore notturne, e sta costruendo due impianti per il riciclaggio. “In futuro, queste persone dovranno trovarsi un lavoro”, dice. “E' quello che vogliamo, perché sono un'onta per la nostra società”. 

E' una sfida che Saad non prendeva alla leggera. 

“Per noi il camion della nettezza è il primo nemico”, diceva. 

Poi si è rimesso in moto. Per chi raccoglie i rifiuti, non c'è riposo. 

Yasir Ghazi ha contribuito a raccogliere elementi.

The New York Times

(Traduzione di Ornella Sangiovanni)