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Diversità omologanti

di Massimiliano Viviani - 21/02/2011







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Nella civiltà progressiva non manca mai l'occasione di ribadire l'importanza della diversità, la sua tutela e il suo rispetto. Ci si rende conto del dilagare di una mentalità omologante e standardizzata, e si comprende l'importanza della varietà dei fenomeni nella loro manifestazione. Tuttavia accade spesso che la tutela della diversità venga condizionata dalla stessa omologazione che pretende di combattere, e finisca per diventare una sua variante. Ovvero si tenta di far fronte ad un nemico con i mezzi forniti dal nemico stesso, e non ci si accorge che anzichè combatterlo lo si rinforza.
Quante volte, giusto per fare un esempio, sentiamo incalzare le associazioni per i diritti degli omosessuali per difendersi dalle discriminazioni che essi subiscono? Ossia, per essere più precisi, quante volte li sentiamo rivendicare la possibilità di usufruire degli stessi diritti di tutti in materia di matrimonio e adozione dei figli? Eppure in questo modo non fanno altro che omologare la loro categoria alla normalità vigente, presa a modello insostituibile. Questo vuol dire parificare, normalizzare, ossia riportare tutto ad un'unica dimensione, la normalità eterosessuale.
Eppure i difensori dei diritti dei gay per certi aspetti non avrebbero tutti i torti. E' presente nella nostra società infatti un atteggiamento ostile nei confronti dell'omosessualità, che si spiega con l'eredità monoteista di una presunta "normalità" naturale proveniente da Dio, una e unica. Affermare infatti che l'omosessualità è contraria alla natura dell'uomo -ossia una sorta di malattia- è una colossale sciocchezza, e definire "peccato" la sua pratica è stato appunto il dettame che la Chiesa cattolica ha portato avanti fino a ieri (anzi, fino a oggi). L'omofobia della modernità, la volontà dell'uomo moderno di escludere l'omosessuale dal proprio campo visivo e mentale, consiste quindi in una tendenza all'uniformità, e all'omologazione verso la "normalità" eterosessuale.
Nell'antichità classica invece l'omosessualità era accettata come uno dei tanti aspetti della sessualità, e così succedeva in molte culture extra-europee e primitive. Tuttavia, proprio tali culture, compresa la classicità greca e romana, mai si sognarono non solo di concedere, ma nemmeno di chiedere il diritto a un tale tipo di matrimonio: gli antichi infatti accettavano l'omosessualità come una componente della natura, perchè per un uomo antico la natura non era l'uniforme e unico frutto di un unico Dio, ma uno dei tanti aspetti di un divino molteplice. Ma proprio perchè l'accettavano per come era, ne accettavano anche il fatto che fosse un aspetto inusuale, minoritario, non normale: non certo una malattia, ma piuttosto un'anomalia, una particolarità, sulla quale non era possibile costruire nè una famiglia nè tanto meno una società.
Ci troviamo quindi nella situazione, quasi paradossale, che la modernità, a fronte di una condizione omologante -l'esclusione- propone una soluzione altrettanto omologante, ossia la parificazione. Parificazione rivendicata peraltro proprio da quella stessa cultura progressista che in tempi non troppo lontani disprezzava apertamente il matrimonio come il frutto di una mentalità borghese, e la famiglia mononucleare come la conseguenza classista e oppressiva di quella stessa mentalità.
Questo tipo di situazione, per cui a fronte di un male si risponde con lo stesso male uguale e contrario, pare una condizione senza uscita per il mondo moderno. Gli esempi non mancano. Uno su tutti: la parità dei sessi, ossia l'ingresso della donna in una società maschilista, cioè allineata al pensiero maschile. Che cosa è la parità dei sessi, di fatto, se non l'adattamento della donna al modello dell'uomo? E' inutile affermare che così non dovrebbe essere, che la parità non dovrebbe cancellare le differenze e via dicendo...di fatto, anche qui la modernità ha imposto una soluzione analoga al caso precedente, alla condizione per cui la donna è inferiore e sottomessa all'uomo. Anche in questo caso, l'eredità monoteista è palese, perchè nella sua tendenza a moralizzare tutto (il bene e il male) il cristianesimo ha trasformato quello che era un aspetto naturale, cosmico della realtà -ossia la componente tellurica, lunare, femminile del mondo- in un male. La femminilità è diventata da "Terra" del cosmo a potenziale fonte del male: in epoca moderna, ossia dal Rinascimento in avanti, la donna è diventata potenziale comunicatrice con il demonio, e anche la caccia alle streghe, che comincia appunto in questo periodo, ne è la riprova.
Anche in questo caso la segregazione della donna costituisce una forma di omologazione in ottica maschile. Ma analogamente la modernità non offre una vera via d'uscita: la donna rivendicando la parità con l'uomo, non ha fatto altro che mettersi al suo livello creando un diverso tipo di omologazione. Questo è il leitmotiv di ogni tipo di "rivoluzione" moderna, di trasformazione che la modernità suggerisce: a fronte di una distorsione, si agisce proponendo come soluzione una distorsione ulteriore.
E' evidente questa tendenza anche nelle soluzioni che si propongono per fare fronte al fenomeno epocale delle migrazioni di massa dai paesi più poveri a quelli più ricchi. Lo viviamo quotidianamente: è comune infatti l'opinione che vi siano ancora da fare dei passi in avanti in ambito sociale e culturale per colmare il divario tra una società avanzata improntata a valori illuministici come la nostra, e le altre arretrate ancora basate su concezioni arcaiche e primitive. Si tratta evidentemente di una favola, derivante da una visione progressiva della storia, tipica dell'anomalia moderna, secondo la quale le varie civiltà non sarebbero altro che stadi diversi di un'unico processo di evoluzione lineare della civiltà. Così, se da parte di certi ambienti conservatori vi è il rifiuto di accettare la diversità culturale -per esempio nei confronti dell'Islam- con la conseguente volontà di ricacciare i migranti al loro Paese, da parte di ambienti progressisti c'è sì la disponibilità ad accettare i nuovi abitanti, purchè beninteso la diversità della loro cultura non contraddica i princìpi dei diritti dell'uomo -libertà, uguaglianza, parità, laicità- su cui ogni cultura si deve basare. Come dire, ben venga la diversità delle civiltà, purchè esse si conformino ai nostri universali princìpi!
Anche qui la modernità non si comporta diversamente rispetto agli esempi riportati prima: a fronte del rifiuto della diversità in nome della superiorità della nostra civiltà, si propone come soluzione di accettare le altre culture a patto che diventino come la nostra. La modernità non lascia via di scampo: se da una parte elimina creando uniformità, dall'altra accetta solo parificando, ma sempre l'uniformità si viene a creare. Da una parte o dall'altra, il risultato è il medesimo, perchè unica e uniforme è la matrice della anomalia che viviamo.