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Acqua e Referendum. Mobilitarsi per il quorum

di Sara Santolini - 28/03/2011


La volontà popolare sembra chiara, ma non basta. Per cancellare il nucleare, la privatizzazione dell’acqua e il legittimo impedimento sarà indispensabile una forte partecipazione al voto. Superando quella soglia del “50 per cento più uno” degli aventi diritto che resta inviolata dal 1997


Sabato la manifestazione organizzata a favore dei referendum del 12 e 13 giugno ha portato in piazza 300 mila persone. Un grande successo, che va a sommarsi a quello della giornata per la dignità delle donne dal titolo Se non ora, quando? e del corteo per la difesa della Costituzione. Cos’hanno in comune queste tre iniziative? Oltre a coagulare l’impegno dei cittadini, anche quello di essere lontane dalle influenze partitiche, che invece sono presenti in quasi tutti gli altri aspetti della vita politica, economica e sociale. L’allontanamento degli italiani non è dalla politica in sé, ma dai partiti, che non sono in grado di rispondere a interessi diversi da quelli privati dei loro esponenti. E delle rispettive cordate.

Il fine ultimo della manifestazione era quello di focalizzare l’attenzione sui referendum - due sulla privatizzazione dell’acqua pubblica, uno sulle centrali nucleari in Italia e l’ultimo sul legittimo impedimento - di cui il Governo sembra non voler proprio sentir parlare e rispetto ai quali i partiti di opposizione, che pure potrebbero sfruttare il il crescente consenso su queste tematiche, non riescono a mettersi d’accordo al loro interno. I politici presenti sono intervenuti a titolo personale, ed erano in massima parte amministratori locali. Forse perché sono le elezioni amministrative quelle più vicine, ma forse anche perché chi è legato al territorio ha ancora un minimo di percezione di quali siano i temi che stanno davvero a cuore alla popolazione. La maggioranza assoluta dei presenti era però composta da singoli cittadini, oppure dagli aderenti ad associazioni senza alcun legame partitico. 

Al di là della manifestazione in sé la popolazione, secondo le rilevazioni statistiche, sembra essere favorevole all’abrogazione delle leggi in discussione. Il problema, a questo punto, è riuscire a raggiungere il quorum necessario perché il risultato referendario venga convalidato: il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Si tratta di uno scoglio quasi insuperabile, viste le ultime consultazioni di questo tipo: dal 1997 in poi nessun referendum abrogativo in Italia lo ha raggiunto. Ma stavolta le questioni toccano al cuore la sensibilità di moltissime persone, e il Governo rischia di essere contraddetto dalla stessa volontà popolare che, stante il successo dell’attuale maggioranza nelle ultime tornate elettorali, invoca sempre di fronte alle critiche politiche e alle stesse inchieste giudiziarie. 

Anche per questo le votazioni per le elezioni Amministrative e i referendum sono stati separati, e nel secondo caso si è optato per metà giugno sperando che gli italiani “vadano al mare” e decidano, nonostante tutto, di lasciare ancora il loro Paese al volere dei partiti. Ed è proprio il quorum la preoccupazione di Ermete Realacci, presidente di Legambiente, che spera «che ai referendum su acqua e nucleare vada a votare più gente possibile indipendentemente dal raggiungimento del quorum che è molto difficile per come è fatta la legge italiana sui referendum che prevede appunto la partecipazione del 50% degli aventi diritto».

«Siamo in piazza per sostenere le ragioni della vita. L'acqua integra il diritto alla vita, è il bene comune per eccellenza. Immaginare di viverla come una qualunque merce, immaginare processi di privatizzazione è un delitto contro il diritto dei popoli», ha detto Nichi Vendola durante il corteo a favore di telecamera, il cui ddl regionale di ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese è però ancora lontano dall’avere valore di legge. E ha aggiunto: «Le furbizie del governo a proposito di moratoria nucleare non ingannano nessuno. Il 12 giugno andremo a dire sì non solo per l'acqua pubblica, ma anche contro il nucleare». Stavolta non si può che essere d’accordo, nonostante lui sembri già entrato in clima da campagna elettorale. 

D’altronde, l’espressione (o la non espressione) di voto è l’unica arma, se si esclude la mobilitazione di massa, che permette ai cittadini di difendersi dai suoi stessi governanti. Un’arma spuntata, ma che almeno in qualche caso può tornare a essere efficace. Soprattutto se si tratta di giudicare leggi specifiche come nel caso dei referendum, e non di mettere una semplice croce su un simbolo. Proprio per questo Mario Valducci, presidente della Commissione trasporti della Camera, ha già confermato nelle scorse settimane che in riferimento al 12 e 13 giugno «l'indicazione del Pdl sarà quella di astenersi». La maggioranza al governo cercherà dunque di tenere lontano l’elettorato dalle urne, fregandosene di quali siano realmente le sue reali preferenze.