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Cara signora ipocrita, disonorata con onore…

di Francesco Lamendola - 28/02/2012


 

 

- Cos’è che ti fa ridacchiar in quel modo? -, chiedo a Sabina, osservandola mentre sfoglia una vecchia rivista un po’ ingiallita, che, insieme ad altre, è saltata fuori dalla cantina per essere eliminata

- No, niente… stavo leggendo qua e là la posta settimanale; ma questa rivista è del… - gira le pagine per controllare la data sulla copertina - … 1968, dunque la mentalità è cambiata parecchio…

- Già, oggi le lettere al direttore, o allo psicologo, o all’esperto di quello che diavolo vuoi, avranno tutto un altro sapore, immagino….

- Ma cosa vuoi immaginare tu, vecchio orso, che queste riviste non le hai mai lette in vita tua!

- E va bene, non le ho mai lette, però vivo anch’io in questo mondo e qualcosa credo d’aver visto…

- Uhm!, anche su questo avrei qualche dubbio; certe volte mi sembra piuttosto che tu viva in un’isola tutta tua, anche quando sei nel bel mezzo della confusione e del trambusto.

- È una constatazione, un rimprovero o un complimento?

- Ora che mi ci fai pensare, credo che sia tutt’e tre le cose insieme.

Non è che, sotto sotto, ci sia un po’ d’invidia da parte tua?

- Toccata, devo ammetterlo! A volte mi fai una rabbia…, cioè, provo una gelosia… Ma lasciamo andare -, e mi regala uno dei suoi incantevoli sorrisi di complicità.

- Ad ogni modo, trovo che ci sia stato un regresso, anche in questo campo: oggi si scrive a un falso scienziato dell’anima, lo psicologo; allora, almeno, si scriveva a un signore o a una signora che, come titolo di merito, avevano soltanto una grossa esperienza di vita. Certo che scrivere a un giornale per avere un consiglio, è sempre qualcosa di miserello; vuol dire che non si ha nemmeno uno straccio di amico con un poco di saggezza. Comunque, allora, c’erano almeno dei giornalisti di buon senso, che potevano far le veci di un amico… Quella rubrica, per esempio, di chi era?

Sabina guarda l’intestazione della pagina e risponde: - Di una certa Colette Rosselli.

- Come, “di una certa”? Era una signora di tutto rispetto: pittrice, illustratrice di libri per l’infanzia, scrittrice e giornalista. Su quel settimanale dava consigli alle lettrici su ogni genere di argomento, tutti riconducibili alla categoria del galateo, inteso nel senso più ampio e più nobile del termine. Per venticinque anni ha risposto, ha  dialogato con loro, mostrando buon senso ed ironia.

- E poi?

- E poi, a metà degli anni Ottanta, ha deciso di far morire il suo alter ego, Donna Letizia: non erano più tempi. Altro che galateo; oggi è il trionfo della volgarità e della stupidità erette a sistema.

- Vedo che ne sai più di qualcosa; mi sa che tu le leggevi di nascosto, quelle riviste, furbacchione!

- Certo, mi chiudevo in cantina, di soppiatto, e divoravo quelle lettere, con voracità insaziabile… Scherzi a parte, della Rosselli ricordo qualche pagina: non sarà stata un’aquila, ma oggi, di persone così, non ce ne sono più che scrivono sulle riviste…, ora vige l’impero delle nullità assolute.

- Il tuo solito passatismo reazionario e maschilista.

- Ma se sto facendo l’elogio di una vecchia signora!

- Appunto, tu adori le vecchie signore, perché sei un passatista reazionario; le donne giovani di adesso, non le vedi nemmeno; non t’interessano proprio.

- Forse perché non ce ne sono…

Sabina fa il gesto di tirarmi la rivista a mo’ di proiettile; io faccio finta di scansarmi a tempo.

- Almeno una, però, disgraziato, potresti dire di vederla…

E io, facendo sempre il finto tonto: - Ah sì, e quale? Ti sarei grato d’indicarmi un simile prodigio.

Esasperata, mi mostra la lingua quant’è lunga: - Guarda, lasciamo perdere, che non è giornata.

- E allora, si può sapere che cosa leggevi di tanto divertente?

- Leggevo la lettera di una signora che non  si firma, mette solo l’indicazione del luogo: Potenza.

- E di cosa parla, che consiglio chiede?

Forse sarà meglio che te la legga per intero, così potrai giudicare da solo -, e me la legge tutta intera, con mirabile enfasi di attrice consumata (da: Colette Rosselli, «Cara Donna Letizia... Venticinque anni in confidenza», Rusconi, Milano, 1981, p. 123):

 

«Il mio ardire dipende dal fatto che ella non mi vede e quindi posso sottrarmi alla vergogna. Sono sposata da circa quattro anni con un giovane Capo d'Azienda, ottimo come uomo e come marito. Il nostro ménage ha filato dritto fino a circa tre mesi orsono. Ma una brutta notte avvenne qualcosa che non avrei mai immaginato. Mentre fino allora i nostro rapporti fisiologici erano del tutto normali, quella notte subirono una svolta mostruosa. In parole povere mio marito mi penetrò di schiena! La cosa si ripeté più volte nonostante la mia riluttanza ma quale fu la mia demoralizzante sorpresa quando, una notte per amore del quieto vivere mi ero concessa nel modo che le ho detto, provai lo stesso orgasmo di quando la congiunzione avveniva per via normale, orgasmo che non riuscii a nascondere a mio marito. Ne è derivato che da allora i nostri amplessi, se così si può dire, avvengono solo in quel modo anomalo. Mio marito afferma che data la soddisfazione reciproca e la sicurezza così di non aver figli (ne abbiamo già tre) tale sistema è dei migliori. Ma io mi sento umiliata e depressa. Mi sembra che tutti mi debbano leggere in viso la mia degradazione. Qualche volta sono tentata di abbandonarlo e tornare dai miei. Ma ho un marito "perfetto"... Come potrei trovare il coraggio di tirar fuori la ragione unica e vera della mia fuga?»

 

Finita la lettura, mi osserva per cogliere ogni mia più piccola reazione, desiderosa di cogliermi in flagrante mentre cerco di trattenere una risata; ma non le riesce, perché non rido affatto, anzi allungo la bocca e sgrano gli occhi per esprimere un misto di sconcerto e di fastidio.

- Be’, tutto qui? Non penserai che te l’abbia letta per guadagnarci solo quella mezza smorfia…

- E che dovrei fare, secondo te: mettermi a piangere?

- Forza, non farti pregare come al solito; sputa il rospo.

- No, facciamo così: comincia tu. O meglio, svolgiamo una riflessione a quattro mani, d’accordo?

- E come terzo incomodo, come convitato di pietra in mezzo a noi, una signora velata e silenziosa, che ascolta tutto e non interviene mai: la Verità!

- Benissimo, vedo che hai afferrato al volo l’idea. Dunque, a te il primo colpo di cannone.

- Ma no, io incomincio con un colpo di fioretto - a dopo l‘artiglieria pesante, che, del resto, è una tua specialità ; e direi, per prima cosa, che la signora non è affatto ciò che crede di essere…

- E questo sarebbe un colpo di fioretto? Io direi almeno di archibugio; senza contare che sei già saltata al gran finale, hai bruciato tutte le tappe intermedie del ragionamento… No, no, no, così non va! Ricominciamo tutto daccapo. Che cosa osservi innanzitutto, caro dottor Watson?

- Osservo, caro Holmes, che la signora pensa di aver fatto buoni studi, visto che adopera perfino il pronome “ella”, che già nel ’68 mi sa che era alquanto fuori moda, tranne che nelle grammatiche dei licei; ma poi parla di “rapporti fisiologici” anziché “fisici”, e questo solo per una resistenza a pensarli come “sessuali”. Forse ha studiato in un collegio di suore, che ne dici?

- Ma che sciocchezze, non è questo l’essenziale; andiamo avanti, Watson, e lasci perdere i dettagli!

- Dev’essere una borghese ambiziosa e compiaciuta, visto che “Capo d’Azienda”, parlando del giovane marito, lo scrive in lettere maiuscole….

- Alle corte, alle corte!

- Non è nemmeno tanto furba come crede, dal momento che non ha il coraggio di firmarsi, però mette il nome della città: che non è certo, e tanto meno doveva essere allora, una metropoli; e di giovani mogli di capi d’azienda, anzi di Capi d’Azienda, con tre figli, non dovevano essere chissà quante, nel 1968… tanto valeva che si firmasse.

- Al sodo, al sodo!

- Insomma: parla di vergogna insostenibile; teme che tutti le leggano in viso la sua “degradazione”; vuol scappare dalla mamma e lasciare quella perla di marito; si preoccupa di tutto, fuor che di leggere un po’ in se stessa. E quel che le secca più di ogni altra cosa, è di essersi messa a urlare per l’orgasmo, sicché non potrà più dire che non le è piaciuto… che si sottomette (nel senso letterale ed anatomico del termine) solo, come lei dice, “per amore del quieto vivere”.

- Già: sembra che la prima volta, in quella “brutta notte”, si sia trattato di una specie di cosa onirica, anzi, di uno stupro onirico: lei che si trova alle prese, a tradimento, povera fatina ingenua e sensibile, con quella congiunzione “mostruosa”, per usare la sua truculenta espressione….

- E nemmeno chiama le cose con il loro nome: «mio marito mi penetrò di schiena»! Di schiena?

- Dunque, caro Watson, che cosa possiamo concludere?

- Che è una ipocrita, una gran finta. Le è piaciuto eccome, ma non lo accetta: cioè, non accetta il fatto che le sia piaciuto; perché lei è una donna virtuosa, e certe cose non le possono piacere. Meglio, non le DEVONO piacere. È perfino pronta a fare la valigia e a tagliare la corda, portandosi dietro le tre creaturine: qualunque cosa, piuttosto che ammettere che le è piaciuto, a quella tr…

- Sabina! Ho sempre saputo che le donne sono i più severi, i più spietati giudici delle altre donne...

- No, è che mi fa rabbia tutta questa ipocrisia. E pazienza per quella verso gli altri - questo arrivo a capirlo, guarda un po’: l’educazione, i sensi di colpa e tutto il resto; ma barare così con se stessa…

- Brava, hai detto niente: e ti par poco? Ti pare cosa da poco guardarsi dentro con assoluta onestà?

- No, certo, hai ragione; anzi, è la cosa più difficile. Però mi fa rabbia ugualmente.

- Eppure dovresti capirla.

- E perché? -, e un’ombra di diffidenza le scende sui begli occhi, quasi temesse un’insidia nascosta.

- Perché sei una donna. È una cosa tipicamente femminile.

- L’avevo detto che sei il solito maschilista reazionario! Chi lo dice che è tipicamente femminile?

- Lo dico io.

- Ah, bene. E sulla base di quale strana e cervellotica teoria?

- Nessuna teoria, semplice esperienza di vita.

- Cosa? Vorresti dirmi che gli uomini, invece, sanno guardarsi dentro con assoluta trasparenza?

- In genere, sì: gli uomini veri, intendo. Che non sono poi molti.

- E tu, modestamente, guarda caso…

- Il punto non è questo - la interrompo, serio. - Il punto è che esistono delle ragioni, storiche e culturali, immagino, perché le cose stiano così; quindi, non è un giudizio di valore: però stanno così. La donna non osa guardarsi dentro sino in fondo, perché teme il giudizio, non solo e non tanto degli altri (qui il maschio si sopravvaluta, quando lo pensa), ma di se stessa. Non accetta di provare certe pulsioni; non ammetterebbe mai, neanche sotto tortura, di essere un po’ tr…, come dicevi tu or ora.

- E l’uomo, invece, lo accetta? Accetta quel che prova, sino in fondo? A me non pare.

- Si vede che gli uomini che hai incontrato fino ad ora non erano un gran che… Un uomo, un uomo autentico, non teme di riconoscere quel che prova e di chiamarlo col suo nome: purché lo provi, beninteso. Non confondere la mancanza di trasporto con la mancanza di sincerità; son cose diverse.

Sabina rimane un po’ pensosa, in silenzio: adesso non ridacchia e non canzona più; sta riflettendo.

- E se anche fosse: non capisci che, per una donna, la stima di se stessa è una cosa irrinunciabile?

- Lo è per ogni essere umano - ribatto -, uomo o donna. Ma non vedo cosa c’entri con la sincerità dovuta a se stessi: guardarsi dentro sino in fondo, non vuol dire assecondare ogni impulso, ma avere il coraggio di riconoscerlo e di accettarlo per quel che è. Le scelte che si fanno poi, dipendono da tanti fattori, secondo il proprio codice morale. Quel che fa di una donna una tr… non è il fatto di provare certe pulsioni, ma il fatto di provarle e di negarle, magari dopo averle assecondate, però recitando la parte della vittima che si sacrifica per amor di pace, come in questo caso.

- Vecchio orso, lo sai che mi hai quasi convinta? E allora, che cosa vorresti dire a quella signora?

- Vediamo un po’: dal ’68 son trascorsi quarantaquattro anni; ammettiamo che allora lei ne avesse sui ventotto - allora ci si sposava prima e si facevano i figli subito: adesso ne avrà poco più di settanta, sarà nonna da un bel pezzo. Che cosa vorrei dire a una vecchia signora che voleva scappare via dal marito, perché non accettava di godere quando lui la sodomizzava? Be’, lo sai che non amo ficcare lo sguardo sotto le lenzuola altrui, lo trovo squallido. Perciò lasciamo stare il fatto sessuale e andiamo al nocciolo della questione: cara signora, spero lei abbia imparato dalla vita che la vera onestà non è stracciarsi le vesti per la vergogna, ma avere il coraggio di guardarsi dentro veramente.