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Capitalismo irriformabile: alternativa cercasi

di Paolo Bartolini - 27/10/2013

     
La crisi che colpisce l'Occidente non è una crisi (superabile con azioni correttive dello stesso pensiero unico), bensì il fallimento definitivo di un modello di vita
      
 

Sarebbe forse il caso, come suggerisce il filosofo Roberto Mancini (http://www.c3dem.it/9136), di affermare con risolutezza che la crisi che sta colpendo l'Occidente non è in realtà una crisi (quindi superabile mediante azioni correttive guidate dal medesimo pensiero unico), bensì il fallimento definitivo di un modello di vita imposto a miliardi di persone dalla cosiddetta globalizzazione economica.
Il cortocircuito, ed è necessario ribadirlo per non fermarsi ad un'analisi mediocre del nostro tempo, è dovuto alla follia del sistema capitalistico giunto alla sua fase di massima insostenibilità.
Va notato a proposito - perché la Storia non smette di illuminarci con i suoi paradossi - che nel momento preciso in cui il capitalismo si è liberato del suo peggior avversario su scala mondiale (il socialismo reale o comunismo storico) è cominciata a saltare agli occhi con evidenza macroscopica la sua incapacità di guidare l'umanità verso forme di convivenza sensate e pacifiche. Così il capitalismo mostra oggi il volto sfigurato del suo fallimento, senza che possa accusare di questo alcun nemico esterno. A conferma di quanto detto notiamo che dopo la caduta del muro di Berlino, l'esaltazione maniacale conseguente al decesso del vecchio competitor, ha precipitato l'intera società verso una inedita forma di barbarie culturale ed economica, segnata dal dominio della finanza, dallo spreco delle risorse naturali, dall'impoverimento dei rapporti umani e da nuovi focolai di guerra sparsi in giro per il mondo.
A tutto questo si deve aggiungere l'aggressione quotidiana che il capitalismo globale esercita nei confronti della qualità dell'occupazione, dei diritti del lavoro, dell'ambiente naturale, della sovranità degli Stati, ma soprattutto della sfera psicologica e spirituale dei singoli cittadini.
La novità, infatti, per chiunque si interroghi sulla necessità di un'alternativa al disastro che stiamo vivendo, è quella di essere finalmente chiamati a costruire non solo una proposta politica radicalmente diversa da quelle in campo (capace di aggregare forze sociali ancora disperse), ma anche di introdurre in tutte le dimensioni della vita individuale-relazionale-collettiva un nuovo modo di sentire se stessi e il mondo circostante, indispensabile per incrinare le fondamenta del mito implicito che sostiene ancora lo sviluppo capitalistico (ormai inceppato) e gli permette di conservare una forte egemonia culturale. Tale mito immagina gli uomini come naturalmente competitivi, centrati perennemente sul proprio ego e - lo ricorda ancora Roberto Mancini - angosciati a tal punto dalla morte da proiettarla difensivamente sui più deboli, vivendo in perenne fuga tanto dai limiti dell'esistenza quanto da una ricerca sincera di infinito.
Ecco allora perché il capitalismo irriformabile che ci avvolge risulta impossibile da rivoluzionare secondo le vecchie logiche che affondano le radici nella contrapposizione aggressiva, nella guerra di liberazione, nell'antipotere.
La trasformazione che ci è richiesta dovrà avvenire principalmente sul piano delle scelte di vita e degli orientamenti personali di ordine filosofico e spirituale. Questo vale a dire che solo uomini e donne capaci nel loro piccolo di cooperare, di trascendere l'autocentratura egoica e di ritrovare l'amore e il piacere di vivere anche se il nostro tempo terreno è limitato, potranno mettere in moto quel cambiamento profondo che serve alla declinante civiltà del materialismo economicista e dei suoi simulacri per trasfigurare il negativo e generare una società realmente liberata.
Sono questi soggetti consapevoli che dobbiamo educare e aiutare a formarsi: a scuola, nella famiglia, nell'associazionismo, nei movimenti politici e, in definitiva, in tutti i luoghi in cui possa maturare una società di individui solidali. Una società non più ossessionata dalla morte, ma innamorata del possibile.