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Il Datagate, i servizi segreti europei e la Nato

di Aldo Giannuli - 16/11/2013

 

Come era prevedibile, sta calando gradualmente una coltre di silenzio sul caso Datagate: i leader europei faranno finta ancora per un po' di lamentarsi, si improvviseranno improbabili protocolli di garanzia della privacy, Obama prometterà misure draconiane, ma tutto riprenderà come prima.

In attesa della prossima puntata. Già, perché il problema resta tutto in piedi con le sue cause non toccate minimamente e prima o poi spunterà un altro interessato a risollevare la questione magari attraverso un nuovo "pentito di Cia" o di Nsa. È singolare come nessuno si sia posto il problema del perché i servizi europei abbiano docilmente collaborato con l'agenzia americana nello spionaggio di altri europei.

Ovviamente, questo dimostra una volta di più quanto sia illusoria l'esistenza dell' "Europa" di cui ci si riempie la bocca in continuazione. A proposito, un'altra notizia interessante: in queste settimane è stato deciso lo scioglimento della "brigata franco tedesca" sorta nel 1991, che avrebbe dovuto essere il primo nucleo dell'esercito europeo. Mi pare che nell'unità politica d'Europa, al di là delle dichiarazioni formali, non creda davvero più nessuno di quelli che contano.

Ma torniamo al punto: come mai i servizi europei sono così pronti a soddisfare i desiderata americani? Nessuno ha preso in considerazione il peso che in tutto questo ha la Nato.

Come si sa, la partecipazione a programmi Nato, per un ufficiale europeo, è il modo migliore per fare una carriera folgorante e, se poi si riesce ad essere distaccati presso la sede centrale a Bruxelles è il top. Ora, accade che, per uno strano sortilegio del destino, in sede Nato quelli che contano di più sono gli americani, con i quali occorre andare molto d'accordo. Come si sa l'11 settembre ha richiesto uno sforzo straordinario di cooperazione nella lotta al terrorismo, nel quale l'arma delle intercettazioni è stata impiegata con grande larghezza e, anche se questo ha comportato qualche "sconfinamento", va da sé che i servizi alleati non potevano sottrarsi alle pressanti richieste americane.

Appena scoppiato lo scandalo, i responsabili Nsa si sono affrettati a dichiarare che, "si l'agenzia raccoglie nella rete anche le telefonate dei capi di stato e di governo europei, ma lo facciamo per proteggervi". Si possono avere dubbi in materia?

Ma sino a che punto i servizi nazionali europei possono spingersi nella collaborazione con quelli americani nel rispetto dei rispettivi interessi nazionali? E qui si pone il problema della "doppia lealtà" che fu già segnalato da Franco De Felice - in un pur non riuscitissimo saggio - già nel 1989.

Non si è mai riflettuto abbastanza sulla particolarità storica della Nato: alleanze politico militari ne sono sempre esistite, così come l'esperienza di comandi unificati in periodo di guerra non è nuova, ma un apparato militare unificato, in tempo di pace, è una novità assoluta.

Anche il Patto di Varsavia non aveva le caratteristiche di pervasività degli eserciti nazionali della Nato (l'ingerenza sovietica passava per altre vie, controllando il partito al governo in ciascuna repubblica popolare). Questo può aver avuto una ragion d'essere durante la guerra fredda - anche se, comunque, implicava una predominanza del "contraente forte" che andava molto oltre il desiderabile - ma non ne aveva certamente più nel 1989 o al massimo 1991, quando l'Urss si è dissolta.

Sarebbe stato del tutto logico che si dissolvesse anche l'alleanza costituita contro di essa. Al contrario, la classe politica di governo europea ritenne che quello della partneship euro-americana fosse un dogma inviolabile ed eterno e nessuno avanzò neppure l'ipotesi di un superamento dell'Alleanza atlantica o, quantomeno, dello scioglimento del suo braccio operativo, la Nato.

In questa scelta - che avvenne senza l'ombra di una discussione, come pura prosecuzione dell'esistente - confluirono molti fattori: la vittoria ideologica del neo liberismo, con il connesso patto sociale fra "la spada e la moneta", il basso livello della classe politica europea e la sua frequente ricattabilità sul piano delle pratiche corruttive (forse dobbiamo rileggere la stagione di mani pulite e simili in una chiave meno nazionale), le pressioni degli stessi apparati militari che ormai erano strutturati in quel modo.

Ma pesò soprattutto un calcolo molto miope, che pensava di assicurare prosperità all'Europa scaricando sugli Usa il peso delle spese militari per fare concorrenza agli stessi Usa sul piano monetario.

In qualche modo, la permanenza nella Nato era l'altra faccia della medaglia della nascita dell'Euro: in fondo, Mitterrand portò a compimento l'operazione Euro per far digerire al mondo l'unificazione tedesca, ma questo era meglio realizzabile restando tutti sotto l'ombrello Nato, che avrebbe garantito contro l'eventuale risorgere di disegni tedeschi di grande potenza.

Calcoli più furbi che intelligenti. Ora arriva il conto: gli americani hanno accettato la permanenza della Nato con connesse spese ed imprese militari, ma non certo per avvantaggiare gli europei. L'Euro è riuscito a scavalcare il dollaro dopo la guerra del Golfo, attestandosi su valori medi fra l'1,20 e l'1,40 sulla moneta americana, ma questo è stato funzionale alle esportazioni americane, senza per questo indebolire la posizione politica del dollaro, come moneta di scambio internazionale. Quando qualcuno come Saddam Hussein ha accennato a sostituirlo con l'Euro, o come Strauss Khan ha proposto di superare il dollar standard, la cosa non gli ha portato fortuna.

E' in questo quadro che va inserito il costante spionaggio americano sulle attività di governo degli "alleati": una forma di guerra economica accettata passivamente dalle vittime.

L'Impero, per definizione, non ha alleati, ma solo subordinati.