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Vittime della contaminazione terrestre

di Lorenzo Lipparelli - 15/09/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


L'industrializzazione è fondamentale nel panorama capitalistico; l'occupazione aumenta, i redditi aumentano, e il ciclo produci-consuma sostiene il funzionamento del mercato. E' proprio il ricatto del lavoro a stabilizzare la situazione; l'operaio disperato accetterà qualsiasi lavoro in fabbrica, con tutti i rischi che questo comporta, semplicemente perchè non gli viene concessa alternativa.

  

Una delle conseguenze più drammatiche nell’avanzata capitalistica è la risultante dell’incredibile inquinamento causato dall’industrializzazione e dal conseguente consumismo dilagante. Quest’ultimo appare, invero, come autolesionista. Aria, acqua, e terra, sono ormai impregnati di sostanze chimiche e tossiche. Flore e faune, marittime o terrestri, fanno parte della catena capitalistica, partecipandovi come cavie, scarti, o mezzi di produzione – pensiamo alla produzione commerciale dell’agroalimentare.

A pagare a caro prezzo sono sopratutto le località costiere, utili per il grande mercato globalizzato, data la loro posizione geografica. Ne vediamo infatti i risultati a casa nostra, sulle coste italiane, sopratutto quelle che affacciano sul mediteranno. La Sicilia in particolare ha contato centinaia di casi d’inquinamento industriale, come ha riportato il capo delegazione del M5S al Parlamento europeo Ignazio Corrao, definendo “un genocidio in piena regola” quello che sta avvenendo nel siracusano, in particolare il caso della raffineria di Augusta, con “500 morti di cancro in pochi anni”. E continua: “E’ evidente che le multinazionali del petrolio in Italia e in Sicilia hanno avuto e hanno vita facile a discapito della salute delle persone”. In quest’area tra il 1956 e il 1959 furono investiti in impianti industriali centotrenta miliardi di lire, con l’aumento di 13.000 posti di lavoro, tra il 1951 e il 1961.

L’industrializzazione è fondamentale nel panorama capitalistico; l’occupazione aumenta, i redditi aumentano, e il ciclo produci-consuma sostiene il funzionamento del mercato. E’ proprio il ricatto del lavoro a stabilizzare la situazione; l’operaio disperato accetterà qualsiasi lavoro in fabbrica, con tutti i rischi che questo comporta, semplicemente perchè non gli viene concessa alternativa. Ovviamente le istituzioni tacciono e non ci si può aspettare altro, sono i lavoratori dipendenti di chi ha compiuto e sta compiendo tale scempio. Solo dalla metà degli anni settanta si è cominciato a parlare di “questione ambientale”, e prendendo ad esempio il siracusano, dalle interrogazioni parlamentari risulta che fino a quel momento i monitoraggi erano stati effettuati ad opera delle stesse industrie – del resto siamo per antonomasia il paese del conflitto d’interesse. I buoni propositi e gli impegni assunti rimasero disattesi e solo la magistratura nel febbraio del 1980, conclude un super processo per le responsabilità sui mancati controlli per l’inquinamento atmosferico degli ultimi venti anni. Vengono condannati 16 membri del Comitato regionale per l’inquinamento atmosferico e 8 amministratori locali. L’area viene poi dichiarata ad alto rischio ambientale con delibera del Consiglio dei Ministri solo nel tardo novembre del 1990.
Ovviamente le strutture continuano a produrre e inquinare ancora oggi. La contaminazione è ormai subentrata nel ciclo economico, nelle voci del bilancio; si pensi al rifiuto. Non dovrebbe considerarsi come uno sbaglio, un errore tecnico-ingegneristico? Al contrario, viene fagocitato nella corruzione, divenendo occasione per costruire grandi inceneritori (oggi con il nome più gentile di termovalorizzatori), enormi buche o quant’altro serva per l’occultamento – come smascherato dal film Trashed. Il paradosso mostrato è che gli stessi mezzi utilizzati per lo smaltimento in realtà non smaltiscono: o vengono sotterrati, causando evidentemente gravissimi danni alle falde acquifere con ripercussioni a catena devastanti, o trasformati in forme più sottili e quindi più pericolose, come nel caso deitermovalorizzatori (tanto difesi dal presidente del consiglio Matteo Renzi).
Il film dimostra inoltre come incredibilmente le sostanze più piccole e sottili siano entrate anche nel ciclo biologico del pianeta. Tutti i rilevamenti effettuati negli oceani e nei mari hanno infatti evidenziato tracce di sostanze tossiche, chi più chi meno.
A Pechino addirittura i cittadini sono costretti ad uscire con la mascherina. L’aria è talmente condensata da apparire come nebbia; l’inquinamento atmosferico ha superato 16 volte il livello considerato sicuro dall’Organizzazione mondiale della sanità, già da alcuni anni.

L’emblema della degenerazione assoluta è la c.d. Isola di plastica nel Pacifico. Un enorme accumulo di spazzatura che galleggia nell’oceano da svariati anni, la quale estensione non è ancora stata resa nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un’area più grande della Penisola Iberica a un’area più estesa della superficie degli Stati Uniti).
Inquieta il fatto che ancora moltissime persone faticano a percepire la gravità della situazione, sopratutto perchè l’inquinamento rimane solo una tra le tante conseguenze del consumismo ossessivo-compulsivo. A tal proposito fa riflettere questo discorso, risalente al 1992, di una donna di 12 anni alle Nazioni Unite: “Ho paura di andare fuori al sole perché ci sono i buchi nell’ozono, ho paura di respirare l’aria perché non so quali sostanze chimiche contiene (..) Quando avevate la mia età vi preoccupavate forse di queste cose? Tutto ciò sta accadendo sotto i nostri occhi e ciò nonostante continuiamo ad agire come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni (..)”