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Ecologia Profonda

di Guido Dalla Casa - Giuseppe Moretti - 07/10/2014

Fonte: Lato selvatico

 

Guido Dalla Casa scrive di Ecologia Profonda dagli anni ’90. Ecologia Profonda è un termine coniato all’inizio degli anni ’70 dal filosofo norvegese Arne Naess. Scopo di questa filosofia è il rovesciamento di una concezione errata che l’umanità ha assunto, da qualche secolo a questa parte, nei confronti di se stessa a discapito del mondo vivente che le sta attorno (e, in definitiva, contro se stessa… perché il mondo che le sta attorno è il mondo che sostiene il Tutto, umanità compresa). Quindi dall’attuale antropocentrismo (umanità al centro), all’ecocentrismo (il benessere degli ecosistemi al centro) di un futuro non lontanissimo… si spera. Si tratta di un processo di cambiamento che necessariamente non può che essere graduale, come dimostra il percorso di Guido stesso. Il ragionamento è molto ampio (perché coinvolge storia, scienza e scelte sociali), perciò questa intervista non ha la pretesa di essere esaustiva ma semplicemente di focalizzare su alcuni punti, che si spera siano di interesse per i lettori di Lato Selvatico. Per un approfondimento di cos’è l’ecologia profonda si rimanda al libro di Guido Dalla Casa “Ecologia Profonda, lineamenti per una nuova visione del mondo” Mimesis, 2011.

 

Raccontaci il tuo percorso di vita e come sei arrivato all’ecologia profonda.

 

     Ricordo benissimo i primi contatti con una vita di campagna. C’era la guerra, con la mia famiglia eravamo sfollati nei dintorni di Bologna, avevamo preso in affitto una casa e un pezzetto di terra, l’orto, il frutteto, il pollaio, due anatre. C’era pure la vigna. Ma c’erano anche i bombardamenti, soprattutto nella vicina città. Mia nonna, che proveniva da una vita di campagna, mi insegnava tutto sulle galline, come covano, quando fanno più uova, come si comportano quando vogliono covare. Ricordo ancora, dopo 70 anni, come si faceva il pastone. Ma poi razzolavano molto, mangiavano i vermetti. Con un verso particolare, la chioccia segnalava ai pulcini quando in cielo c’era la poiana … Non stavano in quelle orrende gabbie “industriali” dove oggi sono considerate “macchine per fabbricare uova”.

     Poi fummo costretti a rientrare in città, il fronte era vicino. Ricordo benissimo il trauma che ho avuto nel rientro in un condominio urbano (avevo otto anni), tirandoci dietro solo due galline e il cane, sistemati in cantina per qualche tempo.

     Passati alcuni mesi, la vita tornava gradualmente alla normalità, senza più bombe. Fortunatamente, dopo due anni la mia famiglia si trasferì in una villetta fuori città, dove almeno c’era un giardino e c’erano gli alberi, e qualche prato.

    Dopo le scuole medie, mi iscrissi al Liceo Scientifico, mi piacevano matematica e fisica, ma soprattutto le scienze naturali. Spinto inconsciamente dall’ambiente familiare, mi iscrissi alla Facoltà di Ingegneria, che allora era considerato il massimo per un futuro “brillante” (!?). Nessuno parlava ancora di Ecologia, né profonda né superficiale. Ma sentivo che mi mancava qualcosa. Continuavo ad interessarmi alle scienze naturali, considerandole una passione “del tempo libero”. Ma era la mia vera natura, me ne accorsi solo dopo alcuni decenni.

    Fortunatamente, durante tutto il periodo degli studi, e anche in seguito, sono sempre riuscito a trascorrere gran parte dell’estate in montagna, prima sulle Dolomiti, poi sulle Alpi Occidentali. Mi sono accorto solo molto tempo dopo del significato della mia passione per la montagna: lassù si poteva trovare ancora la Natura, non tutto era antropizzato. Iniziai a lavorare alla Società Edison di Milano (poi divenuta ENEL), all’inizio nel campo dell’energia idroelettrica, che in quegli anni era ancora considerata la principale fonte di energia. Almeno sulla carta, avevo a che fare con le montagne.

    In montagna ho anche conosciuto Elvira, abbiamo fatto molte escursioni e salito diverse cime interessanti sulle Alpi. Ci siamo sposati nell’anno in cui ho dovuto stare lontano da cime e valli, per trascorrerlo in Puglia con l’Aeronautica Militare. A quel tempo (1962-63) c’era l’obbligo di passare quei 18 mesi, ma fu un’esperienza assai interessante. Anche dopo di allora, siamo sempre andati in montagna, spesso per escursioni molto belle.

    Ancora non pensavo all’Ecologia Profonda, ma allora scrissi l’unica mia poesia, intitolata “La Vita” e pubblicata sul “Sentiero Bioregionale” n. 5 (Solstizio invernale 2013). Forse c’era già qualche accenno semi-conscio di ecologia profonda.

    Per fortuna, pur abitando in città, ho avuto quasi sempre la possibilità di trascorrere quattro o cinque settimane di ferie all’anno, in montagna o al mare (di solito su isole poco affollate o in stagione non di punta).

    Negli anni successivi, dopo qualche anno a Milano, ci siamo trasferiti, per motivi di lavoro, a Pino Torinese, poi a Vercelli, poi ancora a Milano. Fra gli anni di Milano e quelli di Torino, ci fu l’ascensione al Kilimangiaro (1968), con mia moglie: una salita molto interessante con passaggio di tanti ecosistemi diversi. Era come andare dall’Equatore al Polo e ritorno in cinque giorni. Dai quaranta gradi della savana a venti gradi sotto zero, sulla cima Uhuru, che sfiora i 6000 metri. Allora c’era ancora qualche ghiacciaio presso la vetta, ora sta scomparendo. Durante gli otto anni “di Torino”, mi iscrissi al WWF, di cui sono tuttora socio (dal 1968), e collaborai alla fondazione della Sezione Piemonte. Era l’Associazione più attiva nel campo dell’ecologia (allora e tuttora, di superficie). Mi avviavo molto lentamente verso l’ecologia profonda, che iniziò ad avere questo nome solo nel 1972, con il noto articolo di Arne Naess (The Shallow and the Deep).

    In quel periodo sono nati i nostri due figli, Enrico e Valeria, che ci hanno poi seguito sulle montagne per un po’ di anni. Per l’evoluzione del mio pensiero fu determinante la lettura del libro del Club di Roma “I limiti dello sviluppo”, massima espressione dell’ecologia di superficie (è ancora antropocentrico), alle cui conclusioni nessuno ha dato retta, ma che si stanno rivelando esatte proprio in questi anni. I divulgatori del famoso rapporto fecero qualche errore perché misero in evidenza soltanto “l’esaurimento delle risorse” implicito nello studio semplificato, evidenziando poco le proiezioni dello scenario principale e quello dove si ipotizzavano “risorse infinite”, che collassava anch’esso, solo un po’ più tardi. I tre aggiornamenti (del 1993, del 2006 e del 2013) che confermavano lo studio precedente e segnalavano l’aggravarsi della situazione mondiale, sono stati completamente ignorati. Quarant’anni sono passati invano. 

    Allora c’erano anche state, in Italia, le “domeniche senza macchine”: erano tutti avvertimenti, era “l’ultima chiamata”, ma nessuno ha risposto. Nel 1975 fu pubblicato il mio primo libro, intitolato “L’ultima scimmia”, dove ancora non si parlava di ecologia profonda, ma si ponevano già pesanti critiche a questa civiltà urbana “in continua crescita”.

    Durante gli anni di Vercelli, prendemmo in affitto una cascina nei pressi del lago di Viverone, dove potevamo trascorrere i fine settimana e tenere l’orto, collaborando talvolta con il vicino agricoltore. E’ stato pure in quegli anni che, per un motivo di lavoro, venni a conoscere la frazione San Gottardo di Rimella (Valsesia), abitata allora da 20-30 persone, ancora priva del servizio elettrico, e non raggiunta da strada. Era un paese senza macchine! Vi comprammo un’antica casa di fine Ottocento che abbiamo resa abitabile con un minimo di servizi. Ancora oggi il villaggio non è raggiunto dalla strada, che si è fermata a dieci minuti di sentiero. Ora ha 18 abitanti residenti: non sono più diminuiti da circa 20 anni, qualcuno è un cittadino di ritorno.

    Cominciai a interessarmi alle filosofie orientali (soprattutto Buddhismo e Taoismo), e ad alcune filosofie native (specialmente del nord-America), rendendomi conto che il mostruoso antropocentrismo della nostra civiltà era in gran parte dovuto alla posizione assegnata alla nostra specie dalla tradizione giudaico-cristiana-islamica, cioè dalle basi dell’Antico Testamento. Ad esempio, è evidente che nel Buddhismo gli altri esseri senzienti (gli altri animali, ma anche – secondo l’Ecologia Profonda - i vegetali, gli ecosistemi, gli esseri collettivi) vivono in sostanza la nostra stessa avventura. Con mia moglie, abbiamo poi seguito un corso settimanale di filosofia buddhista presso l’Istituto LamaTzong Khapa di Pomaia. Il sottofondo meccanicista-cartesiano-newtoniano, assorbito in gioventù dalla formazione scolastica e dalla società in genere, stava via via sfumando nella mia visione del mondo. La nostra specie non è l’unica dotata di “anima” (concetto discutibile), la Mente è ovunque, siamo immersi nell’Anima del Mondo.

  Oltre a qualche meditazione sulla fisica quantistica e le sue conseguenze filosofiche, furono determinanti per la mia evoluzione verso l’ecologia profonda alcune letture, fra cui cito, solo come esempi, i libri di Fritjof Capra (Il Tao della Fisica, Il punto di svolta, Verso una nuova saggezza, e altri), di Gregory Bateson (Verso un’ecologia della mente, Mente e Natura), molti libri di Konrad Lorenz, di Ilya Prigogine (La Nuova Alleanza, La fine delle certezze, e altri), di Arne Naess (Ecosofia), di Devall e Sessions (Ecologia Profonda) e di Rupert Sheldrake (La rinascita della Natura, Sette esperimenti per cambiare il mondo, La mente estesa e Le illusioni della scienza), oltre a quelli di James Hillmann, Gary Snyder, Edward Goldsmith, Paul Ehlrich, a qualche lettura interessante sulla dinamica dei sistemi (Assalto al pianeta di Pignatti e Trezza) e La vita segreta delle piante di Tompkins e Bird.

    Mi resi conto che l’antropocentrismo, ancora universalmente diffuso nella nostra cultura, non è più sostenibile da alcun punto di vista.  Dopo la pubblicazione della prima versione della ”Guida alla sopravvivenza”, all’inizio del 1984 venni invitato alla sede della RTSI di Lugano per una trasmissione televisiva, dove mi resi conto che la vicina Confederazione si stava preparando molto seriamente a sopravvivere ad eventi molto gravi, presumibilmente una guerra nucleare totale. Pensandoci trent’anni dopo, allora non poteva accadere, perché la Terra si sarebbe ridotta in pochi giorni a quella che era stata chiamata (nel libro di Jonathan Schell Il destino della Terra uscito in quegli anni) ”una repubblica di insetti e di erbe”. Ma la Terra è molto più importante di noi umani, che ne siamo solo componenti, come le cellule di un Organismo: il Pianeta non poteva ridursi così. Ora invece, sarebbe possibile una forma di collasso per salvare il Complesso dei Viventi, in gravissimo pericolo perché questa civiltà ha ormai invaso il pianeta e il numero di umani ha largamente superato ogni valore tollerabile. La Guida alla sopravvivenza, in cui ho cercato di far passare nozioni di ecologia profonda in un libro che potrebbe sembrare soltanto di survival (per esigenze editoriali) è stata ripubblicata, completamente aggiornata, nel 2010 dalla Casa Editrice Arianna di Bologna.

    Nel 1997 ho lasciato l’ENEL, per dedicarmi successivamente e progressivamente all’Ecologia Profonda. Oltre alla Guida alla sopravvivenza, sono poi stati pubblicati  Ambiente: Codice Rosso” (un libretto divulgativo) e soprattutto il libro principale “L’Ecologia Profonda. Lineamenti per una nuova visione del mondo” (Mimesis, 2011), di cui esiste anche una versione ebook della Casa Editrice Arianna. E’ un ampliamento e aggiornamento di Ecologia Profonda, pubblicato nel 1996 dalla Pangea di Torino. Nel 2008 è uscito anche Inversione di rotta, scritto con Giorgio Cazzaro ed Enrico Geuna.

    Ho impiegato circa 40 anni (dagli anni Cinquanta agli anni Novanta del secolo scorso) per passare da una visione meccanicista-cartesiana-newtoniana all’Ecologia Profonda, che ha aspetti profondamente spiritualisti: è una forma di panteismo.

    Ora faccio parte dell’Associazione Eco-Filosofica, che ha sede a Treviso e svolge una notevole attività soprattutto nel Veneto, tengo un corso di dieci ore di Ecologia Interculturale presso la Scuola di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini e un corso di Ecologia Profonda all’UNITRE di Saronno. Con Enzo Parisi, Direttore dell’Orto Botanico di Genova, cerchiamo di dare vita a un Movimento Italiano per l’Ecologia Profonda (IDEM) e di mantenere contatti con i movimenti affini, quelli che si occupano soprattutto degli aspetti pratici: il Movimento Bioregionale, la Decrescita Felice, l’Ecopsicologia, il Movimento Zeitgeist, i movimenti sulle  filosofie native, oltre a qualche contatto con idee ancora più radicali, come la critica alla civiltà, dove si contestano non soltanto gli ultimi tremila anni di civiltà occidentale, ma gli ultimi diecimila anni, a partire dall’introduzione dell’agricoltura (salvando la permacultura). Come contatti internazionali, tengo uno scambio di mail con l’Ecocentric Alliance (prima chiamata LeftBio) che ha avuto origine in Canada ma è diramata in tutto il mondo, via internet.

 

 Quale è il messaggio di fondo dell’ecologia profonda e perché essa è così importante oggi, sia per le sorti future della Terra che di tutte le sue creature, esseri umani compresi, che la abitano?

 

     Il messaggio di fondo dell’Ecologia Profonda è sintetizzato negli “Otto principi” di  Naess e Sessions e nel “Manifesto per la Terra” di Mosquin e Rowe, che si trovano facilmente sul sito www.ecospherics.net  

    Qui cercherò di sintetizzarne le basi con voci diverse e più stringate ancora, ma che ribadiscono in sostanza le stesse idee di fondo:

 -  La posizione dell’uomo in Natura: l’uomo è una specie animale, parte di un Tutto, che è più della somma delle parti;

  - Il diritto ad una vita degna e all’autorealizzazione di tutti gli esseri senzienti   (animali – piante - esseri collettivi – ecosistemi - Gaia);

  - Una visione sistemica-olistica della Terra e di tutti i sottosistemi;

  - La spiritualità e sacralità della Natura.

 

Occorre prendere coscienza che:

  -  La situazione stazionaria è il modo di vivere del Pianeta. Tutti i processi devono essere ciclici e quindi non comportare il rilascio di “rifiuti”;

  -  L’incremento indefinito dei beni materiali non è un desiderio naturale dell’umanità: ha portato anche malessere e gravi infelicità;

  -  Lo sviluppo economico è una grave patologia della Terra: è un’anomalia nata solo in una cultura umana in un determinato momento della sua storia;

  -  Ci troviamo sul terzo pianeta di una stella di media grandezza lanciata nel braccio esterno di una galassia qualunque, fra miliardi di altre galassie; 

  -  La Terra ha quattro o cinque  miliardi di anni, la Vita ha tre miliardi di anni, l’umanità ha un milione di anni, la civiltà occidentale ha tremila anni, la crescita economica ha duecento anni.

 

La situazione del nostro Pianeta si può così riassumere:

  -  La popolazione umana ha superato i sette miliardi e cresce inesorabilmente di 90 milioni di individui all’anno: si tratta di numeri assolutamente insostenibili;

  -  La biodiversità, base delle possibilità di Vita della Terra, sta diminuendo vertiginosamente: scompaiono circa 30 specie al giorno, con un ritmo diecimila volte superiore a quello naturale;

  -  La distruzione delle foreste e di altri ecosistemi (paludi, praterie, ecosistemi acquatici, ecc.) procede inesorabilmente con velocità crescente;

  -  L’atmosfera terrestre si sta alterando rapidamente, con conseguenze gravissime sul clima e sul Complesso dei Viventi;

  -  Il  consumo di territorio è in atto in tutto il mondo (passaggio da terreno naturale a terreno urbano, strade, costruzioni, impianti) e procede a velocità impressionante.

 

    La causa a monte di questi fenomeni è la filosofia antropocentrica che ne sta a fondamento. Per questo è necessario assolutamente abbandonarla per passare a qualche forma di Ecologia Profonda. L’importanza di una visione del mondo di questo tipo è evidente per la Terra stessa, per tutti gli esseri senzienti, e quindi anche per gli umani. Senza questa profonda modifica dei fondamenti del pensiero, la Terra subirà un trauma da cui potrà riprendersi solo in tempi lunghissimi. La sorte di tutti gli esseri senzienti, umani compresi, è strettamente legata a questo cambiamento.

    Il vero pessimismo è pensare che i processi sopra elencati, causati dalla crescita economica, possano continuare.

    L’alternativa non è se la crescita economica finisce o continua, ma se finisce in modo drastico (collasso) o in modo dolce, con passaggio guidato a una situazione stazionaria, in cui dovrebbe scomparire il desiderio dei beni materiali, che ha creato la situazione attuale. Ottimismo è pensare che finisca presto! Pessimismo è pensare a una ripresa della crescita.

 

Quali sono secondo te i punti salienti che distinguono l’ecologia profonda dall’ecologia di superficie... ?

 

     Comincerò con una citazione di Fritjof Capra:

     La nuova visione della realtà è una visione ecologica in un senso che va molto oltre le preoccupazioni immediate della protezione dell’ambiente. Per sottolineare questo significato più profondo dell’ecologia, filosofi e scienziati hanno cominciato a fare una distinzione fra “ecologia profonda” e “ambientalismo superficiale”. Mentre l’ambientalismo superficiale è interessato ad un controllo e ad una gestione più efficienti dell’ambiente naturale a beneficio dell’”uomo”, il movimento dell’ecologia profonda riconosce che l’equilibrio ecologico esige mutamenti profondi nella nostra percezione del ruolo degli esseri umani nell’ecosistema planetario. In breve, esso richiederà una nuova base filosofica e religiosa.

                                                     (Fritjof Capra – Il punto di svolta – Ed. Feltrinelli, 1984)

 

     L’Ecologia Profonda si fonda su solide basi scientifico-filosofiche, cioè la fisica quantistica, la teoria dei sistemi, l’emergenza di fenomeni mentali nei sistemi complessi, la mente estesa, gli studi sul comportamento degli altri esseri senzienti, gli esseri collettivi, e così via. Tuttavia la scienza”ufficiale” (quella che viene divulgata) fa molta fatica ad accettare le conseguenze delle sue stesse novità (che confermano visioni di altre culture umane), perché un cambio di paradigma richiede tempi molto lunghi. Spesso questa scienza “ufficiale” preferisce negare i fatti piuttosto che abbandonare i presupposti meccanicisti e cartesiani da cui è nata.

      Se vogliamo sintetizzare in voci distinte, da alcune correnti della scienza:

- Mente e materia non si possono separare, anzi, sono indistinguibili;

- In tutti i sistemi complessi si ha l’emergenza di fenomeni mentali;

- Le biforcazioni-instabilità dei sistemi complessi sono “scelte”; 

- Tutti gli esseri viventi sono sistemi complessi;

- Anche gli ecosistemi sono esseri senzienti, essendo sistemi complessi;

- Esistono esseri collettivi (formicai, termitai, stormi di uccelli, ecc.);

- Il comportamento di un sistema complesso è imprevedibile, anche in linea teorica, oltre un certo orizzonte temporale, che è comunque una quantità finita, poi avviene una scelta: questo significa che c’è un aspetto mentale in tutte le entità naturali;

- Non esistono confini precisi, né “certezze”;

- L’inconscio collettivo di Jung è un Inconscio Ecologico che si estende a tutti gli esseri senzienti e alle relazioni con quelle entità che qualcuno chiama “inanimate”.

    Da tutto questo si deduce che l’Ecologia Profonda si basa su fondamenti scientifico-filosofici e non sul “misticismo”. L’aspetto spirituale è comunque essenziale in una visione del mondo ispirata all’Ecologia Profonda.

 

Con la pubblicazione degli “Otto principi” dell’ecologia profonda di Naess e Sessions (oramai quasi trent’anni fa), il movimento ecologista a livello mondiale ebbe un sussulto. Per la prima volta qualcuno s’era preso la briga di definire le linee di una ‘politica verde’ che fosse genuinamente ispirata dai principi ecologici, e quindi l’accento sull’interrelazione tra tutte le cose animate e inanimate (umani compresi): “noi siamo perché loro sono, e viceversa”; distinguendosi così dall’ambientalismo convenzionale ancora fermo su istanze utilitaristiche/antropocentriche (seppure con le più buone intenzioni). Come spesso succede quando un’idea forte entra in scena, si crea un interesse diffuso sia in senso positivo che negativo e l’ecologia profonda non fu da meno. Ricordo in particolare l’accusa di misantropia: il fatto cioè di mettere l’essere umano sullo stesso piano degli altri esseri viventi veniva visto come la volontà di sminuire il valore dell’umanità in quanto tale. A che punto è la situazione oggi?

 

     La posizione antropocentrica, che dà valore a qualunque cosa solo in funzione umana, è ancora oggi di gran lunga la più diffusa nella nostra cultura e quindi, di fatto, in tutto il mondo, dato il suo grado di espansione. Come noto, una visione del mondo biocentrica assegna “valore in sé” a tutte le entità viventi, una visione ecocentrica a tutte le entità naturali, e alle loro relazioni. In realtà in queste ultime visioni del mondo non viene tolto alcun valore alla nostra specie: gli umani, le loro culture, le relazioni fra di esse, sono  entità naturali, e quindi degne di “valore in sé”. L’accusa di “misantropia” nasce soltanto dall’incapacità di concepire una visione non-antropocentrica.

L’uomo sta alla Natura come la parte al Tutto, come un tipo di cellule sta all’Organismo (psicofisico) di cui fa parte. Un gruppo di cellule ha maggior “valore in sé” se lo si vede come parte integrante di un Organismo più grande.

      La situazione generale non è molto cambiata in questi trent’anni: l’Ecologia Profonda è conosciuta pochissimo, soprattutto in Italia. La maggioranza non sospetta neppure che esista una simile visione del mondo, anche per carenza di informazione.

      Non sono bastati gli studi di Konrad Lorenz, e di numerosi altri scienziati, per riconoscere una profonda vita soggettiva agli altri animali. Altre recenti idee, per ora di minoranza, attribuiscono una mente immanente a tutti i sistemi complessi e quindi a tutte le entità naturali. Ma idee come queste incontrano resistenze fortissime: un simile cambio di paradigma richiede tempi lunghissimi.

      Gran parte delle posizioni attuali della cultura occidentale derivano dalle religioni che si sono originate nell’area mediorientale ed hanno invaso il mondo diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Le istituzioni che le rappresentano continuano questa opera: a parte le amenità sul concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purché umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti. Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato di fatto l’esclusiva mentale-spirituale. A tutte queste ideologie è mancata totalmente la percezione che la nostra specie è strettamente collegata “all’interno” a tutto il resto del mondo naturale. Invece, staccata, è priva di significato.

 

Il tema dell’insostenibilità dell’attuale tasso di aumento demografico a livello mondiale - nei confronti dalla capacità sostenibile della Terra - è un altro punto delicato su cui gli ecologisti profondi si sono scontrati e si scontrano invano senza risultati (ma non solo gli ecologisti profondi. Anche il Club di Roma, visto che l’hai citato, metteva in guardia da questo problema già quarant’anni or sono). Tanto per fare un esempio, di fronte alla diminuzione del tasso delle nascite nel nostro paese (cresce invece quello degli immigrati) si è subito gridato (politici, religiosi, etc…) al pericolo “estinzione!”, quando invece si sa che la popolazione italiana è ben oltre il limite di sostenibilità rispetto all’estensione territoriale... “ci vorrebbero tre Italie per sostenere l’attuale popolazione”, dicono gli esperti. I vegetariani sostengono che se si eliminasse (in generale) il consumo di carne, e quindi la chiusura degli allevamenti, si libererebbe terra a sufficienza per sostenere qualsivoglia crescita demografica. Qual’è la posizione dell’ecologia profonda ed, eventualmente, quali strategie propone per affrontare la soluzione del problema?

 

     Le specie animali e vegetali che fanno parte degli ecosistemi mantengono il numero dei propri componenti entro fasce numeriche ristrette, almeno su tempi non troppo lunghi e mediando le piccole oscillazioni. L’umanità è una specie animale, abbastanza facilmente classificabile, che ovviamente non può sfuggire a questa norma vitale, altrimenti si hanno danni irreparabili per tutto l’Ecosistema.

    La posizione dell’Ecologia Profonda è il mantenimento di una situazione stazionaria con valori di popolazione umana compatibili con la vita della Terra e con lo spazio vitale per tutti gli altri esseri senzienti. Naturalmente le situazioni stazionarie sono tante: mille nati e mille morti oppure cento nati e cento morti sono entrambe situazioni stazionarie, ma la seconda è migliore della prima.     

     Gli studi effettuati per dare un ordine di grandezza al numero massimo di umani, in funzione dell’alimentazione e dei consumi, sono molto scarsi, cosa sorprendente, data l’importanza del problema. Hanno portato a valori dell’ordine di due-tre miliardi  (Università Cornell, Club di Roma, libro Assalto al pianeta); possiamo prendere come grossolana media un valore massimo di due miliardi. Del resto, quando è iniziato l’impiego dei combustibili fossili, la Terra contava circa un miliardo di umani.

    A questo punto sorge spontanea una domanda: come facciamo a vivere oggi in sette miliardi e oltre? La risposta è immediata: ora non siamo affatto in situazione stazionaria, ma in un transitorio in cui l’umanità vive “divorando” la Terra, cioè a spese dell’Organismo di cui fa parte. Questo transitorio non può durare a lungo.

    In particolare, per l’Italia la popolazione massima dovrebbe essere dell’ordine di 20 milioni di umani. In ogni caso non si vede il motivo per vivere ammassati come sardine, anche se fosse possibile. Con più spazio si vive meglio. L’invito all’aumento è pura follia, che non tiene alcun conto degli spazi vitali per gli altri esseri senzienti, e per la Vita stessa come complesso. Un libro pubblicato di recente (S. Emmott – Dieci miliardi, Feltrinelli, 2013) offre un buon quadro sintetico della situazione, con molti rapidi flash. Inoltre il consentire una vita degna a tutti gli esseri senzienti è anche un imperativo morale, oltre che una necessità vitale.

   Riguardo l’alimentazione: l’ecologia profonda non richiede una dieta completamente vegetariana, ma una dieta simile a quella di oranghi, scimpanzé, gorilla e bonobo, che è quasi-vegetariana. Certamente con una dieta vegetariana il numero di umani che la Terra può sostenere è maggiore, ma i limiti numerici sopra accennati sono comunque validi: probabilmente si arriverebbe a valori massimi dell’ordine di quattro miliardi, ma non di più. Inoltre la necessità di consentire una vita degna agli altri esseri senzienti resta valida, come il fatto che una densità eccessiva peggiora comunque la qualità della vita. Il problema non è quello di “liberare terra” per la crescita demografica, ma di riconoscere il diritto alla vita dell’Ecosistema complessivo.

La posizione dell’Ecologia Profonda è quella di limitare comunque la popolazione umana a uno-due miliardi di individui. Come ciò è possibile? Con una informazione capillare sulla situazione, una percezione della profonda spiritualità immanente nella Natura e una morale che mette al primo posto la salute complessiva dell’Ecosfera, è probabile che una coppia umana consapevole e libera da condizionamenti di istituzioni “religiose” o di autorità industrialiste-sviluppiste, non desideri più di due figli. Poiché circa un quinto degli umani non desidera figli, o non può averne, o non forma coppia, l’umanità calerebbe lentamente arrivando a numeri accettabili nel giro di alcuni secoli. Si propone quindi di dare il massimo impulso all’informazione e alla cultura, unite a una profonda percezione della spiritualità immanente in tutta la Natura, quindi in tutte le entità naturali, che hanno un valore in sé e sono degne di profondo rispetto.

 

Bene, ora lasciamo per un attimo i grandi temi e le difficoltà oggettive e soggettive ad essi correlati, ed entriamo per un attimo nel movimento stesso dell’ecologia profonda e… aree contigue, per constatare come anche in questo ambito occorra tempo per comprendere nella giusta misura le finalità di questa filosofia. Mi riferisco alla radicalizzazione di certe posizioni alimentaristiche dovute ad una eccessiva personale/idealistica interpretazione del 2° principio da te elencato e cioè: “il diritto ad una vita degna e all’autorealizzazione di tutti gli esseri senzienti”, che lo elevano allo zenit di quella che secondo loro dovrebbe essere una corretta pratica alimentare in linea con i principi dell’ecologia profonda. Ora, ferma restando la validità del principio e, ci possiamo aggiungere anche, “la pari dignità (valore intrinseco) di tutte le cose viventi”, come si fa ad assolutizzare una scelta alimentare a scapito di un'altra? O meglio, se è vero come è vero che la vita si alimenta della vita, sia essa animale, vegetale, minerale…, dove finisce il diritto “ad una vita degna…” e dove inizia il sacramentale scambio di energia?

(E’ chiaro che questo ragionamento non giustifica in alcun modo la pratica alimentare mainstream corrente, cha sappiamo tutti squilibrata, abnorme e pure violenta, ma quella di chi ha scelto le vecchie maniere e cioè: rispetto, gratitudine e senso del limite).

 

    Probabilmente molti malintesi nascono dal fatto che si tende a identificare troppo spesso il concetto di ”essere senziente” con quello di “individuo animale vivente” in senso biologico. Un essere senziente, che non significa necessariamente “cosciente” ma che può benissimo esserlo, è un animale, un vegetale, un essere collettivo   (termitaio, alveare, stormo di uccelli o di pesci, ecc.), un ecosistema con le sue componenti organiche/inorganiche, la stessa Ecosfera. Anche una specie (concetto biologico spesso poco definibile) si può considerare un essere senziente o, se preferite, una mente, più o meno conscia. Si tende troppo spesso a considerare un organismo come una somma di individualità anziché una rete di relazioni. I fenomeni mentali-spirituali nascono dalla complessità delle relazioni.

   L’idea del valore intrinseco di tutti gli esseri senzienti comporta anche un trasferimento di energia necessario per mantenere in vita molti di questi esseri, che ne hanno tutto il diritto. Importante è che venga mantenuto il “Complesso”: questo richiede il mantenimento di certi rapporti e di un tipo di alimentazione compatibile con la vita dell’Organismo più grande di cui ogni essere individuale fa parte.

   Certamente la pratica alimentare umana più diffusa e propagandata dal sistema è molto squilibrata. Siamo sostanzialmente uguali agli altri mammiferi Primati e la nostra alimentazione dovrebbe essere dello stesso tipo: molta frutta e verdura, pochissima carne o derivati. Inoltre ogni passaggio della catena alimentare dissipa una grande quantità di energia, quindi più un animale mangia carne, minore è il numero degli individui in un dato ecosistema. Così infatti avviene in Natura, e l’umanità non può sottrarsi a questa norma. Comunque un piccolo numero di predatori è necessario per la vita di un ecosistema.

  I vegetariani e i vegani hanno tutto il mio rispetto e sono i benvenuti, ma non ritengo questa pratica una necessità assoluta per l’ecologia profonda. Riguardo i vegan: il loro argomento principale è il fatto che gli animali da cui si ricavano molti alimenti (latte, formaggi, uova, ecc.) vengono tenuti in condizioni assolutamente inaccettabili e immorali, ma questo dipende dal criterio esclusivamente economico (un male assai diffuso nel nostro mondo) con cui vengono gestiti gli allevamenti. Se con l’animale si stabiliscono rapporti di amicizia, semilibertà e simbiosi le cose possono cambiare, dato anche che questi animali vengono sottratti alla possibilità di cattura da parte dei predatori. Naturalmente i rapporti quantitativi devono essere compatibili con la situazione naturale, quindi ben diversi da quelli diffusi nel nostro mondo, totalmente assurdi.

 

Se l’ecologia profonda è una filosofia, qual’é la sua pratica? O meglio, ci sono oggi persone, gruppi, movimenti, situazioni che portano avanti nel loro agire, o che sono in sintonia con le istanze dell’ecologia profonda?

 

     La pratica dell’ecologia profonda non è facilmente descrivibile nel nostro mondo completamente impostato su basi antropocentriche. In generale, non considerando la possibilità di vivere totalmente fuori dall’attuale società, cosa possibile in pochissime aree del Pianeta e di fatto non attuabile da chi è nato nella cultura occidentale, la pratica consiste nel condurre una vita sobria, con consumi ridotti, e diffondere il più possibile le idee di base dell’Ecologia Profonda, evidenziando soprattutto che le premesse antropocentriche oggi considerate “ovvie” sono completamente assurde, anche sul piano scientifico-filosofico. Un’altra pratica fattibile e spesso piacevole è quella di estraniarsi dal mondo urbano-consumista per un periodo dell’anno, come faceva spesso Arne Naess nel suo rifugio di Tvergastein, durante il periodo estivo.

   Comunque, a vivere diversamente c’è qualche gruppo che ci prova, ci sono movimenti che ci credono anche sul piano pratico e portano avanti le istanze dell’ecologia profonda, fra mille difficoltà, dato che il nostro mondo pensa in modo del tutto diverso e ha le strutture conseguenti. Si tratta di comunità o individui numericamente esigui: comunque tutti i grandi cambiamenti di paradigma sono iniziati da piccole minoranze e si sono sviluppati in tempi molto lunghi. Il problema è che il tempo a disposizione per evitare ulteriori eventi traumatici al Pianeta è ormai molto ridotto: forse abbiamo già oltrepassato una sorta di “punto di non-ritorno”. Possiamo sempre sperare in un “meraviglioso imprevisto” oppure prepararci a superare un periodo di transizione che potrebbe essere traumatico. I problemi più gravi e ingestibili sono il grave eccesso di popolazione umana e la crescita demografica-economica che continua tuttora inesorabilmente.