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Come son venuti fuori i decantati "nuovi tempi"?

di Romano Cristano - 22/09/2015

Fonte: Controinformazione



Il capitalismo detto “liberale”, quello cioè che fa di tutto per operare senz’alcun freno, rappresenta un enorme ed allarmante pericolo per l’intera nostra vita in società.

 

Da un certo tempo in qua, soprattutto nell’area indicata come Occidente (Europa ed America, pressappoco), emergono dei fenomeni curiosi. E se fossero soltanto curiosi, la cosa non sarebbe preoccupante, data la presenza della caratteristica dell’innocuità. In realtà, i detti fenomeni sono, con maggior precisione, talmente strani da far sorgere, in molta gente, una certa inquietudine. Mi vedo comunque costretto a far notare che sto usando degli eufemismi (“strani” ed “inquietudine”) per non allarmare eccessivamente i lettori; sì, perché i fenomeni cui alludo costituiscono una serie di fatti concatenati che – senza che se ne conoscano le vere cause – sconvolgono sempre di più la nostra vita in società, in tutti i suoi aspetti.

 

Questi fatti concatenati, visti nel loro insieme, vengono oggi decantati e a volte anche commentati da una quantità notevole di intellettuali che, per indicarli, si servono della generica denominazione di Nuovi Tempi, la quale produce spesso un’impressione alquanto fastidiosa nelle masse dette popolari. Esse, in effetti, si sentono oggetti d’una specie indefinibile d’invasione, di proporzioni certamente non piccole, che non s’era mai vista nell’intera storia dell’umanità.

Perché l’espressione “che non s’era mai vista”? Senza dubbio, le invasioni non sono mai mancate, nel mondo; e non sono mai state realizzate allo stesso modo: la storia registra invasioni piccole e grandi, dirette e indirette, violente e pacifiche, cruente e incruente. L’Impero Romano, ad esempio, invadeva territori nel modo più tradizionale possibile: utilizzando la forza militare. L’Impero Islamico faceva la stessa cosa; ma quando, da arabo (comandato da un califfo), passò ad essere turco ottomano (comandato da un sultano), non ci fu una vera e propria invasione, poiché i turchi già si trovavano dentro, ragion per cui, a qualsiasi momento, avrebbero potuto assumere il comando. Oggi la situazione in sostanza è diversa: molti s’accorgono, sia pur vagamente, che avviene una invasione di rispettabili proporzioni; ma con una sorprendente novità: nessuno si rende conto di chi sia l’invasore.
Cosa succede? Com’è possibile un fatto del genere? Come sono sorti questi Nuovi Tempi?

Per rispondere dovrò abbordare, con brevità, alcune nozioni tecniche. La cosiddetta Rivoluzione Industriale, avvenuta tempo addietro, ha avuto come effetto principale far scomparire, in gran parte, la tradizionale figura dell’artigiano, facendo sorgere, al suo posto, la figura dell’imprenditore. Da questa, a poco a poco, è derivata la grande impresa economica, che da molti professionisti (agenti economici o studiosi) è stata sempre vista e considerata come fonte di notevole benessere o addirittura di autentica ricchezza.  (………………………..)

Può darsi che non tutti i lettori sappiano che le attività economiche (cioè lucrative) non hanno la stessa natura: l’attività per esempio d’un avvocato che lavori da solo e senza subordinazione non è paragonabile a quella d’un imprenditore, poiché ognuna delle due è generatrice di conseguenze alquanto diverse. Tempo addietro il panorama delle attività economiche era semplice, permettendo si stabilisse una differenza senza grandi difficoltà. Oggi la straordinaria complessità e l’insufficiente definizione dell’economia hanno fatto scomparire la nozione esatta di differenza. Quando me ne sono accorto, ho riflettuto abbastanza sull’argomento e, alla fine, ho concepito e montato, per distinguere nitidamente i due suddetti tipi di attività, la “teoria del capitale necessario e preponderante”, da me sviluppata in un libro scritto in lingua portoghese (San Paolo, Brasile), intitolato “Empresa é Risco” (L’Impresa è [caratterizzata dal] Rischio).

Questo fatto, senza che me ne accorgessi, mi ha indotto ad approfondire, ugualmente, lo studio del capitale stesso e, quindi, del capitalismo, che ho visto sempre come fattore di ricchezza, in opposizione al comunismo, che ho di continuo identificato con qualcosa che “impoverisce lo spirito e le tasche” (frase non mia); idea che, nel modo più assoluto e permanente, mi ha mantenuto alla rispettabile distanza di anni luce da qualsiasi gruppo o teoria di sinistra.

Con gran rammarico, però, mi rendo conto oggi di alcune cose che rappresentano un enorme pericolo per la vita in società. In effetti il capitalismo, pur essendo fonte incontestabile di grandi ricchezze, permette che esse si concentrino nelle mani di pochi; e che questi operino per intero dietro le quinte, dunque invisibili e indisturbati. Tant’è vero che viene commentata, a volte, una notizia strabiliante: la ricchezza appartenente all’uno per cento di tutta l’umanità starebbe superando quella appartenente ai restanti novantanove per cento.

Viene allo stesso tempo commentata un’altra notizia, particolarmente triste: la fame nel mondo ha raggiunto proporzioni gigantesche. Mi domando: “In una situazione del genere, qual è lo scopo della vita in società? Perché, nell’intero pianeta, alcuni esseri umani hanno il diritto d’avere ricchezze favolose, mentre la maggior parte dell’umanità non ha neppure il diritto di sfamarsi? Qual è la logica di tutto ciò? A che servono i sublimi discorsi sulla libertà, la democrazia e i diritti umani? A chi si riferiscono i politici quando affrontano i detti argomenti? Chi prendono in considerazione i governanti quando elaborano i piani di governo? A chi pensano i legislatori quando approvano le leggi che dovrebbero avere lo scopo principale di equilibrare i rapporti sociali?” Non si può perdere di vista il vero motivo per cui si vive in società: la solidarietà umana, ch’è un rapporto di reciproco sostegno, conseguenza di una naturale comunione di interessi.

A dire il vero, come tutto nella vita, sarebbe stato necessario impiantare il capitalismo insieme ad una serie di elementi capaci di produrre automaticamente delle adeguate limitazioni all’uso dei diritti, per non porre a rischio una cosa basilare: l’equilibrio sociale. Tali limitazioni non sono mai esistite; e i risultati, nella convivenza umana, sono stati tragici, dal momento che i due fenomeni da me riferiti (concentrazione, nelle mani di pochi, delle ricchezze mondiali e possibilità dei detti pochi di operare dietro le quinte, indisturbati) hanno oltremodo facilitato il sorgere e la consolidazione d’un ulteriore fenomeno, un po’ raccapricciante: il capitalismo selvaggio, noto anche come predatorio.

A quel che sembra, i pochi cui ho fatto allusione sono, in un certo momento, diventati un gruppo coeso e internamente solidale, capace di creare e sviluppare metodi di marketing propri e innovatori, non sempre in linea con l’ortodossia del commercio; sono così apparse delle figure sconosciute – come il trust, il cartello e il dumping – tendenti all’eliminazione della libera concorrenza. I risultati si sono rivelati devastatori, dal momento che si son formati dei capitali giganteschi, con numeri da capogiro, che hanno dato origine ad un potere economico sbalorditivo, che non finisce di aumentare e che oggi, senz’alcun dubbio, opera nell’ambito d’un vastissimo scacchiere di proporzioni planetarie.

Ora, si sa che “l’appetito vien mangiando”. Tutt’a un tratto, il detto gruppo (i cui membri non sono conosciuti, il che consiglia siano indicati genericamente come agenti del capitale internazionale) ha concepito la sconcertante idea di impadronirsi anche del potere politico mondiale. Fin qui niente di pericoloso, in base al proverbio secondo cui “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, oltreché in base alla constatazione che tutti gli esseri umani, comprese le persone dette normali, hanno le loro fasi di vaneggiamento. Solo che, nel caso in questione, è sorto un insolito elemento aggravante: gli agenti del capitale internazionale, per poter guadagnare soldi in eccesso e in poco tempo, si sono concentrati in questa attività, isolandosi da tutto il resto del mondo; hanno perso così il contatto con la maggior parte della realtà umana.

Risultato: la sconcertante idea, sopra enunciata, non è rimasta come semplice idea; al contrario, è insistente l’opinione che sia in atto un ambizioso piano di realizzazione, la cui struttura, secondo alcuni, si comporrebbe di una strategia generale e di diverse tattiche. Orbene, l’espressione NUOVI TEMPI verrebbe usata per indicare una delle tattiche del citato piano di realizzazione.

  • Romano Cristano, studioso, giurista ed autore di varie pubblicazioni di argomento economico e storico