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Frodi bancarie e riforme della "sinistra": Banca d'Italia agli stranieri

di Marco Della Luna - 04/01/2016

Fonte: Marco Della Luna

Rivolta di popolo contro le banche

 

Nel mio precedente articolo, ho evidenziato come la classe dei banchieri, o meglio dei capitalisti finanziari (improduttivi) è portatrice di un interesse economico confliggente con quello dei lavoratori e dei risparmiatori (cioè dei produttori di ricchezza reale), e come essa storicamente ha sempre lavorato per arricchirsi mediante frodi e usura a loro danno, nonché per ottenere dalla politica la legittimazione di tali attività e lo scarico su contribuenti, risparmiatori e lavoratori dei danni da esse cagionati (ciò non solo in Italia: v. Mario Margiocco, Il disastro americano, in in Nuova Storia Contemporanea, maggio-giugno 2015). Vedi: Frode e Usura: normalità bancaria

 

Quando si vanta delle sue riforme, l’orgogliosa sinistra “democratica” stranamente scorda quelle della Banca d’Italia del dicembre 2006 (Prodi) e del gennaio 2014 (Letta). E fa bene a scordarsene, perché i disastri di MPS di Banca Popolare dell’Etruria, et cetera, successivi al 2006, non sarebbero avvenuti se la Banca d’Italia avesse vigilato sulle frodi e sugli abusi in via di esecuzione da parte del management di quelle banche. E la “sinistra”, con quelle due riforme – riforme peggiorative per gli interessi collettivi, migliorative per quelli della classe finanziaria – aveva donato la Banca d’Italia (il possesso pressoché totale del suo capitale sociale, quindi dei voti assembleari) ai banchieri privati, così rendendo molto improbabile che essi vigilassero su (contro) se stessi (o i propri colleghi) per limitare i loro ingiusti profitti sui risparmi e sugli investimenti dei cittadini.

Scrivevo in Sbankitalia (2014, 2a edizione, pagg. 32 ss)“Secondo lo statuto [attuale di Bankitalia] il potere dei partecipanti riguarda l’approva­zione del bilancio e la nomina del Consiglio Superiore [di Bankitalia]… Il Consiglio Superiore svolge funzio­ni amministrative, e partecipa con ruolo con­sultivo (ma vincolante) al processo di nomina del Governatore, che dirige le attività di vigi­lanza insieme al resto del Direttorio. … La possibilità di conflitti di interesse è ovvia, nei termini suddetti, e comporta l’in­compatibilità dei partecipanti alla posizione di partecipanti-elettori del Consiglio Supe­riore.

La sede della Banca d'Italia, Palazzo Koch, Roma. ANSA/ALESSANDRO DI MEOLa sede della Banca d’Italia, Palazzo Koch, Roma.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Pensiamo a tutti i derivati-spazzatura in cui le banche italiane hanno confezionato i loro crediti in sofferenza per sbolognarli a risparmiatori abbindolati da false rassicura­zioni, vere e proprie consulenze in conflit­to di interessi, degli impiegati “promotori finanziari” costretti a ingannarli; e ciò stato possibile anche grazie a carenze ed omissioni della sorveglianza di BdI. Significativo è il fatto che sono state fatte molte riforme dello statuto della BdI, ma mai una per togliere questa contraddizione: evidentemente alle banche private partecipanti fa molto como­do essere giudici di se stesse, e non voglio­no rinunciare a questo aberrante privilegio.

Il che dimostra all’atto pratico che i loro interessi sono in contrasto con quelli della generalità, sicché non dovrebbero nemme­no essere autorizzate a partecipare, tanto più che, come si legge nel medesimo pas­saggio, il Consiglio Superiore ha un ruolo vincolante nella nomina del Governatore, che è l’organo a cui competono la vigilan­za e la politica monetaria (ormai integrata nel Sistema Europeo delle Banche Centrali), ossia le funzioni più schiettamente pubblici­stiche e inconciliabili con gli interessi di soci privati. In passato, a mo’ di foglia di fico, le banche avevano delegato stabilmente quasi tutti i poteri al Governatore, col risultato di renderlo inamovibile, come documentato dal grande lavoro e dal grande tempo che è occorso per scacciare Antonio Fazio, a torto o a ragione. Inoltre le quote sono molto concentrate: due sole banche, Banca Intesa e Unicredit, ne detengono più del 50%, il che alimenta il sospetto che possano condi­zionare le scelte di via Nazionale.

Ma la prova più eclatante dell’incompa­tibilità dei partecipanti privati con le finali­tà della BdI come Istituto pubblico, a causa dei loro interessi di parte, divergenti da quelli collettivi, è data dalla relazione riser­vata, qui in appendice, sull’aggiornamento del valore delle quote, fatta evidentemente da un organo centrale della banca ai parte­cipanti, e in cui si istiga a boicottare l’attua­zione di una legge dello Stato – la 262/2005 – in quanto disponente la nazionalizzazione della proprietà della BdI2. In sostanza, sono questi soci, questi imprenditori privati, a farsi e a disfarsi le regole, statutarie e non, e a bloccare la volontà persino del legislato­re. Chissà perché i Radicali non promuovo­no qualche referendum abrogativo contro la riforma privatizzante del 2006…

Banchieri e finanzieri italiani e di tutta l’area occidentale, detentori del pote­re monetario e creditizio, col loro segui­to di economisti in carriera e di istituzioni controllate come l’UE, la BCE, il FMI, si oppongono alla nazionalizzazione delle ban­che centrali di emissione e ad ogni potere pubblico di direzione su di esse, afferman­do che le banche centrali debbano essere indipendenti dalla politica, perché i politici userebbero male il potere monetario, dema­gogicamente. Quindi è meglio che resti in mano ai banchieri e ai finanzieri. Che vedo­no più lontano e che perseguono la stabilità di lungo termine.

Questa tesi, oltre ad essere interessata, è smentita dai fatti, poiché le banche centrali “indipendenti” dalla politica, cioè dai parla­menti e dai governi, come la BdI, la Fed, la BCE, e molte altre, hanno usato il loro pote­re in modo utile a coloro che le gestiscono, ma rovinoso per la collettività. E non hanno perseguito interessi e stabilità di lungo ter­mine, ma interessi di brevissimo termine. Esse sono responsabili per complicità, omer­tà ed omissione delle pratiche bancarie frau­dolente (derivati, cartolarizzazioni, bolle) che hanno prodotto la presente serie di crisi, con tutte le sue devastazioni e sofferenze per l’economia reale e le nazioni, e con tutti gli enormi profitti per i banchieri e i finanzieri. L’assetto della Banca d’Italia – BdI – nel 2013 presentava molti tratti manifestamente inaccettabili dal punto di vista della logica, del conflitto di interessi, della costituziona­lità, del comportamento concreto nel caso MPS-Antonveneta, in cui, giusta o sbagliata, la percezione prevalente, al di là delle giu­stificazioni elargite da Draghi (governatore al tempo dei fatti) e altri, è che essa, come organo di sorveglianza (e così pure il Mini­stro e la Consob) avevano davanti agli occhi tutti gli elementi per accorgersi di ciò che i vertici di MPS stavano facendo (ossia com­perare con anomale e sospette fretta e moda­lità di pagamento congiunte a un’incredibile omissione di controlli contabili (due diligen­ce) una banca che aveva avuto dianzi diversi passaggi di mano più che sospetti con strani rincari.”

Fonte: Marco Della Luna

P.S. A queste considerazioni va però aggiunta una nuova dimensione: il tornaconto dei finanzieri stranieri, i quali, dopo che dagli ’90, agevolati dall’a violazione della vecchia norma statutaria di Bankitalia, che prescriveva che la maggioranza delle sue quote fossero in mano pubblica, nonché dalla privatizzazione delle tre banche dell’Iri (pure opera della “sinistra”), controllano Bankitalia attraverso partecipazioni indirette, approfittandone per operazioni lucrative a danno degli Italiani, e che ora, grazie alle ultime riforme della sinistra, si sono definitivamente impadroniti della nostra banca centrale. Insomma, si conferma la destinazione dell’Italia a fungere da colonia di sfruttamento per il capitalismo finanziario straniero, che si appoggia a collaborazionisti interni, sia nella politica che nell’alta burocrazia. Denuncia il dr Alessandro Govoni nel seguente comunicato del 31.12.15:

Bankitalia Spa controllata al voto dal 1992 da Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas ?

Sono stati analizzati gli azionisti rappresentati al voto da Cardarelli Angelo in Unicredit che è il delegato al voto di n. 1,8 miliardi di azioni di Unicredit e non di 1,8 milioni di azioni, come da allegati a comprova.

Sono 1991 azionisti che lo studio legale di Milano Cardarelli Angelo rappresenta al voto, tutti banche o fondi stranieri , ma concentrati in Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas. Pertanto 1,8 miliardi di di azioni su 3,5 miliardi di azioni di Unicredit sono in mano a queste entità .

Gli stessi hanno la maggioranza azionaria anche in Intesa , Carisbo , Carige e BNL attraverso delegati che apparirebbero nel Verbale di Approvazione del Bilancio persone fisiche in realtà studi legali . In Intesa il delegato al voto è Trevisan Gilulio, anch’esso uno studio legale di Milano.

Unicredit, Intesa , Carsibo , Carige e BNL detengono la maggioranza azionaria di Bankitalia si presume dal 1992, pertanto se assicurazioni Generali ed Inps fossero state rappresentate al voto, dal 1992 ad oggi, da una tra Unicredit, Intesa , Carisbo , Carige e BNL (lo Statuto di Bankitalia lo consente) 265 voti su 529 di Bankitalia Spa, quindi la maggioranza di voto in Bankitalia Spa sarebbe detenuta indirettamente da Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas, si presume dal 1992.

Secondo l’art 47 della Costituzione “la Repubblica controlla il credito” e NON banche , fondi e trust stranieri controllano il credito , potendosi integrare l’ attentato alla Costituzione dello Stato (notizia di ipotizzato reato)..

Ma Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas non sono gli stessi azionisti delle agenzie di rating ?

In aggiunta a quanto sopra , in Unicredit , altre banche, i fondi e trust stranieri quali Aabar Luxembourg S.a.r.l., PGFF Luxembourg S.a.r.l, Central Bank of Lybia, Capital Research and Management Company, detengono un altro circa complessivamente 15% (oltre 1 miliardo di azioni) del suo capitale azionario . L’italianissima Unicredit in realtà pertanto è per oltre il 70% di proprietà straniera.

Ma perchè banche e fondi stranieri vollero entrare nel capitale delle nostre banche nel 1992, controllando al contempo Banca d’Italia ?

Per poter partecipare e godere di tre colossali nuovi business che hanno avuto inizio in Italia proprio dal 1992 :

1) dal lato delle quote interessi per poter incassare dalla clientela (famiglie , imprese ed enti locali italiani ) quanto più possibile eludendo le norme sull’usura attraverso la distorsione informativa di Bankitalia sulla formula del tasso da applicare

2)da lato quote capitali in quanto anch’esse per effetto del d.lgs n. 481 del 14 Dicembre 1992 sono diventate guadagno puro per la banca in Italia avendo da tale data le banche operanti in Italia iniziato a creare i prestiti elettronicamente con un semplice clik di accredito sul conto corrente del cliente , senza ossia più prendere i soldi prestati dalle proprie riserve di banca.

3)da lato dei contratti derivati sul tasso del tipo banca vince se tasso cala piazzati a famiglie , imprese , enti locali e Tesoro italiani in uno scenario preordinato di tassi al ribasso, pre-ordinato dallo stesso Governatore di Banca d’Italia e della BCE a partire dall’entrata in vigore della L. n. 82 del 7 Febbraio 1992 che ha conferito appunto al Governatore della Banca Centrale il potere esclusivo di variare di sua autonoma iniziativa il tasso (ufficiale di sconto) ed egli lo ha variato sempre al ribasso, dal 15% di Settembre 1992 ad oggi che è (il TUR) lo 0,05%, cosi’ arrecando centinaia di miliardi di euro di perdite a famiglie, imprese , enti locali e Tesoro italiani (notizia di ipotizzato reato) sui derivati sul tasso del tipo banca vince se tasso cala da essi contratti , perdite che hanno costituito incassi veri e propri per le banche, fondi e trust stranieri sopra menzionati compartecipati tra loro in questo immenso business ai danni dei cittadini italiani .

Il grande business del 1992 non fu pertanto di certo gli appalti, ma la conquista del capitale azionario delle tre banche dell’IRI (Comit, Credito Italiano e Banco Roma , oggi corrispondenti esattamente ad Intesa , Unicredit, Carisbo e Carige) per poi poter godere di questi tre immensi guadagni dal 1992 ai danni dei cittadini italiani .