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Bocca? E' stato fascista, razzista e antisemita

di redazionale - 26/10/2006

Fonte: ilrestodelcarlino

 



SCAMBIO DI VELENI DAL LIBRO “LA GRANDE BUGIA - LE SINISTRE ITALIANE E IL SANGUE DEI VINTI” (SPERLING & KUPFER)

Estratto dal libro 'La grande bugia', in cui Pansa attacca il collega-rivale Bocca
«Di Giorgio Bocca», dissi a Emma, «immagino che i nostri eventuali lettori sappiano quasi tutto, no?»«Mi stupisce che ne sia così sicuro», replicò lei. «Per esempio, io so soltanto che è un giornalista e uno scrittore, anche se non ho letto nessuno dei suoi libri…»
«Avevo ragione a considerarla la mia spalla ideale in questa impresa!» esclamai sorridendo. «Dunque, diamo a Giorgio quel che è di Giorgio. Nato a Cuneo, classe 1920, anche lui come Aniasi è stato un comandante partigiano, ma di Giustizia e Libertà, le formazioni del Partito d’Azione, medaglia d’argento della Resistenza, uno dei grandi del giornalismo italiano, autore di libri che lei non avrà letto, ma che hanno avuto successo.»

«È stato anche un mio maestro professionale, di quelli indiretti e, dunque, i più ammirati: li leggi da ragazzo, con la matita in mano per prendere appunti, nella speranza di diventare come loro e, chissà, di superarli. Abbiamo lavorato insieme al ‘Giorno’: lui da inviato numero uno, io da piccolo inviato in Lombardia. Poi alla ‘Repubblica’ di Eugenio Scalfari. E infine all’‘Espresso’. Ma collocandoci su posizioni sempre più distanti.»

«In che senso? Mi spieghi meglio», m’invitò Emma. «Prima devo farle una breve premessa. Quasi tutti gli esseri umani sono contraddittori. Cambiano opinione. Compiono azioni spesso molto in contrasto fra loro. Mutano idea sulle grandi come sulle piccole faccende. Noi giornalisti, a volte, viviamo di contraddizioni più degli altri, poiché il mestiere ci costringe a dire sempre in che modo vediamo le cose di questo mondo. Bene, Bocca non è stato soltanto un campione della carta stampata: è stato anche, e lo è ancora, un campionissimo delle contraddizioni.»

«Su questo terreno, l’Uomo di Cuneo ha battuto tutti. E si è rivelato anche un mago nel tentativo di far dimenticare le sue continue mutazioni. Ossia nel far sparire dalla memoria del pubblico il Bocca di ieri, per portare alla ribalta un altro Bocca, quello del momento, di oggi, in vista del Bocca di domani.»

«Oggi è un antifascista d’acciaio, ma prima di fare il partigiano è stato un fascista scaldato e anche un razzista antisemita. Oggi è tra i più aspri nemici di Silvio Berlusconi, ma ha lavorato per la televisione del Cavaliere e con ottimi contratti: ‘L’ho fatto per i soldi’, ha spiegato in un’intervista a Oreste Pivetta per ‘l’Unità’ del 14 marzo 2006. Oggi è antileghista, ma ha tifato per la Lega di Umberto Bossi: li chiamava i nuovi partigiani. Oggi difende i post-comunisti, ma è stato un loro avversario molto polemico. E sempre con lo stesso stile umano. Mi limito a definirlo sprezzante, e non voglio dire di più.»

«Provi invece a dirlo», mi sollecitò Emma. «Nei tanti mutamenti, l’Uomo di Cuneo ha sempre conservato intatto un connotato, quello iniziale, di quando era un giovane fascista: il carattere arrogante, del tipo pronto a manganellare con le parole chi non la pensa come lui o lo disturba con articoli e libri che lui non è in grado di scrivere. Con il passare degli anni, è diventato un vecchio signore che vuole sempre azzannare e farsi temere. Anche se il suo morso non fa più male.»

«Davvero ha definito i leghisti di Bossi i nuovi partigiani?» si stupì Emma. «Questo proprio non me lo ricordo. E le confesso che mi sembra incredibile.»«L’ha fatto, ne sia certa. Nel giugno 1993, quando i leghisti conquistarono il comune di Milano, Bocca spiegò a Renzo Rosati, di ‘Panorama’: ‘La Lega mi ricorda noi partigiani quando scendemmo dalle montagne’.»

«E sempre quell’anno, travolto da una confusione totale di epoche storiche e di personaggi, si spinse ancora più in là. Dicendo dei leghisti: ‘Loro sì che, per certi aspetti, mi rammentano i militanti del Partito d’Azione. Hanno una visione anglosassone della società. E una mentalità pragmatica, laico-protestante, quasi giansenista: non molto distante da quella dei Norberto Bobbio e dei Vittorio Foa di cinquant’anni fa’.»«Una cantonata», sorrise Emma. «Vedo che lei me la cita con gusto. Ne ricavo l’impressione che non siate mai stati amici…»

«Sì, è così. In gioventù ho sperato di esserlo, ma non ci sono riuscito, e ne sono contento. L’Uomo di Cuneo è l’esatto contrario del tipo generoso. Per lui, gli altri contano meno di nulla. Il suo mondo professionale ha sempre avuto un solo abitante con diritto di parola: lui stesso. L’ho scoperto presto e mi sono ben guardato dal bussare per esservi ammesso. Del resto, siamo sempre stati molto diversi. E anche lontani su alcune questioni che nel nostro mestiere hanno pesato molto.»