Per l’Europa un cupo futuro
di John J. Mearsheimer - 20/11/2025

Fonte: Come Don Chisciotte
L’Europa si trova oggi in gravi difficoltà, principalmente a causa della guerra in Ucraina, che ha svolto un ruolo chiave nel minare quella che era stata una regione in gran parte pacifica. Purtroppo, la situazione non sembra destinata a migliorare nei prossimi anni. Anzi, è probabile che in futuro l’Europa sarà meno stabile di quanto non lo sia oggi.
La situazione attuale in Europa è in netto contrasto con la stabilità senza precedenti di cui l’Europa ha goduto durante il periodo unipolare, che è durato all’incirca dal 1992, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, fino al 2017, quando Cina e Russia sono emerse come grandi potenze, trasformando l’unipolarità in multipolarità. Ricordiamo tutti il famoso articolo di Francis Fukuyama del 1989, “La fine della storia?”, in cui sosteneva che la democrazia liberale era destinata a diffondersi in tutto il mondo, portando con sé pace e prosperità. Quell’argomentazione era ovviamente completamente sbagliata, ma molti in Occidente ci hanno creduto per più di vent’anni. Pochi europei immaginavano, nel periodo di massimo splendore dell’unipolarità, che oggi l’Europa si sarebbe trovata in una situazione così difficile.
Allora, che cosa è andato storto?
La guerra in Ucraina, che a mio avviso è stata provocata dall’Occidente, e in particolare dagli Stati Uniti, è la causa principale dell’insicurezza che oggi affligge l’Europa. Tuttavia, c’è un secondo fattore in gioco: lo spostamento dell’equilibrio globale di potere nel 2017 dall’unipolarità alla multipolarità, che ha sicuramente minacciato l’architettura di sicurezza in Europa. Ci sono sicuramente buone ragioni per ritenere che questo cambiamento nella distribuzione del potere fosse un problema gestibile ma la guerra in Ucraina, insieme all’avvento della multipolarità, ha generato grossi problemi che, probabilmente, non scompariranno nel prossimo futuro.
Vorrei iniziare spiegando come la fine dell’unipolarità minacci le fondamenta della stabilità europea. Successivamente, discuterò gli effetti della guerra in Ucraina sull’Europa e come questi abbiano interagito con il passaggio alla multipolarità, alterando profondamente il panorama europeo.
Il passaggio dall’unipolarità alla multipolarità
Nel periodo della Guerra Fredda la chiave per preservare la stabilità nell’Europa occidentale e in tutta l’Europa durante il momento unipolare è stata la presenza militare statunitense in Europa, integrata nella NATO. Gli Stati Uniti, ovviamente, hanno dominato quell’alleanza fin dall’inizio, rendendo quasi impossibile che gli Stati membri sotto l’ombrello di sicurezza americano combattessero tra loro. In effetti, gli Stati Uniti sono stati una potente forza pacificatrice in Europa. Le élite europee odierne riconoscono questo semplice fatto, il che spiega perché sono profondamente impegnate a mantenere le truppe americane in Europa e a preservare una NATO dominata dagli Stati Uniti.
Vale la pena notare che quando la Guerra Fredda finì e l’Unione Sovietica iniziava a ritirare le proprie truppe dall’Europa orientale e a porre fine al Patto di Varsavia, Mosca non si oppose al mantenimento di una NATO dominata dagli Stati Uniti (giova qui ricordare che già l’URSS nel 1954 e successivamente la Russia nel 1994 avevano fatto passi per aderire alla NATO, N.d.T.). Come gli europei occidentali dell’epoca, i leader sovietici capivano e apprezzavano la logica pacificatrice. Tuttavia, erano fermamente contrari all’espansione della NATO, ma di questo parleremo più avanti.
Alcuni potrebbero obiettare che, durante il periodo unipolare, è stata l’UE, e non la NATO, il principale fattore alla base della stabilità europea, motivo per cui è stata l’UE, e non la NATO, a vincere il Premio Nobel per la Pace nel 2012. Questo è sbagliato: sebbene l’UE sia stata un’istituzione di notevole successo, tale successo è dipeso dal mantenimento della pace in Europa da parte della NATO. Ribaltando la teoria di Marx, l’istituzione politico-militare è la base o il fondamento, mentre l’istituzione economica è la sovrastruttura. Tutto ciò per dire che, in assenza del pacificatore americano, non solo la NATO come la conosciamo scomparirebbe, ma anche l’UE sarebbe gravemente compromessa.
Durante il periodo dell’unipolarità, durato dal 1992 al 2017, gli Stati Uniti erano di gran lunga lo Stato più potente del sistema internazionale e potevano facilmente mantenere una presenza militare sostanziale in Europa. Le sue élite di politica estera, infatti, non solo volevano mantenere la NATO, ma anche rafforzarla espandendo l’alleanza nell’Europa orientale.
Questo mondo unipolare è però scomparso con l’avvento della multipolarità. Gli Stati Uniti non erano più l’unica grande potenza mondiale. La Cina e la Russia erano ora grandi potenze, il che significava che i politici americani dovevano pensare in modo diverso il mondo che li circondava.
Per comprendere cosa significhi la multipolarità per l’Europa, è essenziale considerare la distribuzione del potere tra le tre grandi potenze mondiali. Gli Stati Uniti sono ancora il Paese più potente al mondo, ma la Cina sta recuperando terreno ed è ormai ampiamente riconosciuta come un concorrente alla pari. La sua enorme popolazione, unita alla sua crescita economica davvero notevole dall’inizio degli anni ’90, l’ha trasformata in una potenziale potenza egemonica nell’Asia orientale. Per gli Stati Uniti, che sono già una potenza egemonica nell’emisfero occidentale, la prospettiva che un’altra grande potenza raggiunga l’egemonia nell’Asia orientale o in Europa è fonte di profonda preoccupazione. Ricordiamo che gli Stati Uniti sono entrati in entrambe le guerre mondiali per impedire alla Germania e al Giappone di diventare potenze egemoniche rispettivamente in Europa e nell’Asia orientale. La stessa logica si applica anche oggi.
La Russia è la più debole delle tre grandi potenze e, contrariamente a quanto pensano molti europei, non rappresenta una minaccia di invasione dell’intera Ucraina, tanto meno dell’Europa orientale. Dopo tutto, ha trascorso gli ultimi tre anni e mezzo cercando di conquistare solo un quinto dell’Ucraina orientale. L’esercito russo non è la Wehrmacht e la Russia, a differenza dell’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda e della Cina nell’Asia orientale di oggi, non è una potenziale potenza egemonica regionale.
Data questa distribuzione del potere globale, è strategicamente imperativo per gli Stati Uniti concentrarsi sul contenimento della Cina e impedire che domini l’Asia orientale. Tuttavia, non vi è alcuna ragione strategica convincente per cui gli Stati Uniti debbano mantenere una presenza militare significativa in Europa, dato che la Russia non rappresenta una minaccia per diventare un’egemonia europea. Infatti, dedicare preziose risorse alla difesa dell’Europa riduce le risorse disponibili per l’Asia orientale. Questa logica di base spiega il pivot degli Stati Uniti verso l’Asia. Ma se un paese si orienta verso una regione, per definizione si allontana da un’altra regione, e quella regione è l’Europa.
C’è un’altra dimensione importante, che ha poco a che vedere con l’equilibrio globale del potere e che riduce ulteriormente la probabilità che gli Stati Uniti rimangano impegnati a mantenere una presenza militare significativa in Europa. Nello specifico, gli Stati Uniti hanno un rapporto speciale con Israele che non ha eguali nella storia documentata. Questo legame, che è il risultato dell’enorme potere della lobby israeliana negli Stati Uniti, non solo significa che i politici americani sosterranno Israele incondizionatamente, ma anche che gli Stati Uniti saranno coinvolti nelle guerre di Israele, direttamente o indirettamente. In breve, gli Stati Uniti continueranno ad allocare risorse militari sostanziali a Israele e a impegnare forze militari proprie in Medio Oriente. Questo obbligo nei confronti di Israele crea un ulteriore incentivo a ridurre le forze statunitensi in Europa e a spingere i paesi europei a provvedere alla propria sicurezza.
Il risultato finale è che le potenti forze strutturali associate al passaggio dall’unipolarità alla multipolarità, insieme al particolare rapporto degli Stati Uniti con Israele, hanno il potenziale di eliminare la presenza pacificatrice degli Stati Uniti in Europa e di paralizzare la NATO, il che avrebbe ovviamente gravi conseguenze negative per la sicurezza europea. È tuttavia possibile evitare l’uscita degli Stati Uniti, che è sicuramente ciò che desiderano quasi tutti i leader europei. In parole povere, per ottenere questo risultato sono necessarie strategie sagge e una diplomazia abile da entrambe le parti dell’Atlantico. Ma non è quello che abbiamo ottenuto finora: al contrario, l’Europa e gli Stati Uniti hanno cercato stupidamente di far entrare l’Ucraina nella NATO, provocando una guerra persa con la Russia che aumenta notevolmente le probabilità che gli Stati Uniti abbandonino l’Europa e che la NATO venga svuotata. Mi spiego meglio.
Chi ha causato la guerra in Ucraina: la saggezza convenzionale
Per comprendere appieno le conseguenze della guerra in Ucraina, è essenziale considerare le sue cause, perché il motivo per cui la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022 la dice lunga sui suoi obiettivi bellici e sugli effetti a lungo termine della guerra.
L’opinione comune in Occidente è che Vladimir Putin sia responsabile dello scoppio della guerra in Ucraina. Il suo obiettivo, secondo questa tesi, sarebbe quello di conquistare l’intera Ucraina e annetterla alla Russia. Una volta raggiunto questo obiettivo, la Russia procederebbe alla creazione di un impero nell’Europa orientale, proprio come fece l’Unione Sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale. In questa narrazione, Putin rappresenta una minaccia mortale per l’Occidente e deve essere affrontato con la forza. In breve, Putin è un imperialista con un piano generale che si inserisce perfettamente nella ricca tradizione russa. Questa versione presenta numerose pecche. Ne elencherò cinque.
In primo luogo, non ci sono prove precedenti al 24 febbraio 2022 che Putin volesse conquistare tutta l’Ucraina e incorporarla nella Russia. I sostenitori della visione convenzionale non possono indicare nulla di ciò che Putin ha scritto o detto che indichi che egli ritenesse la conquista dell’Ucraina un obiettivo auspicabile, che lo ritenesse un obiettivo realizzabile e che intendesse perseguire tale obiettivo.
I sostenitori della visione convenzionale contestano questo punto citando l’affermazione di Putin secondo cui l’Ucraina era uno Stato “artificiale” e in particolare la sua opinione che russi e ucraini siano “un unico popolo”, tema centrale del suo famoso articolo del 12 luglio 2021. Queste osservazioni, tuttavia, non dicono nulla sulle sue ragioni per entrare in guerra. In realtà, quell’articolo fornisce prove significative del fatto che Putin riconosceva l’Ucraina come un Paese indipendente. Ad esempio, dice al popolo ucraino: “Volete fondare uno Stato vostro: siete i benvenuti!”. Riguardo al modo in cui la Russia avrebbe dovuto trattare l’Ucraina, scriveva: “C’è solo una risposta: con rispetto” e concludeva quel lungo articolo con le seguenti parole: “E ciò che sarà l’Ucraina, spetta ai suoi cittadini deciderlo”.
Nello stesso articolo e poi di nuovo in un importante discorso tenuto il 21 febbraio 2022, Putin sottolineava che la Russia accetta “la nuova realtà geopolitica che ha preso forma dopo lo scioglimento dell’URSS”, successivamente ribadendo lo stesso punto, per la terza volta, il 24 febbraio 2022, quando annunciò che la Russia avrebbe invaso l’Ucraina. Tutte queste dichiarazioni sono in netto contrasto con l’affermazione secondo cui Putin voleva conquistare l’Ucraina e incorporarla in una Russia più grande.
In secondo luogo, Putin non aveva truppe sufficienti per conquistare l’Ucraina. Secondo le mie stime, la Russia ha invaso l’Ucraina con un massimo di 190.000 soldati. Il generale Oleksandr Syrskyi, attuale comandante in capo delle forze armate ucraine, sostiene che la forza di invasione russa fosse composta solo da 100.000 soldati. È impossibile che una forza composta da 100.000 o 190.000 soldati potesse conquistare, occupare e assorbire tutta l’Ucraina in una Russia più grande. Si consideri che quando la Germania invase la metà occidentale della Polonia il 1° settembre 1939, la Wehrmacht contava circa 1,5 milioni di uomini. L’Ucraina è geograficamente più di tre volte più grande della metà occidentale della Polonia nel 1939 e nel 2022 aveva quasi il doppio della popolazione della Polonia al momento dell’invasione tedesca. Se accettiamo la stima del generale Syrskyi secondo cui 100.000 soldati russi invasero l’Ucraina nel 2022, ciò significa che la Russia aveva una forza di invasione pari a un quindicesimo di quella tedesca che entrò in Polonia. E quel piccolo esercito russo stava invadendo un paese molto più grande della metà occidentale della Polonia sia in termini di estensione territoriale che di popolazione.
Si potrebbe sostenere che i leader russi pensassero che l’esercito ucraino fosse così piccolo e così poco equipaggiato che il loro esercito avrebbe potuto conquistare facilmente l’intero Paese, ma non è così. In realtà, Putin e i suoi luogotenenti sapevano bene che gli Stati Uniti e i loro alleati europei stavano armando e addestrando l’esercito ucraino sin dall’inizio della crisi, il 22 febbraio 2014. In effetti, il grande timore di Mosca era che l’Ucraina stesse diventando un membro de facto della NATO. Inoltre, i leader russi riconoscevano che l’esercito ucraino, più numeroso delle loro forze di invasione, stava combattendo efficacemente nel Donbass dal 2014. Capivano sicuramente che l’esercito ucraino non era una tigre di carta che poteva essere sconfitta rapidamente e in modo decisivo, soprattutto perché aveva un potente sostegno da parte dell’Occidente. L’obiettivo di Putin era quello di ottenere rapidamente guadagni territoriali limitati e costringere l’Ucraina al tavolo delle trattative, ed è proprio quello che è successo.
Questo argomento mi porta al mio terzo punto.
Subito dopo l’inizio della guerra, la Russia ha contattato l’Ucraina per avviare negoziati volti a porre fine al conflitto e trovare un modus vivendi tra i due Paesi. Questa mossa è in netto contrasto con l’affermazione secondo cui Putin voleva conquistare l’Ucraina e annetterla alla Grande Russia. I negoziati tra Kiev e Mosca sono iniziati in Bielorussia appena quattro giorni dopo l’ingresso delle truppe russe in Ucraina. Il canale bielorusso è stato poi sostituito da quello israeliano e da quello di Istanbul. Le prove disponibili indicano che i russi stavano negoziando seriamente e non erano interessati ad annettere il territorio ucraino, ad eccezione della Crimea, che avevano annesso nel 2014, e forse della regione del Donbass. I negoziati si sono conclusi quando gli ucraini, su sollecitazione della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, si sono ritirati dai negoziati, che stavano procedendo bene quando furono interrotti.
Inoltre, Putin riferisce che, mentre i negoziati erano in corso e stavano facendo progressi, gli era stato chiesto di ritirare le truppe russe dalla zona intorno a Kiev come gesto di buona volontà, cosa che fece il 29 marzo 2022. Nessun governo occidentale né alcun ex politico ha contestato seriamente la versione di Putin, che è in netto contrasto con l’affermazione secondo cui egli era deciso a conquistare l’intera Ucraina.
Quarto, nei mesi precedenti l’inizio della guerra, Putin aveva cercato di trovare una soluzione diplomatica alla crisi in atto. Il 17 dicembre 2021, Putin inviò una lettera sia al presidente Joe Biden che al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg proponendo una soluzione alla crisi basata su una garanzia scritta che: 1) l’Ucraina non avrebbe aderito alla NATO, 2) nessuna arma offensiva sarebbe stata dispiegata vicino ai confini della Russia e 3) le truppe e le attrezzature della NATO trasferite nell’Europa orientale dal 1997 sarebbero state riportate nell’Europa occidentale. A prescindere da ciò che si pensi della fattibilità di raggiungere un accordo basato sulle richieste iniziali di Putin, ciò dimostra che egli stava cercando di evitare la guerra. Gli Stati Uniti, invece, hanno rifiutato di negoziare con Putin. Sembra che non fossero interessati ad evitare la guerra.
Quinto, mettendo da parte l’Ucraina, non c’è la minima prova che Putin stesse contemplando la conquista di altri paesi dell’Europa orientale. Ciò non sorprende, dato che l’esercito russo non è nemmeno abbastanza grande per invadere tutta l’Ucraina, figuriamoci cercare di conquistare gli Stati baltici, la Polonia e la Romania. Inoltre, questi paesi sono tutti membri della NATO, il che significherebbe quasi certamente una guerra con gli Stati Uniti e i loro alleati.
In sintesi, mentre in Europa – e sono certo anche qui al Parlamento Europeo – è opinione diffusa che Putin sia un imperialista da tempo determinato a conquistare tutta l’Ucraina e poi altri paesi a ovest dell’Ucraina, praticamente tutte le prove disponibili contraddicono questa prospettiva.
La vera causa della guerra in Ucraina
In realtà, sono stati gli Stati Uniti e i loro alleati europei a provocare la guerra; ciò non significa negare, ovviamente, che sia stata la Russia a dare inizio al conflitto invadendo l’Ucraina. Tuttavia, la causa sottostante del conflitto è stata la decisione della NATO di accogliere l’Ucraina nell’alleanza, cosa che praticamente tutti i leader russi hanno visto come una minaccia esistenziale da eliminare. Inoltre, l’espansione della NATO non è l’unico problema, poiché fa parte di una strategia più ampia che mira a rendere l’Ucraina un baluardo occidentale al confine con la Russia. L’adesione di Kiev all’Unione Europea (UE) e la promozione di una rivoluzione colorata in Ucraina, in altre parole la sua trasformazione in una democrazia liberale filo-occidentale, sono gli altri due pilastri di questa politica. I leader russi temono tutti e tre questi pilastri, ma temono soprattutto l’espansione della NATO. Come aveva affermato Putin,
“la Russia non può sentirsi al sicuro, svilupparsi ed esistere mentre deve affrontare una minaccia permanente dal territorio dell’attuale Ucraina”.
In sostanza, non era interessato a rendere l’Ucraina parte della Russia, ma a garantire che non diventasse ciò che lui definiva un “trampolino di lancio” per una potenziale aggressione occidentale contro la Russia. Per affrontare questa minaccia, il 24 febbraio 2022 Putin ha lanciato una guerra preventiva.
Su cosa si basa l’affermazione secondo cui l’espansione della NATO è stata la causa principale della guerra in Ucraina?
In primo luogo, prima dell’inizio della guerra, i leader russi hanno ripetutamente affermato di considerare l’espansione della NATO in Ucraina una minaccia esistenziale che doveva essere eliminata. Già prima del 24 febbraio 2022 Putin aveva rilasciato numerose dichiarazioni pubbliche in cui esponeva questa linea di pensiero. Anche altri leader russi, tra cui il ministro della Difesa, il ministro degli Esteri, il viceministro degli Esteri e l’ambasciatore di Mosca a Washington, avevano sottolineato il ruolo centrale dell’espansione della NATO nel causare la crisi in Ucraina. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva sintetizzato questo punto in una conferenza stampa del 14 gennaio 2022: “La chiave di tutto è la garanzia che la NATO non si espanderà verso est”.
In secondo luogo, la centralità del profondo timore della Russia che l’Ucraina entrasse nella NATO è illustrata dagli eventi verificatisi dall’inizio della guerra. Ad esempio, durante i negoziati di Istanbul che hanno avuto luogo subito dopo l’inizio dell’invasione, i leader russi hanno chiarito in modo inequivocabile che l’Ucraina doveva accettare la “neutralità permanente” e non poteva entrare nella NATO. Gli ucraini hanno accettato la richiesta della Russia senza opporre seria resistenza, sicuramente perché sapevano che altrimenti sarebbe stato impossibile porre fine alla guerra. Più recentemente, il 14 giugno 2024, Putin ha esposto le richieste della Russia per porre fine alla guerra. Una delle sue richieste principali era che Kiev dichiarasse “ufficialmente” di abbandonare i suoi “piani di adesione alla NATO”. Nulla di tutto ciò è sorprendente, poiché la Russia ha sempre considerato l’adesione dell’Ucraina alla NATO come una minaccia esistenziale che deve essere prevenuta a tutti i costi.
In terzo luogo, un numero consistente di personalità influenti e molto stimate in Occidente aveva riconosciuto prima della guerra che l’espansione della NATO, in particolare in Ucraina, sarebbe stata vista dai leader russi come una minaccia mortale e avrebbe finito per portare al disastro.
William Burns, che recentemente è stato a capo della CIA, ma che all’epoca del vertice NATO di Bucarest dell’aprile 2008 era ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, scrisse un promemoria all’allora segretario di Stato Condoleezza Rice descrivendo in modo succinto il pensiero russo sull’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza.
“L’ingresso dell’Ucraina nella NATO”, scriveva, “è la più evidente delle linee rosse per l’élite russa (non solo per Putin). In più di due anni e mezzo di conversazioni con i principali attori russi, dai conservatori più intransigenti nei meandri oscuri del Cremlino ai critici liberali più acuti di Putin, non ho ancora trovato nessuno che consideri l’Ucraina nella NATO come qualcosa di diverso da una sfida diretta agli interessi russi“. La NATO, diceva, ”sarebbe vista… come una sfida strategica. La Russia di oggi risponderà. Le relazioni russo-ucraine entreranno in una fase di profondo congelamento… Questo creerà un terreno fertile per l’ingerenza russa in Crimea e nell’Ucraina orientale”.
Burns non era l’unico politico occidentale nel 2008 a comprendere che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO era irto di pericoli. Al vertice di Bucarest, ad esempio, sia la cancelliera tedesca Angela Merkel che il presidente francese Nicolas Sarkozy si opposero all’adesione dell’Ucraina alla NATO perché capivano che ciò avrebbe allarmato e fatto infuriare la Russia. La Merkel ha recentemente spiegato la sua opposizione:
“Ero sicura che Putin non avrebbe permesso che ciò accadesse. Dal suo punto di vista, sarebbe stata una dichiarazione di guerra“.
Vale anche la pena notare che l’ex segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, prima di lasciare l’incarico ha affermato due volte che “il presidente Putin ha iniziato questa guerra perché voleva chiudere le porte della NATO e negare all’Ucraina il diritto di scegliere la propria strada”. Quasi nessuno in Occidente ha contestato questa straordinaria ammissione, e lui non l’ha ritirata.
Per approfondire ulteriormente la questione, numerosi politici e strateghi americani si opposero alla decisione del presidente Bill Clinton di espandere la NATO negli anni ’90, quando la decisione era in fase di discussione. Questi oppositori capirono fin dall’inizio che i leader russi avrebbero visto l’allargamento come una minaccia ai loro interessi vitali e che tale politica avrebbe portato alla fine al disastro. L’elenco degli oppositori include figure di spicco dell’establishment come George Kennan, il segretario alla Difesa di Clinton, William Perry, e il suo capo di Stato Maggiore congiunto, il generale John Shalikashvili, Paul Nitze, Robert Gates, Robert McNamara, Richard Pipes e Jack Matlock, solo per citarne alcuni.
La logica della posizione di Putin dovrebbe avere perfettamente senso per gli americani, che da tempo sono impegnati nella Dottrina Monroe, secondo la quale nessuna grande potenza lontana può stringere alleanze con un Paese dell’emisfero occidentale e dislocarvi le proprie forze militari. Gli Stati Uniti interpreterebbero una mossa del genere come una minaccia esistenziale e farebbero di tutto per eliminare il pericolo. Naturalmente, questo è ciò che è accaduto durante la crisi dei missili di Cuba nel 1962, quando il presidente John Kennedy chiarì ai leader sovietici che i loro missili con testate nucleari avrebbero dovuto essere rimossi da Cuba. Putin è profondamente influenzato dalla stessa logica. Dopo tutto, le grandi potenze non vogliono che grandi potenze lontane spostino le loro forze militari in aree vicine al proprio territorio.
I sostenitori dell’adesione dell’Ucraina alla NATO sostengono talvolta che Mosca non avrebbe dovuto preoccuparsi dell’allargamento, perché “la NATO è un’alleanza difensiva e non rappresenta una minaccia per la Russia”. Ma non è così che i leader russi vedono l’Ucraina nella NATO, ed è ciò che pensano loro quello che conta. In sintesi, non c’è dubbio che Putin considerasse l’adesione dell’Ucraina alla NATO una minaccia esistenziale che non poteva essere tollerata ed era disposto a entrare in guerra per impedirlo, cosa che ha fatto il 24 febbraio 2022.
Il corso della guerra fino ad oggi
Vorrei ora parlare del corso della guerra. Dopo il fallimento dei negoziati di Istanbul nell’aprile 2022, il conflitto ucraino si è trasformato in una guerra di logoramento che presenta notevoli somiglianze con la Prima Guerra Mondiale sul fronte occidentale. La guerra, che è stata una brutale battaglia, dura da più di tre anni e mezzo. Durante questo periodo, la Russia ha formalmente annesso quattro oblast ucraini oltre alla Crimea, che aveva annesso nel 2014. In effetti, la Russia ha finora annesso circa il 22% del territorio dell’Ucraina precedente al 2014, tutto situato nella parte orientale del Paese.
L’Occidente ha fornito un enorme sostegno all’Ucraina dallo scoppio della guerra nel 2022, facendo tutto il possibile tranne che impegnarsi direttamente nei combattimenti. Non è un caso che i leader russi pensino che il loro Paese sia in guerra con l’Occidente. Ciononostante, Trump è determinato a limitare drasticamente il ruolo dell’America nella guerra e a trasferire l’onere del sostegno all’Ucraina sulle spalle dell’Europa.
La Russia sta chiaramente vincendo la guerra e probabilmente avrà la meglio. Il motivo è semplice: in una guerra di logoramento, ciascuna delle parti cerca di dissanguare l’altra, il che significa che la parte che ha più soldati e più potenza di fuoco ha maggiori probabilità di uscire vittoriosa. La Russia ha un vantaggio significativo su entrambi i fronti. Ad esempio, Syrskyi afferma che la Russia ha ora tre volte più truppe impegnate nella guerra rispetto all’Ucraina e, in alcuni punti lungo il fronte, i russi superano gli ucraini in un rapporto di 6:1. Infatti, secondo numerose fonti, l’Ucraina non ha abbastanza soldati per presidiare tutte le sue posizioni sul fronte, il che a volte rende facile per le forze russe penetrare le sue linee.
In termini di potenza di fuoco, durante la maggior parte della guerra, il vantaggio della Russia nell’artiglieria, un’arma di fondamentale importanza nella guerra di logoramento, è stato riportato essere di 3:1, 7:1 o 10:1. La Russia dispone anche di un enorme arsenale di bombe plananti ad alta precisione, che ha utilizzato con letale efficacia contro le difese ucraine, mentre Kiev non ne possiede quasi nessuna. Sebbene non vi sia dubbio che l’Ucraina disponga di una flotta di droni altamente efficace, inizialmente più efficace di quella russa, nell’ultimo anno la Russia ha ribaltato la situazione e ora ha il sopravvento sia con i droni che con l’artiglieria e le bombe plananti.
È importante sottolineare che Kiev non ha una soluzione praticabile al suo problema di personale, poiché ha una popolazione molto più ridotta rispetto alla Russia ed è afflitta dall’evasione dal servizio militare e dalla diserzione. L’Ucraina non è nemmeno in grado di affrontare lo squilibrio in termini di armamenti, principalmente perché la Russia ha una solida base industriale che produce grandi quantità di armi, mentre quella ucraina è irrisoria. Per compensare, l’Ucraina dipende fortemente dall’Occidente per le armi, ma i paesi occidentali non hanno la capacità produttiva necessaria per stare al passo con la produzione russa. A peggiorare le cose, Trump sta rallentando il flusso di armi americane verso l’Ucraina.
Il risultato è che l’Ucraina è gravemente svantaggiata in termini di armi e uomini, il che è fatale in una guerra di logoramento. Oltre a questa situazione disastrosa sul campo di battaglia, la Russia dispone di un enorme arsenale di missili e droni che utilizza per colpire in profondità l’Ucraina e distruggere infrastrutture critiche e depositi di armi. Certamente Kiev ha la capacità di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo, ma non ha neanche lontanamente la potenza di fuoco di Mosca. Inoltre, colpire obiettivi in profondità nel territorio russo avrà scarso effetto su ciò che accade sul campo di battaglia, dove si sta decidendo l’esito di questa guerra.
Le prospettive per una soluzione pacifica
Quali sono le prospettive per una soluzione pacifica? Nel corso del 2025 si è discusso molto sulla possibilità di trovare una soluzione diplomatica per porre fine alla guerra. Questo dibattito è dovuto in gran parte alla promessa di Trump di risolvere il conflitto prima di entrare alla Casa Bianca o poco dopo. Ovviamente ha fallito, anzi, non è nemmeno andato vicino al successo. La triste verità è che non c’è alcuna speranza di negoziare un accordo di pace significativo. Questa guerra si risolverà sul campo di battaglia, dove i russi probabilmente otterranno una brutta vittoria che porterà a un conflitto congelato con la Russia da una parte e l’Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti dall’altra. Mi spiego meglio.
Concludere la guerra diplomaticamente non è possibile perché le parti opposte hanno richieste inconciliabili. Mosca insiste che l’Ucraina deve essere un Paese neutrale, il che significa che non può far parte della NATO né avere garanzie di sicurezza significative dall’Occidente. I russi chiedono anche che l’Ucraina e l’Occidente riconoscano la loro annessione della Crimea e delle quattro oblast dell’Ucraina orientale. La loro terza richiesta chiave è che Kiev limiti le dimensioni del proprio esercito al punto da non rappresentare una minaccia militare per la Russia. Non sorprende che l’Europa e soprattutto l’Ucraina rifiutino categoricamente queste richieste. L’Ucraina si rifiuta di cedere qualsiasi territorio alla Russia, mentre i leader europei e ucraini continuano a spingere per far entrare l’Ucraina nella NATO o almeno per consentire all’Occidente di fornire a Kiev una seria garanzia di sicurezza. Anche disarmare l’Ucraina in misura soddisfacente per Mosca è un’ipotesi irrealizzabile. Non c’è modo di conciliare queste posizioni opposte per giungere a un accordo di pace.
Pertanto, la guerra si risolverà sul campo di battaglia. Sebbene ritenga che la Russia vincerà, non otterrà una vittoria decisiva che le consentirà di conquistare l’intera Ucraina. È invece probabile che otterrà una brutta vittoria, occupando tra il 20 e il 40% del territorio ucraino pre-2014, mentre l’Ucraina finirà per diventare uno Stato residuo disfunzionale che copre il territorio non conquistato dalla Russia. È improbabile che Mosca cerchi di conquistare tutta l’Ucraina, perché il 60% occidentale del Paese è popolato da ucraini etnici che opporrebbero una forte resistenza all’occupazione russa, trasformandola in un incubo per le forze di occupazione. Tutto ciò per dire che il probabile esito della guerra in Ucraina è un conflitto congelato tra una Russia più grande e un’Ucraina ridotta, sostenuta dall’Europa.
Conseguenze
Vorrei ora esaminare le probabili conseguenze della guerra in Ucraina, concentrandomi prima sulle conseguenze per l’Ucraina stessa e poi sulle conseguenze per le relazioni tra Europa e Russia. Infine, discuterò le probabili conseguenze all’interno dell’Europa e per le relazioni transatlantiche.
Per cominciare, l’Ucraina è stata effettivamente distrutta. Ha già perso una parte consistente del suo territorio e probabilmente ne perderà ancora prima che i combattimenti cessino. La sua economia è in rovina, senza prospettive di ripresa nel prossimo futuro e, secondo i miei calcoli, ha subito circa un milione di vittime, un numero impressionante per qualsiasi paese, ma particolarmente per un paese che si dice sia in una “spirale demografica mortale”. Anche la Russia ha pagato un prezzo significativo, ma non ha sofferto neanche lontanamente quanto l’Ucraina.
L’Europa rimarrà quasi certamente alleata con un’Ucraina ridotta a un’ombra di sé stessa nel prossimo futuro, dati i costi irrecuperabili e la profonda russofobia che pervade l’Occidente. Ma il proseguimento di questa relazione non gioverà a Kiev per due motivi. In primo luogo, incentiverà Mosca a interferire negli affari interni dell’Ucraina per causarle problemi economici e politici, in modo che non costituisca una minaccia per la Russia e non sia in grado di aderire né alla NATO né all’UE. In secondo luogo, l’impegno dell’Europa a sostenere Kiev a tutti i costi spinge i russi a conquistare quanto più territorio ucraino possibile mentre la guerra infuria, in modo da massimizzare la debolezza dello Stato ucraino ridotto che rimarrà una volta congelato il conflitto.
E che dire delle relazioni future tra Europa e Russia? Probabilmente saranno avvelenate per un tempo infinito. Sia gli europei che, sicuramente, gli ucraini lavoreranno per minare gli sforzi di Mosca di integrare i territori ucraini che ha annesso alla grande Russia, oltre a cercare opportunità per causare problemi economici e politici ai russi. Da parte sua, la Russia cercherà opportunità per causare problemi economici e politici all’interno dell’Europa e tra l’Europa e gli Stati Uniti. I leader russi avranno un forte incentivo a frammentare il più possibile l’Occidente, poiché quest’ultimo punterà quasi certamente il mirino sulla Russia. E non bisogna dimenticare che la Russia lavorerà per mantenere l’Ucraina in uno stato di disfunzionalità, mentre l’Europa lavorerà per renderla funzionale.
Le relazioni tra Europa e Russia non solo saranno avvelenate, ma anche pericolose. La possibilità di una guerra sarà sempre presente. Oltre al rischio che la guerra tra Ucraina e Russia possa ricominciare – dopotutto, l’Ucraina vorrà riavere il territorio perduto – ci sono altri sei punti caldi in cui potrebbe scoppiare una guerra che opporrebbe la Russia a uno o più paesi europei. In primo luogo, consideriamo l’Artico, dove lo scioglimento dei ghiacci ha aperto la porta alla competizione per i passaggi e le risorse. Ricordiamo che sette degli otto paesi situati nell’Artico sono membri della NATO. La Russia è l’ottavo, il che significa che è in inferiorità numerica di 7 a 1 rispetto ai paesi della NATO in quella zona strategicamente importante.
Il secondo punto caldo è il Mar Baltico, talvolta definito “lago della NATO” perché è in gran parte circondato dai paesi di quell’alleanza. Tuttavia, quella via navigabile è di vitale interesse strategico per la Russia, così come Kaliningrad, l’enclave russa nell’Europa orientale anch’essa circondata dai paesi della NATO. Il quarto punto caldo è la Bielorussia che, per le sue dimensioni e la sua posizione, è strategicamente importante per la Russia quanto l’Ucraina. Gli europei e gli americani cercheranno sicuramente di insediare un governo filo-occidentale a Minsk dopo che il presidente Aleksandr Lukashenko avrà lasciato la carica, trasformandolo alla fine in un baluardo filo-occidentale al confine con la Russia.
L’Occidente è già profondamente coinvolto nella politica della Moldavia, che non solo confina con l’Ucraina, ma comprende anche una regione separatista nota come Transnistria, occupata dalle truppe russe. L’ultimo punto caldo è il Mar Nero, che riveste una grande importanza strategica sia per la Russia che per l’Ucraina, nonché per alcuni paesi della NATO: Bulgaria, Grecia, Romania e Turchia. Come per il Mar Baltico, anche nel Mar Nero il potenziale di conflitto è elevato.
Tutto ciò per dire che anche dopo che l’Ucraina sarà diventata un conflitto congelato, l’Europa e la Russia continueranno ad avere relazioni ostili in un contesto geopolitico pieno di punti caldi. In altre parole, la minaccia di una grande guerra europea non scomparirà quando i combattimenti in Ucraina cesseranno.
Passiamo ora alle conseguenze della guerra in Ucraina all’interno dell’Europa e poi ai suoi probabili effetti sulle relazioni transatlantiche. Per cominciare, non si sottolineerà mai abbastanza che una vittoria russa in Ucraina, anche se fosse una vittoria brutta come prevedo, sarebbe una sconfitta clamorosa per l’Europa. O, per dirla in modo leggermente diverso, sarebbe una sconfitta clamorosa per la NATO, che è stata profondamente coinvolta nel conflitto ucraino sin dal suo inizio nel febbraio 2014. In effetti, l’alleanza si è impegnata a sconfiggere la Russia da quando il conflitto si è trasformato in una guerra su vasta scala nel febbraio 2022.
La sconfitta della NATO porterà a recriminazioni tra gli Stati membri e anche all’interno di molti di essi. Chi sarà responsabile di questa catastrofe sarà molto importante per le élite governative in Europa e sicuramente ci sarà una forte tendenza a incolpare gli altri e a non assumersi le proprie responsabilità. Il dibattito su “chi ha perso l’Ucraina” si svolgerà in un’Europa già devastata da politiche conflittuali sia tra i paesi che al loro interno. Oltre a queste lotte politiche, alcuni metteranno in discussione il futuro della NATO, dato che non è riuscita a frenare la Russia, il Paese che la maggior parte dei leader europei descrive come una minaccia mortale. Sembra quasi certo che la NATO sarà molto più debole dopo la fine della guerra in Ucraina di quanto non fosse prima dell’inizio del conflitto.
Qualsiasi indebolimento della NATO avrà ripercussioni negative per l’UE, perché un ambiente di sicurezza stabile è essenziale per la prosperità dell’Unione, e la NATO è la chiave per la stabilità in Europa. A parte le minacce all’UE, la forte riduzione del flusso di gas e petrolio verso l’Europa dall’inizio della guerra ha gravemente danneggiato le principali economie europee e rallentato la crescita nell’intera zona euro. Ci sono buoni motivi per ritenere che la crescita economica in Europa sia ben lontana dal recuperare completamente dalla debacle ucraina.
Una sconfitta della NATO in Ucraina potrebbe anche portare a un gioco di accuse reciproche tra i paesi dell’Atlantico, soprattutto perché l’amministrazione Trump ha rifiutato di sostenere Kiev con lo stesso vigore dell’amministrazione Biden e ha invece spinto gli europei ad assumersi una parte maggiore dell’onere di mantenere l’Ucraina in guerra. Così, quando la guerra finirà con la vittoria della Russia, Trump potrà accusare gli europei di non aver fatto la loro parte, mentre i leader europei potranno accusare Trump di aver abbandonato l’Ucraina nel momento del bisogno. Naturalmente, i rapporti di Trump con l’Europa sono da tempo controversi, quindi queste recriminazioni non faranno che peggiorare una situazione già difficile.
C’è poi la questione fondamentale se gli Stati Uniti ridurranno in modo significativo la loro presenza militare in Europa o addirittura ritireranno tutte le loro forze da combattimento dall’Europa. Come ho sottolineato all’inizio del mio intervento, indipendentemente dalla guerra in Ucraina, il passaggio storico dall’unipolarità alla multipolarità ha creato un forte incentivo per gli Stati Uniti a spostare il proprio baricentro verso l’Asia orientale, il che significa di fatto allontanarsi dall’Europa. Questa mossa da sola ha il potenziale di porre fine alla NATO, il che equivale a dire la fine del pacificatore americano in Europa.
Quello che è successo in Ucraina dal 2022 rende più probabile questo risultato. Ripeto: Trump ha una profonda ostilità verso l’Europa, soprattutto verso i suoi leader, e darà la colpa a loro per aver perso l’Ucraina. Non ha un grande affetto per la NATO e ha descritto l’UE come un nemico creato “per fregare gli Stati Uniti”. Inoltre, il fatto che, nonostante l’enorme sostegno della NATO, l’Ucraina abbia perso la guerra lo porterà probabilmente a criticare l’alleanza come inefficace e inutile. Questa linea di ragionamento gli consentirà di spingere l’Europa a provvedere alla propria sicurezza e a non appoggiarsi agli Stati Uniti. In breve, sembra probabile che i risultati della guerra in Ucraina, insieme alla spettacolare ascesa della Cina, eroderanno il tessuto delle relazioni transatlantiche nei prossimi anni, con grave danno per l’Europa.
Conclusione
Vorrei concludere con alcune osservazioni generali. Innanzitutto, la guerra in Ucraina è stata un disastro; anzi, è un disastro che quasi certamente continuerà a causare danni nei prossimi anni. Ha avuto conseguenze catastrofiche per l’Ucraina, ha avvelenato le relazioni tra Europa e Russia per il prossimo futuro e ha reso l’Europa un luogo più pericoloso. Ha anche causato gravi danni economici e politici all’interno dell’Europa e ha gravemente compromesso le relazioni transatlantiche.
Questa calamità solleva l’inevitabile domanda: chi è responsabile di questa guerra? Questa domanda non scomparirà presto, e semmai diventerà sempre più importante col passare del tempo, man mano che l’entità dei danni diventerà più evidente a un numero sempre maggiore di persone.
La risposta, ovviamente, è che gli Stati Uniti e i loro alleati europei sono i principali responsabili. La decisione dell’aprile 2008 di far entrare l’Ucraina nella NATO, che l’Occidente ha perseguito senza sosta da allora, raddoppiando più volte il proprio impegno, è il principale fattore scatenante della guerra in Ucraina.
La maggior parte dei leader europei, tuttavia, incolperà Putin di aver causato la guerra e quindi le sue terribili conseguenze. Ma si sbagliano: la guerra avrebbe potuto essere evitata se l’Occidente non avesse deciso di far entrare l’Ucraina nella NATO o se avesse fatto marcia indietro da tale impegno una volta che i russi avevano chiarito la loro opposizione. Se ciò fosse accaduto, oggi l’Ucraina sarebbe quasi certamente intatta entro i confini precedenti al 2014 e l’Europa sarebbe più stabile e più prospera. Ma ormai è troppo tardi e l’Europa deve ora affrontare i risultati disastrosi di una serie di errori evitabili.
John J. Mearsheimer è professore di Scienze Politiche all’Università di Chicago e coautore di The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy (La lobby israeliana e la politica estera degli Stati Uniti).
The American Conservative – Discorso al Parlamento Europeo a Bruxelles l’11 novembre 2025.
Link: https://www.theamericanconservative.com/mearsheimer-europes-bleak-future/

