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L'autodistruzione di ciò che distrugge

di Daniele Perra - 10/01/2024

L'autodistruzione di ciò che distrugge

Fonte: Daniele Perra

Netanyahu canta vittoria, provoca e minaccia Hezbollah, forte del sostegno incondizionato degli Stati Uniti. In realtà, lungi dall'aver scalfito in modo decisivo la forza militare di Hamas, l'unico obiettivo che al momento ha raggiunto è stato uccidere oltre 20.000 abitanti della Striscia e costringerne un altro milione ad abbandonare le proprie case. Può considerarsi questo un successo? Sì, se il tuo obiettivo è la pulizia etnica o il genocidio “velato” dai mezzi di informazione occidentali. E se a sostenere tale obiettivo sono le correnti più estremiste del sionismo religioso presenti nella tua coalizione di governo. A questo proposito sarà utile ricordare che le guerre bibliche degli Israeliti, a cui questi personaggi si ispirano, sono sempre “guerre di sterminio”. Mosè, al termine della guerra contro i Madianiti, rimprovera i suoi uomini perché non hanno terminato il loro compito: uccidere tutti i maschi (bambini compresi) e lasciare in vita solo le femmine vergini. Inoltre, è scritto in Giosuè (11,14) che dopo aver occupato tutte le città, i figli di Israele le depredarono e sterminarono ogni uomo, non lasciarono nessuno in vita. Sarà altresì utile ricordare che, nella Bibbia, Ismaele è considerato il padre degli Arabi, mentre nell'esegesi rabbinica simboleggia i musulmani in generale. In base alla Genesi (16,12), “egli sarà come un asino selvatico per gli uomini”, la discendenza di Ismaele è stata storicamente assimilata dai rabbini alle bestie (qualcuno, magari, si ricorderà la testa di asino infilzata da qualche simpatico colono sulla recinzione di una casa araba a Gerusalemme). Sempre secondo l'esegesi rabbinica, gli Ismaeliti sono una delle quattro cose (assieme all'esilio, ai Caldei ed all'inclinazione al male) che Jahvè si è pentito di aver creato. Essi, in altri termini, sono meritevoli di morte.
Nel trattato talmudico delle “Benedizioni”, infine, si legge: “Chi vede le case degli idolatri distrutte, dica: Dio della vendetta risplendi […] Chi vede le tombe degli idolatri, dica: vergogna a vostra madre”. Certo, si può obiettare che parte di queste “disposizioni” fossero rivolte ai Romani. Tuttavia, sono divenute prassi consolidata odierna. Non è difficile trovare sulla rete le immagini di pellegrini cristiani insultati dai coloni sionisti o gli altrettanto simpatici video di giovani israeliani che sputano sulle croci delle chiese. La profanazione (se non totale distruzione) dei luoghi sacri altrui (massacro alla moschea di Ibrahim da parte di Baruch Goldstein nel 1994, considerato come un eroe dai membri dell'attuale esecutivo israeliano, o il più recente attacco al cimitero di Kerman in Iran) è una delle caratteristiche peculiari del sionismo, dei suoi affini e dei suoi affiliati (ricordiamoci che l'IDF dava asilo ai militanti dell'ISIS feriti in Siria). Io stesso ho avuto modo di tastare con mano l'arroganza delle forze di sicurezza israeliane nella Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Detto ciò, torniamo agli obiettivi della campagna sionista nella Striscia. Tralasciando per un attimo l'obiettivo di lungo periodo (impadronirsi delle riserve gassifere e fare dell'area una sorta di polo di attrazione turistica), lo scopo principale è ancora una volta spaccare e frammentare la società palestinese: ovvero, controllarne in tutto e per tutto demografia e spazio (Hamas, ad esempio, ha potuto crescere a Gaza per la sostanziale assenza di quella frammentazione che esiste in Cisgiordania). Questo è ciò che il sionismo ha cercato di fare anche a Gerusalemme nel 2021 quando scoppiò una crisi a seguito degli sfratti e delle occupazioni dei coloni a Sheikh Jarrah. L'obiettivo, in quel caso, era creare un anello di colonie attorno alla citta vecchia e, di conseguenza, un asse capace di congiungere gli insediamenti di Betlemme e di Khalil/Hebron. Oggi, lo scopo è spaccare in due la Striscia di Gaza. Dal canto suo, se l'obiettivo sionista è sempre stato frammentare e dividere, quello di Hamas è unificare la causa palestinese (a questo proposito i continui riferimenti a Gerusalemme ed al-Aqsa) – unire Gaza e Cisgiordania – e riconquistare spazio sul piano internazionale. Da questo punto di vista, ad oggi, Hamas ha vinto e Israele ha perso. Ecco, allora, i tentativi di allargare il conflitto e di coinvolgere direttamente l'Iran con l'ausilio di Washington che, dopo il fallimento in Ucraina, ha bisogno di portare a casa non tanto un successo, quanto la sicurezza che un eventuale prossimo governo repubblicano (sia Haley o Trump, entrambi fermamente anti-iraniani) non pongano termine alla guerra. In conclusione, non resta che augurare l'heideggeriana “selbstvernichtung”, nella speranza che “l'autodistruzione di ciò che distrugge” non ci porti con sé.