Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / È la Blackrock di Larry Fink ad aver creato la crisi globale dell’energia

È la Blackrock di Larry Fink ad aver creato la crisi globale dell’energia

di F. William Engdahl - 20/11/2022

È la Blackrock di Larry Fink ad aver creato la crisi globale dell’energia

Fonte: Come Don Chisciotte

La maggior parte della gente è sconcertata da quella che è una vera e propria crisi energetica globale, con i prezzi del petrolio, del gas e del carbone che si impennano simultaneamente, costringendo persino alla chiusura di grandi impianti industriali, come quelli chimici, dell’alluminio o dell’acciaio. L’amministrazione Biden e l’UE hanno insistito sul fatto che tutto ciò è dovuto alle azioni militari di Putin e della Russia in Ucraina. Non è così. La crisi energetica è una strategia pianificata da tempo dai circoli aziendali e politici occidentali per smantellare le economie industriali in nome di una distopica agenda verde. Questa ha le sue radici negli anni precedenti al febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato la sua azione militare in Ucraina.

BlackRock spinge sull’ESG

Nel gennaio del 2020, alla vigilia della devastante crisi economica e sociale, l’amministratore delegato del più grande fondo d’investimento del mondo, Larry Fink di Blackrock, aveva inviato una lettera ai colleghi di Wall Street e agli amministratori delegati delle aziende riguardante il futuro dei flussi d’investimento. Nel documento, modestamente intitolato “A Fundamental Reshaping of Finance,” Fink, responsabile del più grande fondo d’investimento del mondo con un portafoglio di circa 7.000 miliardi di dollari, aveva annunciato una svolta radicale per gli investimenti aziendali. Il denaro sarebbe “diventato verde.” Nella sua lettera del 2020, molto seguita negli ambienti finanziari, Fink aveva dichiarato: “Nel prossimo futuro – e prima di quanto molti prevedano – ci sarà una significativa riallocazione del capitale… Il rischio climatico è un rischio di investimento.” Aveva anche aggiunto: “Ogni governo, azienda e azionista dovrà affrontare il cambiamento climatico.

In una lettera separata ai clienti investitori di Blackrock, Fink aveva presentato la nuova agenda per gli investimenti di capitale. Aveva scritto che Blackrock sarebbe uscita da alcuni investimenti ad alto contenuto di carbonio come il carbone, la principale fonte di elettricità per gli Stati Uniti e molti altri Paesi. Aveva aggiunto che Blackrock avrebbe vagliato i nuovi investimenti su petrolio, gas e carbone per determinarne la loro aderenza all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sulla “sostenibilità.”

Fink aveva chiarito che il fondo più grande del mondo avrebbe iniziato a disinvestire in petrolio, gas e carbone. “Nel tempo,” aveva scritto Fink, “le società e i governi che non risponderanno agli azionisti e non affronteranno i rischi della sostenibilità incontreranno un crescente scetticismo da parte dei mercati e, a loro volta, un costo del capitale più elevato.” Aveva aggiunto che “il cambiamento climatico è diventato un fattore determinante per le prospettive a lungo termine delle aziende… siamo sull’orlo di un riassetto fondamentale della finanza.”

Da quel momento in poi i cosiddetti investimenti ESG [Environmental, Social, and Governance], che penalizzano le aziende che emettono CO2, come la ExxonMobil, sono diventati di moda tra gli hedge fund, le banche e i fondi di investimento di Wall Street, tra cui State Street e Vanguard. Tale è il potere di Blackrock. Fink è riuscito anche a far sì che quattro nuovi membri del consiglio di amministrazione di ExxonMobil si impegnassero a porre fine alle attività dell’azienda nel settore del petrolio e del gas.

La lettera di Fink del gennaio 2020 è stata una dichiarazione di guerra della grande finanza contro l’industria energetica convenzionale. BlackRock era stata uno dei membri fondatori della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) ed è firmataria dell’UN PRI (Principles for Responsible Investing), una rete di investitori sostenuta dall’ONU che spinge ad investire a zero emissioni di carbonio utilizzando i corrottissimi criteri ESG, i fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni di investimento. Non esiste un controllo oggettivo sui dati falsificati relativi all’ESG di un’azienda. Inoltre, Blackrock aveva anche firmato la dichiarazione del Vaticano del 2019 a favore dei regimi di tariffazione delle emissioni di carbonio. Nel 2020, BlackRock aveva anche aderito al Climate Action 100, una coalizione di quasi 400 gestori di investimenti con un portafoglio di 40.000 miliardi di dollari.

Con quella fatidica lettera del gennaio 2020, Larry Fink aveva dato il via ad un colossale disinvestimento nel settore del petrolio e del gas, un settore che vale migliaia di miliardi di dollari. In particolare, nello stesso anno, Fink era entrato nel Consiglio di amministrazione del distopico World Economic Forum di Klaus Schwab, il trait d’union politico e aziendale con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite a zero emissioni di carbonio. Nel giugno 2019, il World Economic Forum e le Nazioni Unite avevano firmato un accordo di partenariato strategico per accelerare l’attuazione dell’Agenda 2030. Il WEF dispone di una piattaforma di intelligence strategica che include i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

Nel 2021, nel suo messaggio da Amministratore Delegato, Fink aveva raddoppiato l’attacco a petrolio, gas e carbone. “Dato che la transizione energetica sarà fondamentale per le prospettive di crescita di ogni azienda, chiediamo alle società di divulgare un piano su come il loro modello di business sarà compatibile con un’economia a zero emissioni,” aveva scritto Fink. Un altro funzionario di BlackRock ha dichiarato ad una recente conferenza sull’energia: “Dove va BlackRock, altri seguiranno.”

In soli due anni, entro il 2022, si stima che circa 1.000 miliardi di dollari verranno a mancare agli investimenti per l’esplorazione e lo sviluppo delle fonti di petrolio e gas a livello globale. L’estrazione del petrolio è un’attività costosa e il taglio degli investimenti esterni da parte di BlackRock e di altri investitori di Wall Street significa una morte lenta per il settore.

Biden: un presidente BlackRock?

Alla fine del 2019, all’inizio della sua candidatura presidenziale, allora poco brillante, Biden aveva avuto un incontro a porte chiuse con Fink che, secondo quanto riferito, avrebbe detto al candidato: “Sono qui per aiutare.” Dopo il fatidico incontro con Fink, il candidato Biden aveva annunciato: “Ci libereremo dei combustibili fossili…” Nel dicembre 2020, ancor prima della cerimonia di investitura, prevista per il gennaio 2021, Biden aveva nominato Brian Deese, responsabile globale di BlackRock per gli investimenti sostenibili, come assistente del presidente e direttore del Consiglio economico nazionale. In questa posizione, Deese, che, nel 2015, aveva svolto un ruolo chiave per Obama nella stesura dell’Accordo sul clima di Parigi, ha plasmato in silenzio la guerra di Biden all’energia.

Questa è stata catastrofica per l’industria del petrolio e del gas. Deese, l’uomo di Fink, fin dal primo giorno, nel gennaio 2021, si è adoperato per fornire al nuovo presidente Biden un elenco di misure anti-petrolifere approvare con un ordine esecutivo. Tra queste, la chiusura dell’enorme oleodotto Keystone XL, che trasportava 830.000 barili al giorno dal Canada fino alle raffinerie del Texas, e il blocco di tutte le nuove concessioni esplorative nell’Arctic National Wildlife Refuge (ANWR). Biden ha anche aderito all’Accordo sul clima di Parigi che Deese aveva negoziato per Obama nel 2015 e che Trump aveva cancellato.

Lo stesso giorno, Biden aveva avviato una modifica del cosiddetto “Costo Sociale del Carbonio,” che impone una tassa di 51 dollari per tonnellata di CO2 all’industria del petrolio e del gas. Questa mossa, stabilita con un’autorità puramente esecutiva senza il consenso del Congresso, sta comportando un costo devastante per gli investimenti in petrolio e gas negli Stati Uniti, un Paese che solo due anni prima era il più grande produttore di petrolio al mondo.

Azzerare la capacità delle raffinerie

Ancora peggio, le regole ambientali aggressive di Biden e gli obblighi di investimento ESG di BlackRock stanno uccidendo la capacità di raffinazione degli Stati Uniti. Senza raffinerie non importa quanti barili di petrolio si prendano dalla Riserva Strategica di Petrolio. Nei primi due anni di presidenza Biden, gli Stati Uniti hanno perso circa 1 milione di barili al giorno (bpd) di capacità di raffinazione di benzina e gasolio, in parte a causa del crollo della domanda, il più rapido declino nella storia degli Stati Uniti. Le perdite sono permanenti. Nel 2023 è prevista la perdita di altri 1,7 milioni di bpd di capacità a causa del disinvestimento ESG di BlackRock e Wall Street e delle normative di Biden.

Citando il pesante disinvestimento di Wall Street nel settore petrolifero e le politiche anti-petrolifere di Biden, nel giugno 2022 l’amministratore delegato di Chevron aveva dichiarato che, secondo lui, gli Stati Uniti non avrebbero mai più costruito una nuova raffineria.

Larry Fink, membro del Consiglio di amministrazione del World Economic Forum di Klaus Schwab, è sostenuto dall’UE. Infatti, la presidente della Commissione Europea, la notoriamente corrotta Ursula von der Leyen, aveva lasciato il Consiglio di Amministrazione del WEF nel 2019, proprio per salire al vertice della della Commissione Europea. Il suo primo atto importante a Bruxelles era stato quello di far approvare l’agenda dell’UE “Zero Carbon Fit for 55.

Questo aveva comportato importanti tasse sul carbonio e altri vincoli su petrolio, gas e carbone nell’UE, ben prima delle azioni russe in Ucraina del febbraio 2022. L’impatto combinato della fraudolenta agenda ESG di Fink nell’amministrazione Biden e della follia delle zero emissioni di carbonio nell’UE sta creando la peggiore crisi energetica e inflazionistica della storia.

Fonte: williamengdahl.com
Link: http://williamengdahl.com/gr15November2022.php
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

F. William Engdahl svolge attività di ricerca e scrittura sulla scena politica mondiale da oltre trent’anni. I suoi vari libri sulla geopolitica – l’interazione tra politica internazionale, economia e geografia – sono stati tradotti in 14 lingue straniere, dal cinese al francese, dal tedesco al giapponese.