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A proposito del Darwin Day: il re è nudo, eppure la parata continua

di Christian Peluffo - 11/02/2023

A proposito del Darwin Day: il re è nudo, eppure la parata continua

Fonte: Aldo Maria Valli

Il 12 febbraio, sarà il Darwin Day, il giorno di Darwin, celebrazione che si tiene ogni anno, in occasione dell’anniversario della sua nascita, in onore del biologo e naturalista britannico celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione delle specie vegetali e animali per selezione naturale.
Nel Darwin Day è tutto un trionfo di razionalismo e laicità, sebbene la teoria della selezione sia sempre più screditata e, molto spesso, contestata anche da scienziati di scuola evoluzionista.
In questo blog ci siamo occupati a più riprese della questione [per esempio qui, qui, qui], ultimamente con un contributo di Roberto Bonato, traduttore del libro Il Darwinismo: un mito tenace smentito dalla scienza di Dominique Tassot.
E ora un nuovo articolo. L’autore, Christian Peluffo, ha scritto Einstein non credeva a Darwin. Il dogma infranto dell’evoluzionismo.

Sorvolando sulle varie ammissioni di scienziati evoluzionisti contro la loro teoria di riferimento, ritengo sia importante comunicare alcune fondamentali informazioni al nostro ideale interlocutore darwinista, importanti per stimolarlo almeno ad un’oggettiva ricerca sul citato paradigma.
Sarò sintetico, anzi quasi telegrafico.
Sono stati rinvenuti oltre un miliardo di fossili, ma nemmeno uno testimonia una transizione, tanto che H. Gee, internazionale paladino di Darwin e seguaci, ha equiparato ogni linea evolutiva propagandata in musei e manuali a favole della buona notte.
Dal canto loro due insigni paleontologi, S. J. Gould e N. Eldredge, pur di non abbandonare la tanto amata evoluzione hanno ideato la teoria degli equilibri punteggiati, la quale, disperatamente, afferma il trasformismo delle specie nonostante ammetta l’anti-trasformismo dei fossili.
Non solo a livello biologico, anche in ambito squisitamente matematico l’origine della vita dalla non vita è impossibile.
Infatti, secondo sofisticate proiezioni, è straordinariamente più probabile che due persone estraggano casualmente il medesimo atomo fra tutti quelli presenti nell’universo, che la prima cellula si sia formata dal caso; secondo F. Hoyle, celebre matematico e fisico agnostico, tale probabilità è pari a circa 0, 39.999 zeri consecutivi 1 (la probabilità della medesima estrazione si aggira sullo 0, 60 zeri consecutivi 1 – 0,80 zeri consecutivi 1)
Lo stesso A. Oparin – genetista ateo, guarda caso fondatore della teoria dell’abiogenesi – ammise che la possibilità che la prima proteina sia nata dal caso è quella che si avrebbe se, buttando all’aria una cassa piena di caratteri tipografici separati fra loro, quest’ultimi atterrassero formando, ordinate e pronte alla lettura, tutte le opere di Shakespeare.
Si, stiamo scrivendo della prima proteina, nemmeno della prima cellula o della prima semplice forma vivente.
Ormai è accettato dalla comunità dei genetisti che il DNA umano è in degradazione, in involuzione…cioè tutto il contrario di quanto propagandato dai discepoli di Darwin. J. Sanford, uno dei più eminenti genetisti al mondo, ha indicato tale evidenza citando varie attestazioni sperimentali di scienziati anche evoluzionisti e ben spiegando che la degradazione del DNA delle specie s’incastra perfettamente non solo con le logiche della genetica, ma anche con quelle della fisica e, aggiungerebbe qualunque onesto naturalista, con la storia della biodiversità terrestre.
Infine mi appello alla semplice aritmetica; se, come affermano le teorie evoluzioniste, la vita sulla Terra sarebbe apparsa dai 2,7 ai 3,9 miliardi di anni or sono, come possono essersi evolute in quel lasso di tempo centinaia di milioni di specie dalla prima elementare forma vivente?
Proiezione tutt’altro che esagerata; infatti, non contando i vari tipi di cellule intra-corporee, è necessario considerare l’immenso cosmo dei batteri, flora intestinale compresa, nonché le piante, i funghi, gli animali, le specie viventi e la sterminata massa di quelle estinte… Si pensi ad esempio che gli artropodi tropicali attuali sono rappresentati dai 2,4 ai 10,2 milioni di specie, molte ancora sconosciute.
Oltretutto, affermano gli stessi evoluzionisti, prima del Cambriano, era geologica approssimativamente concretizzatasi 500 milioni di anni or sono, la biodiversità era desolatamente misera.
L’evoluzionismo non può dunque giustificare l’immenso corredo di forme viventi, e specialmente non può farlo il neo-darwinismo, per il quale il processo evolutivo è lentissimo, spesso quasi impercettibile.
Per sciogliere i fondamentali nodi riportati in questo articolo è necessario introdurre il ben conosciuto concetto della micro-evoluzione (adattamento anche relativamente marcato, non lento, visibile, accertato, generalmente determinato da un impoverimento genetico) e della macro-evoluzione (evoluzione autentica, scientificamente impossibile).
È inoltre necessario ammettere l’intervento di un essere superiore, creatore, ordinatore.
Tuttavia, ne sono certo, il nostro interlocutore evoluzionista non aprirà mai la porta alle scienze naturali che bussano, non importa quanto possano battere forte, non importa se lo fanno insieme al buon senso, alla matematica, alla fisica, alla logica.
Egli la aprirà solo se avrà l’accortezza (o l’umiltà?) di comprendere che è tenuta ben chiusa da decenni di pervasiva e disonesta propaganda, ma soprattutto da una particolare ideologia, da un modo d’intendere l’uomo e la vita che si conforma perfettamente con la materialista, edonista e nichilista mentalità dell’Occidente odierno.
Su queste ultime dinamiche l’evoluzionismo è innestato, a causa di queste dinamiche l’evoluzionismo vive.
Scegliendo fra le tesi dei due Alberto, ognuno è libero di concedere credito ad Angela, ma chi vuole farlo non chiami in causa la scienza: regga pure lo strascico all’imperatore nudo, ma non lo faccia in nome della scienza.
“Considero le dottrine evoluzioniste di Darwin, Haeckel, Huxley, come tramontate senza speranza” (Albert Einstein).