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Accondiscendenza e censura

di Luciano Fuschini - 27/09/2019

Accondiscendenza e censura

Fonte: Il giornale del Ribelle

Chi si ponga in una prospettiva antitetica verso il potere, che oggi è cosmopolitico e finanziario, per orientarsi dispone di un criterio di facile uso e infallibile: prendere nota delle reazioni ai fenomeni sociali, culturali e politici. È facile costatare l’estrema accondiscendenza verso l’ondata “verde” in atto e la durezza nei confronti di ogni rivendicazione sovranista e “populista”. Un ambientalismo rigoroso e coerente sarebbe micidiale per il sistema vigente, ma chi muove i fili sa che un ambientalismo rigoroso e coerente è impossibile. Significherebbe ridurre drasticamente il numero di enormi navi portacontainer che solcano i mari, cioè colpire al cuore la globalizzazione, significherebbe tenere a terra e rottamare i grandi aerei di trasporto merci e passeggeri, pressoché azzerando l’industria del turismo, significherebbe sacrificare l’automobile a vantaggio del trasporto pubblico e delle biciclette, significherebbe tornare a scaldarsi d’inverno con i bracieri e a rinfrescarsi d’estate con i soli ventilatori mossi da pannelli solari, significherebbe ridurre drasticamente il numero delle grandi fabbriche inquinanti privilegiando agricoltura e artigianato. Letteralmente impossibile.
Allora la contestazione “verde” si riduce a un po’ di raccolta differenziata, alla festa di ragazzi volonterosi radunati da scuole e parrocchie per ripulire boschi e arenili due volte all’anno, a una campagna per orientare a utilizzare contenitori di cartone o vetro invece della plastica. Il nulla. Ecco perché Greta, senz’altro una brava figliola, è stata letteralmente creata dal niente dai poteri mediatici al servizio di quelli politico-finanziari. Ecco perché vediamo ministri che incoraggiano i giovani a disertare le aule scolastiche e a scioperare in difesa dell’ambiente. Se quei giovani fossero portatori di rivendicazioni temibili per gli assetti consolidati, non ci sarebbe tanta accondiscendenza. Meglio deviare le loro rabbie verso qualche innocua scampagnata ambientalista. Vero è che nei cortei possono infiltrarsi minoranze più dure e portatrici di altre istanze, ma un po’ di rischio calcolato è tollerabile. Non tutto è pianificabile e controllabile, ma nel complesso la trama tiene. Oltretutto l’apparato industrial-finanziario ha già ampiamente assimilato il progetto del nuovo grande affare, quello delle energie rinnovabili che, nonostante qualche scompenso marginale per il sistema, consentiranno di protrarre ancora a lungo l’attuale modello di produzione e di consumo.
Ben diverso è l’atteggiamento verso i “sovranismi” e i “populismi”. Contro di loro si scatena un bombardamento mediatico e si arriva a negare nei fatti i fondamenti ideologici del liberalismo imperante, come si deduce dai sempre più frequenti interventi censori sui social, dal silenzio che cala sulle iniziative anche culturali che vanno realmente contro corrente, dal licenziamento di docenti universitari scomodi, dall’ostracismo a giornalisti e pensatori non allineati. Il sovranismo comporta la difesa dei confini, il recupero del principio di nazionalità e di indipendenza. Da questo al rafforzamento dei poteri pubblici contro quelli transnazionali il passo è brevissimo. E può essere breve il passo da uno statalismo generico al socialismo, magari un socialismo del XXI secolo, rispettoso delle autonomie locali e attento, esso sì, alla difesa dell’ambiente. Questa è l’unica minaccia concreta al potere apolide e finanziario. Ecco il motivo per cui la grancassa spinge i giovani in marcia verso un ecologismo innocuo, mentre i cannoni sparano ad alzo zero contro fascismi, comunismi, socialismi, comunitarismi, equiparandoli in una condanna antistorica e indiscriminata.