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Censura nera e senza memoria

di Massimo Fini - 12/12/2025

Censura nera e senza memoria

Fonte: Massimo Fini

Ora che dopo la provvidenziale Festa dell’Immacolata Concezione e il trionfo alla Scala del Macbeth di Shostakovic, perduto l’appoggio americano, Zelesnky non è più in grado di esercitare la sua russofobia eliminando gli spettacoli di musicisti russi, di ballerini russi perfino proibendo la lettura di Dostoevskij (sia detto di passata: Shostakovic fu punito dal regime staliniano, a dimostrazione che la censura non ha confini, ma è ancora più attiva oggi, in Italia, perché come ha notato Antonio Padellaro ci sono censori che censurano e che vengono a loro volta censurati. Si può parlare con più calma, e allargando il discorso, delle furiose polemiche alla rassegna di Liberilibri, dedicata per la maggior parte all’editoria minore, per la presenza, a quella rassegna, della casa editrice Passaggio al Bosco (quasi esplicito il richiamo al Trattato del ribelle di Junger che non era nazista, anzi fu antinazista, scrivendo in favore della libertà individuale, soprattutto spirituale, libertà sottratta al dominio della tecnica -- era quasi contemporaneo di Heidegger che nel 1953, ne La Questione della Tecnica, aveva posto il problema fondamentale della funzione, positiva o negativa, della tecnica).

L’opposizione alla presenza di Passaggio al Bosco si è concretata in vari modi: alcune case editrici hanno coperto i loro stand con dei teli, a mo’ di lutto, un centinaio di intellettuali ha firmato una lettera pretendendo che la casa editrice, colpevole di aver pubblicato anche testi dichiaratamente filo nazisti, fosse esclusa dalla rassegna. Altri, tra cui Augias e Zerocalcare, si sono rifiutati, com’era ovviamente loro diritto, dando un grande clamore al loro gesto, di partecipare. E’ ovvio, secondo una psicologia elementare, che ogni proibizione eccita alla sua violazione. Provate a dire a un bambino di non fare una cosa e subito la farà. Così ‘Passaggio al Bosco’, che nessuno conosceva, ha avuto un formidabile successo tanto che il suo editore, in una mail, ha ringraziato Zerocalcare per quella pubblicità gratuita.

Ho detto più sopra che intendevo allargare il discorso passando sopra queste miserie. Solo in Italia esiste, anzi resiste, a ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, la catacombale polemica fascismo/antifascismo. Ciò deriva da un equivoco, voluto, non innocente e gravido di conseguenze, per cui saremmo stati noi italiani a rivendicarci in libertà dal giogo nazifascista. Non è stato così, a liberarci sono stati gli Alleati, gli americani, pagando noi un prezzo che ci pesa ancora addosso, gli inglesi e persino i razzisti sudafricani perché facevano parte del Commonwealth. Se andate al Cemetery War vicino a San Siro, a Milano, trovate le tombe bianche coi nomi di tanti ragazzi sudafricani, venuti a combattere e a morire inutilmente per la libertà d’Europa, una questione che non li riguardava affatto. E’ commovente quel cimitero con tutte le tombe uguali, bianche, come sono commoventi in genere tutti i cimiteri anglosassoni privi di orpelli o trombonate, tipo il Monumentale.

Ho il massimo rispetto per i partigiani, quelli veri, non quelli che divennero tali dopo il 25 aprile, quando gli italiani da tutti i fascisti, o quasi, che erano stati (furono solo tredici i docenti universitari che si rifiutarono di aderire al fascismo) divennero tutti antifascisti. La mia adolescenza è stata solcata da ragazzi poco più grandi di me che si vantavano di essere stati delle staffette partigiane, Fallaci in testa. E io, nella mia ingenuità, mi dicevo: “ma quanti messaggi si scambiavano questi partigiani”. Precisato questo, bisogna anche dire che la Resistenza, dal punto di vista militare, fu irrilevante in quella tragica e grande epopea che fu la Seconda guerra mondiale. Insomma noi italiani non abbiamo fatto i conti con la nostra Storia, eppure gli “anni del consenso” non li ho inventati io e il 10 giugno del 1940, quando Mussolini annunciò dallo storico balcone di Piazza Venezia “la dichiarazione di guerra è già stata presentata agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia” in quella piazza c’era una folla enorme e non potevano essere tutte ‘truppe cammellate’. Finita e persa la guerra pareva che in quella piazza non ci fosse mai stato nessuno e Oreste Del Buono commentò, col suo micidiale sarcasmo: “qui va a finire che c’eravamo solo io e Montanelli”.  

Conseguenza non indolore di questo equivoco è stata la nascita delle Brigate Rosse, i cui uomini e donne erano impregnati di cattolicesimo e di comunismo, due ideologie non proprio libertarie. Le Br furono comunque un movimento serio e i protagonisti, a parte Curcio, finirono per pagare con la vita. Lo stesso non si può dire per i sessantottini e dintorni. Potere Operaio, Potop per gli amici, o “molotov e champagne” perché vi militava una buona parte dell’aristocrazia e dell’alta borghesia romana, fra cui Paolo Mieli. Lotta Continua pubblicava un giornale, diretto fra gli altri da Giampiero Mughini, con le abitazioni, le fotografie, i percorsi di fascisti o presunti tali. Insomma una caccia all’uomo. Cinque, a mia memoria, sono rimasti in sedia a rotelle, uno è morto. Esemplare è la storia di Sergio Ramelli, uno studente universitario di diciotto anni picchiato a sangue da elementi di Avanguardia Operaia, morì dopo un’atroce agonia durata settanta giorni, ma nessun giornale borghese si degnò di dare questa notizia. Pareva normale, allora, che questi fanatici girassero per le strade al grido di “uccidere un fascista non è reato” o “basco nero il tuo posto è al cimitero”.

Nel dopoguerra, quando si conosceva il valore della libertà perché uscivamo da un periodo in cui c’era stata sottratta, poté costituirsi la MSI, il Movimento sociale italiano, che entrò in Parlamento sotto la guida di Giorgio Almirante che, venendo da una famiglia di teatranti, era un formidabile oratore, altro che Giorgia Meloni. Oggi ci governa una destra che è difficile definir destra, senza offendere la Destra.

La libertà di espressione è indivisibile, può essere conculcata soltanto in momenti eccezionali, come la guerra. Nelle norme “transitorie finali” della Costituzione c’è scritto che “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Ma, se la lingua italiana ha ancora un senso, ciò che è “transitorio” non può durare in eterno. Per questo fu possibile la costituzione o la ricostituzione dell’Msi.

Nel Codice penale di Alfredo Rocco, grande giurista benché fascista, c’erano molti reati liberticidi, sarebbe bastato eliminarli. Noi invece ne abbiamo aggiunti altri. La Legge Mancino del 1993 punisce, fra le altre cose, “l’odio razziale”. L’odio, come la gelosia, come altre componenti dell’animo umano è un sentimento, come tale non può essere conculcato, io ho diritto di odiare chi mi pare, il discrimine assoluto è che l’odio non può tramutarsi in violenza.

 Questa attitudine censoria è entrata anche nel mondo dello sport, in particolare del calcio. E’ stata creata la “discriminazione territoriale”, cioè io dagli spalti, se sono un tifoso del Verona, non posso gridare “Forza Vesuvio!” e i napoletani rispondermi con un “Giulietta era una troia”. Alle volte un po’ di ironia ci farebbe bene.

Tutti le norme “liberticide” sono organicamente fasciste, così come tutti i comportamenti che tendono a limitare la libertà altrui, in particolare quella d’espressione. Quindi Liberilibri ha contraddetto il suo nome. In perfetto stile fascista.