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Cosa aspettiamo?

di Guido Dalla Casa - 21/05/2023

Cosa aspettiamo?

Fonte: Guido Dalla Casa

  I cambiamenti climatici si fanno sempre più evidenti e più veloci, con effetti poco piacevoli per tutti gli esseri senzienti. Sono ormai pochi quelli che cercano di minimizzare tutto dicendo che “ci sono sempre stati” oppure “ci adatteremo” e simili amenità.

Nel grafico l’andamento delle percentuali di CO2 in atmosfera a partire dall’anno zero.

   Possiamo anche estrapolare il grafico all’indietro per un milione di anni, sempre con un andamento quasi-costante, dato che disponiamo dei dati ricavati dalle bolle di atmosfera antica intrappolate sotto i ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia da tempi lunghissimi.

  Qualcuno vorrebbe farci credere che una variazione simile nella concentrazione di un gas-serra così importante non ha alcuna influenza sulla circolazione dell’aria, sull’andamento dei venti, sugli scambi interni dell’Ecosfera, sulla temperatura, sulle precipitazioni, e così via: in definitiva, sul clima di tutte le aree della Terra.

  Procuriamoci ancora alcuni grafici. L’asse orizzontale di ognuno di essi rappresenta il tempo. Per l’asse verticale: la popolazione mondiale, lo sfruttamento degli Oceani,  la distruzione delle foreste, lo sbiancamento delle barriere coralline, il numero di autoveicoli, l’utilizzo dell’acqua dolce, il tasso di estinzione di specie, il consumo di territorio, i rifiuti in circolazione, il prodotto interno lordo dell’intera economia umana, le depressioni e le malattie psichiche, e qualunque altro grafico rappresenti qualche processo proprio della nostra civiltà attuale.
  Sebbene tutti illustrino grandezze molto diverse, hanno una forma praticamente uguale. Una linea inizia sulla sinistra della pagina, salendo lentamente man mano che si sposta verso destra, oppure restando quasi-costante, con piccole oscillazioni. Poi, circa all’inizio dell’Ottocento, balza bruscamente verso l'alto, come il pilota di un aereo che vede improvvisamente una montagna spuntare davanti a sé.
   La causa principale della grande somiglianza tra questi grafici è la stessa per tutti: il sorgere della civiltà industriale, il modello culturale che ora sta invadendo tutto il mondo. Queste tendenze continuano rapidamente a peggiorare, senza che qualcosa segnali un prossimo cambiamento.

   Tuttavia pochi di noi sono disposti a considerare davvero cosa ci stanno dicendo questi dati: la nostra civiltà attuale sta correndo verso la sua fine, ed è troppo tardi per fermarla completamente. Forse, se cambiamo qualcosa drasticamente e subito, si potranno attenuare gli effetti più traumatici. Moltissimi umani, fra cui anche quelli dei movimenti ambientalisti “di superficie”, sono ancora legati a una visione del futuro ottenuta estrapolando il presente: credono ancora nel "progresso", come viene oggi definito in Occidente. Pensano che riusciremo ad andare avanti con uno "sviluppo sostenibile”; non solo, ma anche ad estenderlo agli altri 4-5 miliardi di esseri umani che sono lì ad aspettare. Sembra proprio che ogni modello culturale umano sia incapace di concepire la propria fine.

  Come intermezzo episodico:

Nel 1965, Frank Ikard, presidente dell’American Petroleum Institute, aveva spiegato in un documento ufficiale che l’anidride carbonica, “aggiunta all’atmosfera terrestre in seguito alla combustione di carbone, petrolio e gas naturale”, avrebbe finito col causare, a cavallo fra il 20° e il 21° secolo, “marcati mutamenti climatici, la risoluzione dei quali sarebbe stata nettamente al di là di ogni possibilità di controllo.”  (affermazioni di un petroliere 58 anni fa!!)

  Ma anche chi pensa che sia possibile alimentare con energia elettrica il miliardo di auto attualmente circolanti nel mondo o riuscire a trasportare verso i luoghi di consumo quantità di energia allucinanti prodotte nel Sahara (o in qualunque altro posto) con pannelli fotovoltaici o simili sarebbe da presentare come comico in qualche spettacolo. I danni agli ecosistemi, e quindi alla Vita, sarebbero spaventosi e ingestibili. Comunque è impossibile.

  La conclusione mi sembra più che evidente: La civiltà industriale-tecnologica, nata due secoli fa nel modello culturale occidentale, è fallita perché è incompatibile con il funzionamento (o la Vita) dell’Ecosfera, o, se preferite, della Terra.

  Cosa aspettiamo a dichiararlo pubblicamente?